martedì 6 marzo 2012

Lettera a Lino Patruno di B. Pappalardo


LETTERA  A LINO PATRUNO

Caro Lino.
Ricordo ancora una delle ultime volte che ti ho incontrato. Circostanza direi anche piacevole. Certo non la ricorderai per il lungo lasso. Tuttavia provo a ricostruirla. Si era al teatro Sannazzaro per la rappresentazioni di “Terroni” e sedevi proprio in prima fila accanto a Pino. Io ero nella seconda e proprio allineato alla tua testa. Devo riconoscerti una capacità statolitica ( non credo esista il termine) fermo come un masso, contrariamente a pino che invece seguiva l’irrompente ritmato di Mimmo Cavallo proprio con l’epistrofeo.
Lino Patruno.jpgDopo il primo tempo, quando i fari food, smisero di illuminare, a piombo, la montagna nera come un Vesuvio di Roberto D’Alessandro che aveva appena eruttato, urlando, tutti i nomi dei paesi massacrati dai piemontesi… Pontelndolfo, Montefalcione, Scurcola, Pietralcina…,ebbene si accesero le luci in sala e tu,  girandoti mi chiedesti: “ ma come è possibile che la gente, il sud non reagisce?”     
Ecco, il tuo articolo del 2 marzo scorso “Caro Sud me ne vado per farti pentire”.
Era uno scritto annunciato. Sentivo che sarebbe giunto qualcosa di simile!
L’articolo, credo sia stura di un sentimento che spesso si ripresenta; quello snervamento, sfinimento verso le infinità di chiacchiere sulle risorse del meridione e su programmi che vengono propalati da tutti all’opportunità ma anche di un certo dire e fare,  sia del governo/i  che di partiti e movimenti meridionalisti. Spesso in disaccordo, quest’ultimi, invero, par siano propriamente ingessati.
Dunque, il monito“ragazzi andate via, lasciamo insieme queste terre …se vogliamo salvare il Sud possiamo farlo dall’Olanda come da Pordenone
Citi un libro, che non ho letto, di Piercamillo Falasca di Rubbettino editore che induce a riflettere sull’  assioma e domanda “come cambiare il Sud vivendo altrove?”. L’ipotesi prevalente è quella, ad esempio, attraverso nuovi mezzi tecnologici  (la rete, internet) per una nuova generazione definibile come , ossia terroni anche loro tecnologici, che potrebbero cambiare il proprio paese d’origine e la sua cultura. L’esempio che un eccellente medico lasciando il Sud, potrà a Milano o a Londra salvare un uomo o donna del Sud, beh, per la verità  è un po forzata.
Indicare un libro che va sostenendo una tesi è come chiedere a qualcun altro  che ne opponga un’altro di tesi contraria, quindi poco utile.
Basterebbe dire della Canzone Napoletana tanto apprezzata in tutto il mondo ma che ha fatto di noi; “quelli che cantano solo e non lavorano”
So bene che l’argomento è messo sul tavolo intorno al quale, si spera, si possa discutere, pungolare tutti a ragionare sulla problematica del mondo del lavoro perché è tutto vero ciò che sostieni, soprattutto al sud, la terra dei compromessi e  del voto per il posto.
Nei “nipotini di Lombroso”, l’autore Giovanni Russo, libro di qualche anno fa inascoltato e poco letto (sono caduto anch’io nella trappola della citazione) che, al di là dei riferimenti dei grandi meridionalisti del passato Fortunato, Dorso, Salvemini,…”critici inflessibili della borghesia del ceto politico meridionali” chiede di lottare per la Restanza, ma come? Collegandosi a tutti quelli che anche al Nord, affrancati dalle fiammate razziste, chiedono e vogliono battersi per un rinnovamento della politica.
Ecco ciò può avvenire anche attraverso la rete internet, come dici ma con la piccola differenza che la vera rete sarà fatta da uomini, da giovani e neppure necessariamente del Sud.
No! Non voglio risentirlo più quel “Fujtevenne ‘a Napule “ di Eduardo De Filippo quando, vent’anni fa, quella sera, dalle tavole del San Ferdinando lanciò il grido-disperazione non certo di speranza ma di rassegnazione e dolore, che mi lasciò pietrificato. Certo era lo stesso dolore della Ortese e di tanti altri, che pur  abbandonò ma nulla riuscirono a fare da lontano, pur accreditandosi premi ed elogi per l’alta letteratura. Non metto numeri di statistiche per avvalorare quanto siano necessari e vitale i nostri giovani.
Ci occorrono!. Sono la nostra ricchezza, stanno riempiendo le sezioni delle associazioni e movimenti meridionaliste, hanno idee nuove, sono preparati e sono un’irrinunciabile linfa produttiva per questa terra “paradiso abitato da diavoli” più delle semine di pomodori e d’olivi obliqui ed eterni.
Non lasciamo tutto nelle mani di disinvolta scaltrezza di  vecchi Gava e Bassolino, emblema di un destino ineluttabilmente consegnato alla deriva morale. Potremmo, senza di loro, ritrovarci tutti coinvolti  in un appalto dell’Impregilo.
Pino Aprile ci racconta di una Calabria di giovani che restano giovani. La Sicilia scoppia della loro rabbia.  
No! Supplico che non passi questo messaggio! Non lasciate il Sud all’arcaismo di vecchi scafati della politica nelle  migliaia di periferie ostaggi della corruzione, alla mistificazione di opere benefiche che mascherano opportunistiche alleanze in una gestione di meridionalismo parassitario
Chi potrà insegnare  loro la nostra vera storia.? Andranno via senza la loro vera ombra. Lasciamo, invece, proprio ai giovani la responsabilità della “rinascita e del riscatto” che già dichiarano di voler collocare al primo posto il primato della nostra cultura e della ricerca per nuove conoscenze, elaborazioni etiche di una nuova visione del lavoro e della vivenza.
Tuo Bruno Pappalardo

Partito del Sud - sez. "Guido Dorso" Napoli              

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