mercoledì 31 marzo 2010

Risposta di Antonio Ciano sul blog di Gianfranco Miccichè



Il partito del Sud c'è e non sarà mai asservito agli interessi di Berlusconi, massone e piduista, come massone era Garibaldi che ha massacrato la Sicilia. Miccichè non ha capito che il Partito del Sud sarà mortale per il partito liberale di Berlusconi. Berlusconi e la Lega difendono gli interessi padani e grazie a personaggi come Miccichè riesce a prendere voti nel Sud affamato da 150 anni di colonizzazione. Caro Miccichè, quella che chiamano economia italiana è solo tosco padana, al sud non sono rimasti nemmeno gli occhi per piangere. Destra e sinistra, con le dovute responsabilità, ci hanno massacrato l'economia. Come partito del Sud stiamo cominciando a ricostruirla. Nel sud vi sono 18.900 supermercati del Nord, a Catania abbiamo inaugurato, giorno 25, il secondo supermercato "COMPRASUD" d'Italia.Il prossimo,lo inaugureremo a Udine, e poi a Milano, e poi a Roma, fino a pareggiare quelli del Nord. Questo significa operare per il nostro territorio. Stiamo per associare coltivatori siciliani, meridionali, perchè quegli operatori sono stanchi di svendere i loro prodotti, e assoceremo anche cerealicoli, allevatori, per dare loro dignità e lavoro ai nostri giovani. Stiamo crescendo sul territorio. Già hanno aderito al nostro progetto 400 operatori meridionali, e diventeranno 4000 e poi 40.000 nel giro di pochi anni. Poi ci presenteremo alle elezioni, non è ancora maturo il tempo. Caro Miccichè, continua ad andare con i potenti del Nord, di strada te ne rimane ancora poca da fare, il Partito del Sud ti travolgerà come uno tsunami, proprio come la lega sta travolgendo il tuo Berlusconi. E' scritto dalla storia. Fra qualche anno, in Italia vi saranno due partiti, territoriali, uno del Nord ( La Lega Nord) ed il partito del Sud. Noi vinceremo le elezioni finali perchè al Nord vi sono 12 milioni di meridionali che prenderanno coscienza del male ricevuto in questi 150 anni di dominio padano sulle nostre coscienze e sulla nostra economia azzerata dai potentati economici nordisti.

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Post originale di Miccichè:


30/03/2010 - "Ha vinto Silvio Berlusconi, anche (occorre dirlo) contro l’incapacità cronica di alcuni dirigenti pidiellini, responsabili, al di là delle improvvide decisioni degli organi giudiziari preposti, della mancata presentazione delle liste nel Lazio. E il risultato in quella regione è per ciò stesso semplicemente straordinario!
Ha vinto la linea politica di Berlusconi, premiata al Nord in questa salda alleanza con la Lega di Umberto Bossi.

Ha vinto Berlusconi e ha vinto la Lega Nord, straripante di consensi, a tal punto da determinare l’affermazione, alla vigilia difficile da pronosticare, nel Piemonte. Quest’ultimo dato credo debba far riflettere molto, soprattutto per il messaggio politico che esso indirettamente lancia. L’affermazione della Lega dimostra come la gente abbia sempre più voglia, senta sempre di più il bisogno di una maggiore rappresentanza territoriale, di una politica che nasca dal territorio e sia per il territorio, più di quanto non riescano a fare i partiti a tradizionale struttura romanocentrica. E ciò rafforza in me la convinzione della necessità che anche il Sud si doti finalmente di un partito che, come la Lega per il Settentrione, sappia raccogliere le istanze della propria gente e se ne faccia portatore; un Partito del Sud che sia un grande alleato di Silvio Berlusconi e, quel che più conta, una grande risorsa per il Meridione".

E' quanto scrive l'on. Gianfranco Miccichè sul suo blog, dove si legge pure in merito alla vicenda che vede il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, indagato per mafia:

"Certo, la notizia che il Governatore della Sicilia sia indagato per concorso esterno in associazione mafiosa lascia tutti abbastanza scossi; ed è ovvio, fisiologico che essa venga poi ”cavalvcata”, sull’onda del sensazionalismo, da tutta l’informazione, nazionale e locale. Ma è prorpio questo che mi lascia perplesso, che mi scuote, mi fa rabbrividire: non tanto il fatto di apprendere che Raffaele Lombardo sia indagato, quanto il fatto che ciò si apprenda attraverso le pagine di un quotidiano nemico giurato, qual’è Repubblica, alle cui fandonie, menzogne e maneggiamenti siamo ormai abituati (io ne so qualcosa).

Raffaele Lombardo, da Governatore della Sicilia, per il momento ha solo il dovere di spiegare ed aiutare gli inquirenti a fare chiarezza, prendendo le debite distanze da chi in questa vicenda abbia eventualmente assunto condotte illecite: a quanto vedo e leggo, lo sta già facendo"!

martedì 30 marzo 2010

Italiani...poveri imbecilli....

Dopo tutte le vicissitudini di questa campagna elettorale per le Regionali, ieri e' arrivato il verdetto.
Due sono le cose da evidenziare: una crescita sensibile dell'astensionismo e una vittoria della PdL e soprattutto della Lega, il centro destra passa a governare, sulle 13 regioni interessate, da 2 a 6 regioni.
Puo' essere questa una notizia positiva per il Sud vista l'esperienza da noi fatta di 15 anni di berlusconismo con qualche intervallo prodiano?
Ovviamente no...ma di certo questa e' anche una sonora sconfitta per il centrosinistra che non puo' costituire una valida alternativa al degrado morale, culturale, ambientale ed economico che vive il nostro paese ed in particolare il nostro Sud.
Non mi accalcherò certo tra i "soloni" del meridionalismo che applaudono alla crescita dell'astensionismo, e' un segnale ovviamente interessante e da approfondire ma non significa nessun crollo imminente del sistema o della casta che se ne infischiano anche se l'astensione dovesse arrivare al 50% su base nazionale. E nessuno puo' pretendere la paternità su quel 35%, un italiano su 3, che non e' andato a votare...c'e' di tutto, dal disgusto per la politica tradizionale e va bene ma si arriva poi al solito italico qualunquismo.
Piuttosto che cavalcare in maniera sciocca la solita litania sterile dell'astensionismo, preferisco costruire qualcosa di nuovo e di propositivo per il meridionalismo in genere e per il Partito del Sud, in modo che quelle persone che oggi non vanno a votare , saranno portati a votare noi e non a rimanere a casa che non serve assolutamente a niente per modificare le cose.
Per quanto riguarda il Lazio in particolare, con la nostra sezione del Partito del Sud abbiamo fatto una bellissima esperienza nella Rete dei Cittadini, non ci nascondiamo di sicuro e diciamo che ci aspettavamo di piu' dello 0.6% e dei piu' di 14.000 voti presi (che comunque sono molti di piu' su base %, presi ad una competizione regionale, e come numero di tutti i movimenti meridionalisti alle Provinciali del 2009, sia a Napoli che noi stessi a Latina)...per me l'aggregazione con o in liste civiche alternative a destra e sinistra, specie al centro e al nord, e' sicuramente una cosa interessante e da rivedere.
Uno dei pochi segnali positivi di questi verdetti elettorali per me, oltre alla fine del "vicereame" bassoliniano che era ampiamente scontato, è il 7% preso dal Movimento 5 Stelle in Emilia. Con tutte le perplessità sul fenomeno e sul personaggio "Grillo" , questo e' uno dei pochi segnali concreti di attacco alla casta di destra e sinistra che ha uomini, mezzi e un potere mediatico enorme che, come purtroppo abbiamo verificato sul campo, e' capace di oscurare tutto e tutti, con mezzi legali e non legali (vedi la pagliacciata della "par condicio" e la sua reale applicazione sui giornali, affissioni, TV etc etc...).
Dalle esperienze si impara sempre qualcosa e di sicuro da questa fatta nel Lazio sono sicuro che ci potremo organizzare e preparare meglio per le prossime sfide senza rinnegare niente delle nostre scelte coerenti di linea politica.
Lascio ad altri la polemica sterile ed il rinchiudersi in soli convegni e sparate su Internet, quelle sulla pochezza dei nostri risultati finora (in genere chi la fa non e' capace nemmeno di presentare una lista...) e continuo il mio lavoro con umiltà e dedizione per la mia terra e la sua voglia di novità e riscatto.

Manifesto a Napoli del Partito del Sud

mercoledì 24 marzo 2010

Appello ai meridionali nel Lazio per il voto alla Rete dei Cittadini



Cari amici e amiche meridionali residenti nel Lazio,
il Partito del Sud partecipa alle prossime Elezioni Regionali nel Lazio con la lista civica Rete dei Cittadini che esprime un candidato per la Presidenza alla Regione alternativo a centrodestra (Polverini) e centrosinistra (Bonino). Noi abbiamo scelto democraticamente, insieme agli altri gruppi e persone della Rete, come candidato Presidente Marzia Marzoli.
I motivi di questa nostra scelta di partecipare alla Rete dei Cittadini sono principalmente di ordine etico e politico, etico perchè è l'unica lista che aggrega persone, movimenti e associazioni che hanno una passione autentica non per la "poltrona" ma per la Politica vera, nel senso originale del termine "politica" che significa occuparsi delle nostre "polis" (1)...proprio noi figli ed eredi della cultura della Magna Grecia dovremmo recuperarne e capirne a pieno il significato originale.
Il significato politico per noi inoltre e' quello di rompere coi soliti schema di sudditanza a destra e sinistra, schieramenti che massacrano l'Italia intera ed in particolare il nostro Sud da ca. 150 anni, purtroppo alleanze o "infiltrazioni" coi e nei partiti tradizionali sono ancora considerati come ancora di salvezza o "scorciatoia" da altri movimenti meridionalisti.
Secondo noi invece bisogna esprimere un'alternativa alla casta partitocratica di destra e di sinistra e la Rete dei Cittadini lo fa in modo propositivo, non solo con un programma in campo economico, sociale ed ambientale che e' anni luce distante da quello degli "altri" , ma soprattutto con l'adozione di modelli e metodi di democrazia diretta e partecipata che significa che chi dovesse venire eletto non farà parte di una casta autoreferenziata legata a direttive di segreterie e giochetti di potere, ma si impegna a seguire le indicazioni delle assemblee della Rete dei Cittadini.
Prendendo a prestito una dichiarazione di uno dei nostri candidati:
"...secondo noi questa classe politica non e' in grado di esprimere un progetto sano e credibile per il nostro paese.
Questa politica e' alla fine di un ciclo, e quello che la Rete dei Cittadini propone, non e' (SOLO) l'adozione delle rinnovabili, ma e' un nuovo modo di fare politica, che riporti al centro gli interessi dei cittadini in modo da ripensare il territorio ed il suo sfruttamento in un rapporto di equilibrio che deve alzare per forza il nostro livello di coscienza e cultura sulle questioni energetiche...Questo per sottrarre a questa regione e a questa politica l'idea che i cancro.mostri risolvano i problemi e per restituire la vocazione Turistica ed Agricola al Lazio."

Non vi pare che potremmo utilizzare pari pari questa dichiarazione, sostituendo al Lazio la Campania o la Calabria o la Sicilia?

Speriamo di espandere e diffondere l'esperienza fatta nel Lazio anche in altre regioni ed ovviamente nelle regioni del nostro amato Sud, ben sapendo che solo da una politica intesa in senso etico, insieme con il riappropriarsi della nostra vera storia e della nostra identità cancellata da quasi 150 anni di colonizzazione, può nascere un riscatto del Sud, una liberazione dal connubio mafie-lobbies economiche e finanziarie-politica.

Per questi motivi per una regione politicamente ed eticamente migliore, vi invitiamo a votare alle prossime elezioni di domenica 28 e lunedì 29:

Candidato Presidente: Marzia Marzoli - Rete dei Cittadini

Preferenze per le liste provinciali (1 sola preferenza, scrivendo il nome del Candidato Consigliere scelto affianco al simbolo della Lista Rete dei Cittadini):

Provincia di Roma: Viciconte
Provincia di Viterbo: Iammella
Provincia di Latina: Viciconte








PARTITO DEL SUD

http://partitodelsud.blogspot.com

(1) da Wikipedia:
"La prima definizione di "politica" (dal greco πολιτικος, politikós) risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis", che in greco significa la città, la comunità dei cittadini; politica, secondo il filosofo ateniese, significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano."

martedì 23 marzo 2010

Convegno a Napoli organizzato da IPR per incontrare Roberto Fico insieme ai movimenti meridionalisti





Il Movimento "Insieme Per la Rinasciata" è lieta di invitarvi ad un incontro con il candidato Presidente alla Regione Campania Roberto Fico per il MOVIMENTO 5 STELLE, martedì 23 marzo alle ore 16.00 in sede IPR Parco S. Paolo - isol. 16 - Napoli.

Si parlerà di SUD e di LOTTA ALLE MAFIE insieme ad altri movimenti meridionalisti tra cui il Partito del Sud.


CONDUCE: Alberto Romano

Interverranno:

- Federico De Dea,Germana De Angelis,Leandra Noviello (Insieme Per la Rinascita)

- Andrea Balia (Partito del Sud)

- Gianluca Bozzelli(Insorgenza Civile)

E' prevista la partecipazione anche degli amici di "Cambiamo Napoli" e del movimento "L'Altro Sud".

venerdì 19 marzo 2010

Tesseramento 2010 Partito del Sud: aiutaci a crescere!




Cari amici e amiche,
è iniziata la campagna tesseramento 2010 del Partito del Sud, movimento a livello nazionale nato nel 2007 a Gaeta dopo precedenti esperienze locali. Il Partito del Sud con Presidente Nazionale e Segretario Politico Antonio Ciano, Assessore al Demanio del Comune di Gaeta, ha già aperto numerose sezioni oltre che a Gaeta, a Napoli, a Caserta, a Roma, in Sicilia, in Calabria anche al Nord in Emilia, Lombardia, Piemonte e Veneto....ed altri meridionali entusiasti stanno aprendo altre nuove sezioni ovunque in Italia e perfino all'estero.
Abbiamo un nuovo statuto che esprime negli scopi del movimento la nostra linea politica, alternativa a destra e sinistra, e i nostri obiettivi per il riscatto del Sud in campo ambientale, sociale, culturale ed economico, nuovo statuto consultabile sul nostro blog nazionale:
http://partitodelsud.blogspot.com

Abbiamo una rete di siti e blog delle varie sezioni locali, ci stiamo dotando di una nuova organizzazione sempre più capillare ed efficace e stiamo riorganizzando il nostro sito nazionale: www.partitodelsud.it che attualmente e' quindi in manutenzione.

Per crescere ulteriormente abbiamo bisogno di altri uomini e donne e di mezzi economici, per questo ti invitiamo ad aderire al Partito del Sud come socio ordinario (20 Euro) o socio sostenitore (50 Euro), per partecipare al nostro movimento e contribuire a quella che Guido Dorso definiva "la Rivoluzione Meridionale": una rivoluzione pacifica, democratica e nell'ambito delle leggi e delle regole democratiche stabilite dalla Repubblica Italiana, di cui siamo stanchi di essere considerati "cittadini di serie B". Siamo stufi dei soliti teatrini della politica italiana, consapevoli che se non ci difendiamo da soli non ci sarà nessun partito tradizionale italiano che lo farà, come non lo fanno da quasi 150 anni.
Vogliamo far conoscere a tutti la nostra vera storia ed i motivi della nascita della "questione meridionale" , per noi questa ha avuto origine nel 1861, con quella che definiamo la "malaunità" d'Italia ai danni del Sud, ecco perchè ci definiamo "meridionalisti identitari", consapevoli della nostra vera storia ma lontani da nostalgie monarchiche o "tradizionaliste".

Per le adesioni, ed anche per diventare referenti del Partito del Sud, nei territori attualmente non ancora coperti da un nostro coordinatore Regionale o Provinciale, basta compilare il modulo di adesione (da richiedere al coordinatore di riferimento) e pagare la quota sociale stabilita per il 2010, rivolgendosi ai nostri presidi sul territorio:

- per il Nord (Piemonte, VA, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, TrentinoAA, Emilia R.): partitodelsud.emiliaromagna@yahoo.it

- per il Centro (Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Lazio, Sardegna): partitodelsud.roma@gmail.com

- per la Campania e Puglia: partitodelsud.campania@gmail.com

- per la Calabria: partitodelsud@live.it

- per la Basilicata: carmine@duesicilie.org

- per la Sicilia: partitodspalermo@libero.it


Le vostre richieste, insieme a tutte le possibili richieste di chiarimenti, saranno gestite direttamente o smistate al coordinatore provinciale di riferimento se presente.
A breve, con l'apertura di un conto corrente dedicato nazionale, gestiremo anche le adesioni on line.

Aiutaci a crescere...aiuta il VERO PARTITO DEL SUD, l''unico movimento che vuole difendere gli interessi del popolo meridionale ed e' autonomo dai soliti giochi della politica italian-risorgimentale di destra, centro e sinistra.
Aiuta il SUD! Crediamo tutti insieme nella nostra riscossa!

Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
PARTITO DEL SUD

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martedì 16 marzo 2010

Sito Nazionale del Partito del Sud in manutenzione



Il sito nazionale del Partito del Sud:
http://www.partitodelsud.it/
e' attualmente in manutenzione, ci stiamo lavorando per averlo nuovo tra un mese circa, aggiornato e aggiornabile.

Nel frattempo facciamo riferimento al blog nazionale, che in due anni e' diventato di gran lunga il sito piu' visitato tra tutti quelli meridionalisti con ca. 400-500 visitatori unici al giorno e ca. 200.000 visite in soli 2 anni e sul quale è già on line il nuovo statuto, vi ricordo l'indirizzo del Blog Nazionale che è:
http://partitodelsud.blogspot.com
Sul nostro blog nazionale potrete trovare giornalmente ogni notizia che ci riguarda e tutto quello che riteniamo possa essere di interesse per il nostro movimento.

Comunicato Partito del Sud e diffida a MPA e Noi Sud sull'utilizzo nome "Partito del Sud"


Comunicato ufficiale del Partito del Sud sulle recenti notizie apparse su "La Repubblica" e su chi in rete, sia su Facebook sia su altri siti, si appropria illecitamente del nostro nome di "Partito del Sud", non appartenendo al nostro movimento nato a Gaeta nel 2007 con Antonio Ciano.

Questo nome NON può essere utilizzato ne' da MPA ne' da Noi Sud ne' da altri, e chi continuerà a farlo rischia di beccarsi una bella querela...

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A proposito delle recenti dichiarazioni di Miccichè apparse su "La Repubblica", il vero e unico Partito del Sud, nato a Gaeta nel 2007 su iniziativa del suo leader Antonio Ciano, intende ribadire la sua estranietà a tali tentativi ed il divieto di utilizzare il nome "Partito del Sud". Questo nome appartiene a noi che l'abbiamo regolarmente registrato ed abbiamo partecipato alle Elezioni Politiche del 2008 e alle Elezioni Amministative del 2009 da soli ed autonomi dai partiti tradizionali di destra, sinistra e centro.

Noi vogliamo far crescere un movimento meridionalista dal basso, partendo da quella che per noi è l'origine della "questione meridionale", nata nel 1861 con gli errori e gli orrori del cosiddetto "Risorgimento", e proporre progetti nuovi di riscatto del Sud in campo culturale, economico ed ambientale, per essere la vera alternativa e l'unica novità del desolante panorama politico di destra e sinistra, per noi entrambe sono state nemiche del Sud e solo al servizio degli interessi economici padani.

Stiamo valutando di intraprendere azioni legali per la tutela del nostro nome e diffidiamo chiunque a destra o a sinistra ad utilizzare il nome "Partito del Sud", tale nome appartiene a noi ed al popolo meridionale e quindi non può essere utilizzato per gli interessi di bottega del politico di turno, specialmente da quelli che sono stati artefici o complici del disastro dell'economia e della politica meridionale.

PARTITO DEL SUD
http://partitodelsud.blogspot.com
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lunedì 15 marzo 2010

L'Ing. Schiavone del Partito del Sud invita a passare al fotovoltaico...




Ricevo e posto con condivisione quest'appello dell'Ing. Vincenzo Schiavone, della sezione casertana del Partito del Sud e segr. comunale del nostro movimento a Casal di Principe (CE). Non sappiamo ancora quando ci saranno le elezioni comunali a Casal di Principe, ma queste dichiarazioni evidenziamo la volontà dei nostri amici del Partito del Sud di presentarsi come unica vera novità delle prossime elezioni.
In una terra, purtroppo diventata suo malgrado simbolo del degrado meridionale e della supremazia assoluta della criminalità organizzata con le solite connivenze politiche, ci sono cittadini onesti che cercano di dare un'immagine nuova, dei progetti moderni di sviluppo economico e quindi intraprendere finalmente una via di riscatto...e noi ovviamente non possiamo che essere al loro fianco!

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Schiavone ai cittadini: "Passate al fotovoltaico"

CASAL DI PRINCIPE. L’ing. Vincenzo Schiavone, segretario politico comunale del Partito del Sud e candidato alla carica di sindaco, espone ai cittadini un altro punto programmatico che ritiene fondamentale per l’effettiva ripresa di Casal di Principe.

“Voglio ancora una volta precisare che l’impegno di tutte quelle persone che hanno aderito a questo progetto politico è stato di stilare un programma amministrativo che sia confacente alle oggettive esigenze e ai bisogni di tutti i casalesi, partendo dall’analisi dettagliata di problematiche molto gravi, con cui ci ritroviamo a fare i conti nella quotidianità”.

“Tutto il gruppo dei candidati è stato unanimemente d’accordo, quando si è discusso di Ambiente, infatti si intende perseguire una politica di difesa ambientale dando luogo a delle attività di monitoraggio ambientale finalizzate alle rilevazione degli agenti inquinanti presenti, per poter individuare le azioni di risanamento ambientale e di difesa della salute dei cittadini”.


“Nell’ambito di questo discorso si vuole ribadire la totale contrarietà del Partito del Sud all’apertura ed all’ampliamento di nuove discariche sia sul territorio comunale che sul territorio dei Comuni confinanti. In questa ottica di tutela del nostro ambiente abbiamo deciso di puntare anche su di una direttiva politica, che punti all’uso, su larga scala, delle nuove tecnologie per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili e nella fattispecie l’Energia Solare. Innanzitutto si vuole incentivare qualsiasi cittadino casalese voglio passare ai pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e per la produzione di energia termica, con dei finanziamenti comunali o anche con degli sgravi fiscali”.

“Si è scelto l’Energia Solare, non a caso, ma perché ci permette di avere più benefici; innanzitutto è un tipo di energia rinnovabile e pertanto non è affatto esauribile, poi è una forma di energia pulita, non inquinante, che sicuramente ridurrà di molto anche l’inquinamento elettromagnetico dovuto all’attraversamento dei cavi di corrente ad alta tensione e ancora porta un grande vantaggio diretto a tutti i cittadini e cioè quello di non pagare più alcuna bolletta per il consumo di energia elettrica e quindi ci permetterà di essere completamento autonomi e liberi dall’Enel. Il Partito del Sud si propone tra i suoi obiettivi quelli di valorizzazione e tutela del territorio, ma anche quello di far rinascere l’Economia del Sud e quindi l’economia di Casal di Principe”.

“Allora, cari cittadini, scegliete di passare al fotovoltaico per abbandonare definitivamente l’Enel, società che negli ultimi tempi ci sta tartassando con aumenti continui e che soprattutto ha la sede sociale al Nord e pertanto non può garantire a noi cittadini del Sud un equo trattamento”.

Fonte: Pupiatv del 12/03/2010

venerdì 12 marzo 2010

Articolo sul Partito del Sud su settimanale "il Punto"





Appena uscito ed acquistata una copia in edicola qui a Roma, ho scannerizzato l'articolo sul settimanale "il Punto" che parla di noi del Partito del Sud e degli amici del movimento Insorgenza Civile...la rivoluzione meridionale che avanza! Troverete il settimanale in edicola da oggi in tutt'Italia...
Buona lettura!

mercoledì 10 marzo 2010

TERRONI...tutto quello che e' stato fatto perchè gli italiani del Sud diventassero "meridionali"...di Pino Aprile



Ricevo e posto le prime righe di un libro appena uscito nelle librerie e che sicuramente, già dalle prime righe, non tarderà ad emozionare ed accendere ancor di più i meridionalisti sinceri come noi del Partito del Sud...siamo convinti che anche questo libro, che speriamo di presentare presto a Roma, continuerà ad alimentare quello che noi sarà inevitabile...la Rivoluzione Meridionale!

Ecco un breve profilo dell'autore Pino Aprile e una presentazione del libro:

Giornalista e scrittore, pugliese, residente ai Castelli Romani, anni di lavoro a Milano. È stato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente; per la Tv ha lavorato con Sergio Zavoli all’inchiesta a puntate “Viaggio nel Sud” e al settimanale di approfondimento del Tg1, Tv7. Ha scritto Il trionfo dell’Apparenza, sul deludente esordio del terzo millennio, Elogio dell’imbecille,Dopo le dimissioni da Gente,(ritenuto " Farabutto" dal regime, perciò costretto a dimettersi dal settimanale "Gente"). si è dedicato alla sua “malattia”, la vela (ha anche diretto il mensile Fare Vela e scritto libri di mare e vela per Magenes, Il mare minore, A mari estremi, e per Electa-Mondadori, Mare, uomini, passioni). Fratelli d'Italia... ma sarà poi vero? Perché, nel momento in cui ci si prepara a festeggiare i centocinquant'anni dall'Unità d'Italia, il conflitto tra Nord e Sud, fomentato da forze politiche che lo utilizzano spesso come una leva per catturare voti, pare aver superato il livello di guardia. Pino Aprile, pugliese doc, interviene con grande verve polemica in un dibattito dai toni sempre più accesi, per fare il punto su una situazione che si trascina da anni, ma che di recente sembra essersi radicata in uno scontro di difficile composizione. Percorrendo la storia di quella che per alcuni è conquista, per altri liberazione, l'autore porta alla luce una serie di fatti che, nella retorica dell'unificazione, sono stati volutamente rimossi e che aprono una nuova, interessante, a volte sconvolgente finestra nella facciata del trionfalismo nazionalistico. Terroni è un libro sul Sud e per il Sud, la cui conclusione è che, se centocinquant'anni non sono stati sufficienti a risolvere il problema, vuol dire che non si è voluto risolverlo. Come dice l'autore, le due Germanie, pur divise da una diversa visione del futuro, dalla Guerra Fredda e da un muro, in vent'anni sono tornate una. Perché da noi non è successo?



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Diventare meridionali di Pino Aprile (prime righe...)

Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni “anti-terrorismo”, come i marines in Iraq.
Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico; o come i marocchini delle truppe francesi, in Ciociaria, nell’invasione, da Sud, per redimere
l’Italia dal fascismo (ogni volta che viene liberato, il Mezzogiorno
ci rimette qualcosa).
Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma.
E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile.
Non sapevo che in Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di «Tamerlano, Gengis Khan e Attila». Un altro preferì tacere «rivelazioni di cui l’Europa potrebbe inorridire». E Garibaldi parlò di «cose da cloaca».
Né che si incarcerarono i meridionali senza accusa, senza processo e senza condanna, come è accaduto con gl’islamici a Guantánamo. Lì qualche centinaio, terroristi per
definizione, perché musulmani; da noi centinaia di migliaia, briganti per definizione, perché meridionali. E, se bambini, briganti precoci; se donne, brigantesse o mogli, figlie, di briganti; o consanguinei di briganti (sino al terzo grado di parentela); o persino solo paesani o sospetti tali. Tutto a norma di legge, si capisce, come in Sudafrica, con l’apartheid.
Io credevo che i briganti fossero proprio briganti, non anche ex soldati borbonici e patrioti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso.
Non sapevo che il paesaggio del Sud divenne come quello del Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia.
Non volevo credere che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa, perché li squagliavano
nella calce), come nell’Unione Sovietica di Stalin.
Ignoravo che il ministero degli Esteri dell’Italia unita cercò per anni «una landa desolata», fra Patagonia, Borneo e altri sperduti lidi, per deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti.
Né sapevo che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati.
E mai avrei immaginato che i Mille fossero quasi tutti avanzi di galera.
Non sapevo che, a Italia così unificata, imposero una tassa aggiuntiva ai meridionali, per pagare le spese della guerra di conquista del Sud, fatta senza nemmeno dichiararla.
Ignoravo che l’occupazione del Regno delle Due Sicilie fosse stata decisa, progettata, protetta da Inghilterra e Francia, e parzialmente finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi, sino al gran maestro Armando Corona, nel
1988).
Né sapevo che il Regno delle Due Sicilie fosse, fino al momento dell’aggressione, uno dei paesi più industrializzati del mondo (terzo, dopo Inghilterra e Francia, prima di essere invaso).
E non c’era la “burocrazia borbonica”, intesa quale caotica e inefficiente: lo specialista inviato da Cavour nelle Due Sicilie, per rimettervi ordine, riferì di un «mirabile organismo finanziario» e propose di copiarla, in una relazione che
è «una lode sincera e continua». Mentre «il modello che presiede alla nostra amministrazione», dal 1861, «è quello franco-napoleonico, la cui versione sabauda è stata modulata dall’unità in avanti in adesione a una miriade di pressioni
localistiche e corporative» (Marco Meriggi, Breve storia dell’Italia settentrionale).
Ignoravo che lo stato unitario tassò ferocemente i milioni di disperati meridionali che emigravano in America, per assistere economicamente gli armatori delle navi che li trasportavano e i settentrionali che andavano a “far la stagione”, per qualche mese in Svizzera.
Non potevo immaginare che l’Italia unita facesse pagare più tasse a chi stentava e moriva di malaria nelle caverne dei Sassi di Matera, rispetto ai proprietari delle ville sul lago di Como.
Avevo già esperienza delle ferrovie peggiori al Sud che al Nord, ma non che, alle soglie del 2000, col resto d’Italia percorso da treni ad alta velocità, il Mezzogiorno avesse quasi mille chilometri di ferrovia in meno che prima della
Seconda guerra mondiale (7.958 contro 8.871), quasi sempre ancora a binario unico e con gran parte della rete non elettrificata.
Come potevo immaginare che stessimo così male, nell’inferno dei Borbone, che per obbligarci a entrare nel paradiso portatoci dai piemontesi ci vollero orribili rappresaglie, stragi, una dozzina di anni di combattimenti, leggi speciali, stati d’assedio, lager? E che, quando riuscirono a farci smettere di preferire la morte al loro paradiso, scegliemmo piuttosto di emigrare a milioni (e non era mai successo)?
Ignoravo che avrei dovuto studiare il francese, per apprendere di essere italiano: «Le Royaume d’Italie est aujourd’hui un fait» annunciò Cavour al Senato. «Le Roi notre auguste Souverain prend pour lui-même et pour ses successeurs le titre de Roi d’Italie.»
Credevo al Giosue Carducci delle Letture del Risorgimento italiano: «Né mai unità di nazione fu fatta per aspirazione di più grandi e pure intelligenze, né con sacrifici di più nobili e sante anime, né con maggior libero consentimento di tutte le parti sane del popolo». Affermazione riportata in apertura del libro (Il Risorgimento italiano) distribuito gratuitamente dai Centri di Lettura e Informazione a cura del
ministero della Pubblica Istruzione Direzione Generale per l’Educazione Popolare, dal 1964. Il curatore, Alberto M. Ghisalberti, avverte che, «a un secolo di distanza (...), la revisione critica operata dagli storici possa suggerire interpretazioni
diversamente meditate (...) della più complessa realtà del “libero consentimento” al quale si riferisce il poeta». Chi sa, capisce; chi non sa, continua a non capire.
Scoprirò poi che Carducci, privatamente, scriveva: «A Lei pare una bella cosa questa Italia?»; tanto che, per lui, evitare di parlarne «può anche essere opera di carità». (Storia d’Italia, Einaudi).
Io avevo sempre creduto ai libri di storia, alla leggenda di Garibaldi. Non sapevo nemmeno di essere meridionale, nel senso che non avevo mai attribuito alcun valore, positivo o negativo, al fatto di essere nato più a Sud o più a Nord di un altro.
Mi ritenevo solo fortunato a essere nato italiano. E fra gl’italiani più fortunati, perché vivevo sul mare. A mano a mano che scoprivo queste cose, ne parlavo. Io
stupito; gli ascoltatori increduli. Poi, io furioso; gli ascoltatori seccati: esagerazioni, invenzioni e, se vere, cose vecchie.
E mi accorsi che diventavo meridionale, perché, stupidamente, maturavo orgoglio per la geografia di cui, altrettanto stupidamente, Bossi e complici volevano che mi vergognassi.
Loro che usano “italiano” come un insulto e abitano la parte della penisola che fu denominata “Italia”, quando Roma riorganizzò l’impero (quella meridionale
venne chiamata “Apulia”, dal nome della mia regione. Ma la prima “Italia” della storia fu un pezzo di Calabria sul Tirreno).
Si è scritto tanto sul Sud, ma non sembra sia servito a molto, perché «ogni battaglia contro pregiudizi universalmente condivisi è una battaglia persa» dice Nicholas Humphrey (Una storia della mente). «Perché non riprendi una delle tante pubblicazioni meridionaliste di venti, trent’anni fa, e la ristampi tale e quale? Chi si accorgerebbe che del tempo è passato, inutilmente?» suggeriva ottant’anni
fa a Piero Gobetti, Tommaso Fiore che poi, per fortuna, scrisse "Un popolo di formiche". E oggi, un economista indomito, Gianfranco Viesti (Abolire il Mezzogiorno), allarga le braccia: «Parlare di Mezzogiorno significa parlare
del già detto, e del già fallito».
Perché tale stato di cose è utile alla parte più forte del paese, anche se si presenta con due nomi diversi: “Questione meridionale”, ovvero dell’aspirazione del Sud a uscire dalla subalternità impostagli; e “Questione settentrionale”,
di recente conio, ovvero della volontà del Nord di mantenere la subalternità del Sud e il redditizio vantaggio di potere conquistato con le armi e una legislazione squilibrata.
Dopo centocinquant’anni, questo sistema rischia di spezzare il paese. Si sa; e si finge di non saperlo, perché troppi sono gl’interessi che se ne nutrono.
Così, accade che la verità venga scritta, ma non sia letta; e se letta, non creduta; e se creduta, non presa in considerazione; e se presa in considerazione, non tanto da cambiare i comportamenti, da indurre ad agire “di conseguenza”.
I meridionali si lamentano sempre e i carcerati si dicono tutti innocenti. Il paragone non è casuale; nel bel libro Sull’identità meridionale, Mario Alcaro scrive: «Si può dire che è la difesa di un imputato, di un cittadino del Sud che
cerca una risposta alle tante critiche e accuse che gli son piovute addosso». Il pregiudizio (pre, “prima”) è una condanna senza processo. Sospetto che la sua persistenza eviti, a chi lo nutre, un’ammissione di colpa. «L’uomo è un animale
mosso in modo determinante dalla colpa» rammenta Luigi Zoja in Storia dell’arroganza. «Un sentimento di colpa può essere spostato, non cancellato.» E il Nord aggressore incolpa l’aggredito delle conseguenze dell’aggressione: rimosso il rimorso, se mai c’è stato.
Noi meridionali conosciamo bene tutto questo: non ci indigna nemmeno più; ci stanca: «Senti che la gente ti capisce male, che devi parlare più forte, gridare» spiegava
Cˇechov. «E le grida sono ripugnanti. Parli a voce sempre più bassa, forse tra poco tacerai del tutto.» Fra le urla dell’altro, ormai privo del freno della vergogna che lo rendeva civile.
Oggi, nuovi fermenti animano una ricerca di verità storica, non solo meridionale, che viene dal basso, più che dalle aule universitarie o dalla politica, dalle istituzioni. Non è facile capire dove questo possa portare; se a un revanscismo
uguale e opposto al razzismo nordista di Lega e collaterali, o a una comune crescita di consapevolezza e conoscenza: un nuovo meridionalismo non solo meridionale (e sarebbe un ritorno alle origini, perché nacque nordico, specie lombardo),
per ridare un’anima decente a un’Italia che l’ha smarrita, nel fallimento della politica e la sua riduzione a furia predatoria di egoismi personali e territoriali. Temo, per il pessimismo della ragione e perché i segni vanno in quella direzione, che il peggio prevalga, proprio “per” e non “nonostante” i suoi difetti (è la legge di Greg e Galton, che ricordo in Elogio dell’imbecille). Ma, per l’ottimismo della
volontà, spero nel contrario (nemmeno il peggio dura per sempre; e anche i peggiori muoiono).
Il Nord, visto da Sud, è Caino: da lì vennero quelli che, dicendosi fratelli, compirono al Sud, a scopo di rapina, il massacro più imponente mai subito da queste regioni (e sì che di barbari ne sono passati). I musei del Risorgimento, nota Mario Isnenghi, nella sua Breve storia dell’Italia unita a uso dei perplessi, sono quasi tutti al Centro o al Nord.
Il Nord è dove ho lavorato anni e ho amici, ed è casa mia; come il Sud, dove sono nato; o il Centro, dove abito. Gl’italiani vanno al Nord in cerca di soldi; al Sud in cerca dell’anima.
All’estero smettono di essere meridionali o settentrionali e diventano solo italiani (indistintamente, nel pregiudizio altrui, geni e farabutti).
Il Sud, visto da Nord, è L’inferno, titolo del libro di Giorgio Bocca che nel 2008 ha scritto sul «Venerdì» di «Repubblica», non so quanto provocatoriamente: «Sì, è vero, sono un antimeridionale... Passo per razzista, e forse lo sono».
Nessuno vi trovò da ridire: è o no il Sud, nella geografia, anche morale, il luogo del male? Del male senza possibilità di redenzione: ché questo è l’inferno, congrua immagine del «paradiso abitato da diavoli», secondo l’Alexandre Dumas che accompagnò Garibaldi (e a che prezzo!) alla conquista e al saccheggio.
Caino, al contrario, è un’espressione più saggia e attenta
alla verità, perché Caino non è perso per sempre, a differenza di chi precipita all’inferno: gli viene offerta una possibilità di riscatto, in un’altra terra. Anche se non la coglie.
Né pare vogliano farlo, oggi, tanti che ancora godono del vantaggio ereditato da chi venne a sterminarci. Quando scrivo “i settentrionali”, “i piemontesi”, non intendo generalizzare (come avviene quando si parla di “meridionali”).
Alcuni dei più grandi meridionalisti erano del Nord; e gli ascari che in Parlamento votano (dal 1861) contro l’equità per le regioni che li hanno eletti, sono meridionali.
Il Sud è stato privato delle sue istituzioni; fu privato delle sue industrie, della sua ricchezza, della capacità di reagire; della sua gente (con una emigrazione indotta o forzata senza pari in Europa); infine, con un’operazione di lobotomia
culturale, fu privato della consapevolezza di sé, della memoria.
Noi non sappiamo più chi fummo. Ed è accaduto come agli ebrei travolti dall’Olocausto (il paragone non è esagerato: centinaia di migliaia, forse un milione di meridionali furono sterminati dalle truppe sabaude; da tredici a oltre
venti milioni, secondo i conteggi, dovettero abbandonare la loro terra, in un secolo): molti scampati ai lager cominciarono a domandarsi se il male che li aveva investiti non fosse in qualche modo meritato. Quando il danno è intollerabile,
cercare una colpa, pur assurda, inesistente, che lo renda comprensibile (non giustificabile), diventa una via per non perdere la ragione. Lo storico Ettore Ciccotti parlò di «una specie di antisemitismo italiano» nei confronti degl’italiani
del Sud. La Lega, espressione di un nazionalismo locale comico, se non fosse tragico, ne è la manifestazione più sincera.
Ed è accaduto che i meridionali abbiano fatto propri i pregiudizi di cui erano oggetto. E che, per un processo d’inversione della colpa, la vittima si sia addossata quella del carnefice. Succede quando il dolore della colpa che ci si attribuisce è più tollerabile del male subìto.
Così, la resistenza all’invasore, agli stupri, alla perdita dei beni, della vita, dell’identità, del proprio paese, è divenuta “vergogna”. Solo ora, dopo un secolo e mezzo, le famiglie meridionali che ebbero guerriglieri e patrioti combattenti
cominciano a recuperare l’orgoglio dei propri avi, tutti etichettati come “briganti” dall’aggressore (naturalmente, il fenomeno porta all’immeritato riscatto morale pure di chi era brigante e basta. Di malfattori ce ne furono altri: mafiosi arruolati
da Garibaldi e piemontesi; ma vennero detti “buoni italiani”. Criminale non è quel che fai, ma per chi lo fai).
Un giorno calcolai quanti miei familiari, da parte di padre e di madre, sono emigrati (i pugliesi furono gli ultimi a partire): uno ogni due.
Una mia cugina, dopo sei mesi al Nord, tornò per le ferie estive (come alcuni volatili, il periodico riapparire degli emigrati annuncia le stagioni: li chiamavano birds of passage, “uccelli di passaggio”, nell’America del Nord; e golondrinas,
“rondini”, in quella del Sud). Era cambiata: vestiva in modo più appariscente, esibiva un accento non suo, roteava stizzosamente le spalle, il mento puntuto e alto. Parlava malissimo dei meridionali, con astio rovente e ridicolo.
«Ma cosa fanno di così terribile?» le chiese mia madre, incuriosita. Lei tacque per lo stupore, si guardò intorno, come a cercare una risposta. Era sorpresa, o ci parve, dalla stupidità della domanda: c’era bisogno di una ragione per parlar male dei meridionali? Così, poverina, se ne uscì con una frase, lei settentrionale da sei mesi, che la bollò per sempre, in famiglia: «Sporcano i monumenti».
Come i piccioni; ma, per fortuna, non dall’alto.
Cosa le fosse accaduto, lo capii molto più tardi. Uno dei miei migliori amici fu tra i primi arrivati della Lega Nord: abbiamo scoperto di avere la stessa passione per la vela, di aver acquistato (prima che ci conoscessimo) le stesse barche, di avere una moglie con lo stesso, non comunissimo nome, e di averla sposata lo stesso giorno.
Il mio amico si chiama (nooo!) Remo, i suoi nonni sono di Benevento e di Matera; lui è vissuto a lungo in Argentina, poi è rientrato in Italia. Sua moglie è veneta, emigrata dal Polesine in Francia (l’isola di famiglia, alla foce del Po, finì sommersa, con fattorie e frutteti: da possidenti a naufraghi); poi è tornata in patria, fra Piemonte e Lombardia.
Leghisti accesi entrambi, fino a quando il movimento non assunse connotazioni separatiste. «La Lega è piena di meridionali e di figli di meridionali» mi spiegava Remo.
«Sono i più convinti.» Anche quella mia cugina è leghista.
Perché? Chi emigra, abbandona una comunità e una terra che figurano deboli e perdenti e mira a radicarsi in un altrove che appare forte e vincente: l’emigrato non appartiene più alla sua gente, e non ancora all’altra (così crede). In cerca di identità, non può che scegliere, lui sradicato e sospeso, la più forte. E questa sua nuova appartenenza è tanto più certa, quanto maggiore è la distanza che frappone fra
ciò che era e ciò che vuole essere (in La lingua degli emigrati, si legge che essi «rivivono nel paese di arrivo la loro situazione di “dominati” in termini ancor più drammatici»; e vogliono uscirne. Si educano ad altro da quel che sono.
Quando il carnefice ti toglie tutto, l’unico punto di riferimento che ti rimane è il carnefice. Lo imiti). Il settentrionale non ha bisogno di essere leghista; il meridionale al Nord non può farne a meno, se di scarsa radice. Ed è il più attivo
nel sostenere un’esclusione che non escluda più lui, ma chi è come lui era. I prossimi leghisti saranno i nipoti degli extracomunitari. «Ma dubito» avverte Piero Bocchiaro, studioso di comportamenti psico-sociali alla Vrije Universiteit
di Amsterdam, «che quel che viene mostrato corrisponda a quel che si è.» Come dire: quello dell’emigrato che sposa nuovi costumi è un fare che non corrisponde all’essere; un vivere doppio; non sempre consapevole.
Serve rivangare vecchie storie? Non sono così vecchie da aver smesso di far male e produrre conseguenze: la storia di oggi è ancora quella di ieri. La nostra fu interrotta e si può riannodarla solo nel punto in cui venne spezzata. Non si
può scegliere la ripartenza che più conviene.
Quel che gli italiani venuti dal Nord ci fecero fu così spaventoso, che ancora oggi lo si tace nei libri di storia e nelle verità ufficiali; si tengono al buio molti documenti che lo raccontano. Una parte dell’Italia, in pieno sviluppo, fu condannata
a regredire e depredata dall’altra, che con il bottino finanziò la propria crescita e prese un vantaggio, poi difeso con ogni mezzo, incluse le leggi.
La questione meridionale, il ritardo del Sud rispetto al Nord, non resiste “malgrado” la nascita dell’Italia unita, ma sorse da quella e dura tuttora, perché è il motore dell’economia del Nord. Né una sostanziale e improbabile restituzione
del maltolto riporterebbe le cose com’erano: perdita di fiducia e civiltà provocata nel Sud dalla potatura dei migliori, con le stragi e l’emigrazione, non è recuperabile in tempi brevi. Certi processi storici e sociali non possono essere invertiti a comando; quello economico forse, sì. Volendo.
Ma non si vuole. E i difetti dei meridionali, ne vogliamo parlare? No. Almeno qui, no, visto che del Sud si elencano sempre e solo quelli. Il collega Lino Patruno (Alla riscossa terroni) ne enumera trentadue; ha ragione e credo si possa arrivare a sessantaquattro. Lo scopo di Patruno è onesto: indurre i meridionali alla responsabilità. Ma comincio a temere che su questo si sia tutti d’accordo; mentre i settentrionali si ritengano esentati dal fare altrettanto. Così ho stabilito una personale moratoria: centocinquant’anni bastano; per i prossimi diciannove mesi, anzi ventuno, voglio sentire parlare solo dei difetti dei settentrionali. Perché
ogni pecca del Mezzogiorno deve giustificarne la discriminazione, la minorità, e ogni pretesa del Nord, persino sfacciatamente razzista, è intesa come diritto? Perché ogni volta che si parla dell’Italia duale si ignora il meglio del Sud e
il peggio del Nord? E dire il meglio del Sud risulta non credibile, dire il peggio del Nord è un affronto? «La memoria è di parte, come parziale è lo sguardo su cui si fonda» rammenta Walter Barberis (Il bisogno di patria). «Ma la truffa Parmalat vale, da sola, più che tutte quelle di Napoli, di tutti i tempi, messe insieme» dice il sindaco che rinnovò Bari, Michele Emiliano. E passano come incidenti di percorso le
truffe-latte difese dalla Lega, quelle colossali della sanità lombarda, dai Poggi Longostrevi alle cliniche della morte, gli sfrenati intrecci affaristici di Comunione e Liberazione...
«La corruttela politica nostra non è male meridionale più che non sia settentrionale, e non è in essa che si deve cercare il vero carattere distintivo delle opposte parti d’Italia»
(Ettore Ciccotti, Mezzogiorno e Settentrione d’Italia, 1898).
La Germania Ovest, già nei primi anni di riunificazione con la più povera Germania Est, spese, nei territori orientali, «una cifra cinque volte superiore a quella che è costata in questi cinquant’anni la vituperata Cassa per il Mezzogiorno» (Se il Nord, Agazio Loiero); e ogni anno vi investe quanto gli Stati Uniti, con il Piano Marshall, inviarono dopo la guerra, per la ricostruzione dell’intera Europa. Era
l’unico modo per far confluire la ricchezza dell’Ovest dall’altra parte, sino a pareggiare il livello, in vent’anni. Lì si volle; e il di più dell’Ovest non era stato rubato all’Est. Quando una differenza dura così a lungo, si rischia di
non attribuirne più le ragioni alle cause che l’hanno generata e la mantengono, ma all’insufficienza di chi la patisce.
Così, l’ignorante per ignoranza, il colto per cattiva coscienza, il razzista per ignoranza e cattiva coscienza, trovano più comodo spiegare il sottosviluppo economico dei neri con l’inferiorità della “razza”. Lo si diceva dei lombardi, quando
la loro regione era tenuta dagli austroungarici solo come area di consumo di beni prodotti altrove. Il Nord era nella condizione di colonia cui fu condannato il Sud dopo l’annessione e il saccheggio: è quel «che l’economia capitalistica
fa a’ vinti nella lotta della concorrenza» (ancora Ciccotti).
Anche allora si indagò sugli effetti, per non riconoscerne le cause. E si cercò di capire perché il lombardo fosse così incapace, inefficiente, «in una parola, nullo», secondo la sociologa Cristina Belgioioso, autrice dell’indagine sulla pochezza dei «padani» (fra i quali, Cesare Lombroso condusse la ricerca sul «cretinismo perfetto»): i Bossi, i Calderoli e i Gentilini non nascono dal niente. I “Lombardi”,
come venivano chiamati tutti gli italiani del Nord, erano giudicati dai francesi “vigliacchi e incapaci”.
La Lombardia «era troppo piccola per alimentare un sufficiente mercato interno di scambio, e troppo debole per praticare una politica di espansione industriale fuori
dei suoi confini, qualunque fosse l’aiuto dello stato» scrive Luigi De Rosa, in La rivoluzione industriale in Italia. «Non molto migliori risultavano le condizioni industriali del Veneto, e così quelle della Liguria.»
Il Sud fu unito a forza, svuotato dei suoi beni e soggiogato, per consentire lo sviluppo del Nord. Cominciarono allora a sorgere fermenti federalisti lombardi: «Quelli che parlano di uno “stato di Milano”, per contrapporlo al resto d’Italia» avvertiva Ciccotti, fanno l’errore di credere «che Milano sarebbe divenuta qual è senza l’unità d’Italia»; e «hanno bisogno di dissimularsi le vere cagioni del male, per vivere de’ frutti del mal di tutti, facendo della diversa lingua o del diverso dialetto e delle diverse latitudini tante ragioni di dissidi». Vivere de’ frutti del mal di tutti: fare stare tutti peggio, per star meglio soltanto loro, con la scusa del federalismo.
Si chiama rubare. Ed era un secolo fa.
Rammento la conversazione con un collega che stimo, milanese pratico e di successo. Il tema, visto da Nord (lui), si riduceva a: «Invece di lamentarsi sempre, i meridionali potrebbero darsi una mossa»; e visto da Sud (me): «Invece di continuare a spiegarsi il ritardo del Sud con l’insufficienza dei meridionali, il Nord potrebbe interrogarsi un po’ di più sulle cause e non crearne di nuove».
Mark Twain diceva che «siamo tutti esseri umani. Non è possibile essere qualcosa di peggio». Da noi, qualche tentativo di dargli torto c’è stato. Salimbene da Parma, ricorda Barberis (Il bisogno di patria), stimava la viltà dei meridionali
congenita, perché «homines caccarelli et merdacoli». E per uno dei fondatori del Partito socialista, il bolognese Camillo Prampolini, gli italiani si dividono in «nordici e sudici». Uno “scienziato”, poi, confermerà la correttezza della
definizione, per «questi degenerati che abborrono l’acqua in terra e in mare, che non possono giustificare la loro immensa sporcizia colla immensa miseria in cui il destino li ha fatti nascere». E si capisce che, fosse stato lui il destino,
non li avrebbe fatti nascere.
Ma il destino non si cambia e persino lo si merita (o no?).
Sorge il sospetto che, dopo aver fatto l’Italia con il furto e il sangue, bisognava giustificare il modo. «In quegli anni» leggi in La razza maledetta. Alle origini del pregiudizio antimeridionale, di Vito Teti «il dibattito sulla razza e sull’inferiorità del Mezzogiorno venne condotto in una infinità di saggi, libri, articoli, interventi, a riprova di come esso non rispondesse a una moda, ma a esigenze conoscitive, cariche di un’urgenza politica, sociale, culturale.» La “scienza” lombrosiana (nata da un soggiorno del suo fondatore di soli
tre mesi in Calabria: un genio da far impallidire Darwin) avrebbe portato alle attese conclusioni.
Così (in ritardo, ché mio padre non mi aveva detto niente: o non se n’era accorto o volle risparmiarmi una vergogna di famiglia), appresi di appartenere a una “razza maledetta”; e seppi che era dimostrata, con «i fatti», l’inferiorità
«razziale, fisica e psicologica, sociale e morale degl’italiani del Mezzogiorno, rispetto agli italiani del Settentrione».
Facevo veramente schifo e mi era toccato scoprirlo da solo: era meglio quando, con i soldi di tutti, aprivano scuole solo al Nord (l’ha fatto qualcun altro, prima dell’apparente ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini), perché, se i
terroni imparano a leggere, possono farsi del male. Che ne sapevo io, di essere, in quanto meridionale, parte di una sottospecie di «degenerati, barbari, degradati, ritardati»?
E, in trasferta all’estero, per emigrazione (e che altro, se del Sud?), solo «delinquenti»? Persino in presenza di genio, trattasi di «genialità malata o infeconda» (Pasquale Rossi). E un’intera regione, la Calabria, riassunto di tutto il Sud, poteva essere indicata come «luogo di epilettici-degenerati, di popolazioni superstiziose, tendenzialmente, per caratteri razziali e temperamento etnico, criminali». Come vi sentireste, voi, voi euganei, valdostani o brianzoli, o anche solo marchigiani, persino soltanto molisani, se scopriste una cosa del genere non prima, ma dopo aver sposato una calabrese (ignari di indizi rivelatori, quali «la fronte declive e il diametro bimandibolare accentuato»)? Mettermi in casa
una della regione «più odiata d’Italia»! E la poveretta di mia moglie mi avrebbe evitato, se avesse conosciuto lo “studio” che “certificava” (“scientificamente”, e si capisce) l’ozio, l’indolenza, l’apatia, l’accidia dei pugliesi? Per una
parte non breve della mia vita, mi sono aggirato per questo paese, inconsapevole della classificazione craniologica, secondo la quale le teste dolicocefale del Sud erano chiaro indice di inferiorità, rispetto alle capocce brachicefale che
testimoniavano la superiorità dei settentrionali. Di Borghezio, avete presente? O Renzo Bossi (tutto papà suo), l’intellettuale che riesce a diplomarsi in appena quattro tentativi; dopo di che, per frenare la fuga dei cervelli dall’Italia il Nord l’ha incaricato di “vigilare” sul sistema fieristico lombardo.
I meridionali, per Massimo D’Azeglio, erano «carne che puzzava» (la storia tace sul suo alito). Ma si è sempre i meridionali di qualcuno. Ed è un guaio, perché vuol dire che chi stila graduatorie finisce in quelle di altri.
E perché si fanno le classifiche, a cosa servono?
A degli studenti-cavia, volontari, si chiese di sopprimere, pigiando un bottone, esseri viventi, secondo una scala di prossimità biologica alla specie homo sapiens sapiens. Era tutto finto: non moriva nessuno; ma loro non lo sapevano ed erano convinti di uccidere, in un crescendo omicida, microbi, insetti, invertebrati, pesci, uccelli, serpenti, topi, gatti, cani, scimmie... Alcuni si fermarono agli uccelli; altri trovarono intollerabile accoppare gatti o cani, solo per un
esperimento; ci fu chi rifiutò di proseguire solo quando gli fu chiesto di eliminare le scimmie; e chi eseguì anche quel comando. Un esperimento analogo fu compiuto con esseri umani nel ruolo di “vittime”. A studenti-cavie fu chiesto di infliggere scariche elettriche sempre più pericolose. Erano fasulle, ma non lo sapeva chi azionò la manopola sino all’ultimo giro. La scienza, il progresso, la civiltà richiedono qualche sacrificio, e si trova sempre qualcuno disposto a farlo fare ad altri.
Anche fra gli esseri umani sono state fatte graduatorie: schiavi, servitori e padroni; poveri e ricchi; negri, sangue-misti e bianchi; meridionali, terroni nordicizzati e settentrionali...
Di nuovo: a cosa servono le classificazioni? Gli studenti-cavia ci hanno dato la risposta: a stabilire chi deve soffrire o morire prima, “per il bene di tutti” (cioè di quelli che hanno deciso a chi tocca prima). Le classifiche sono la giustificazione
necessaria, perché questo avvenga senza rimorso, “per una buona ragione”. Napoleone Colajanni ricordava quegli «antroposociologici che, per vedere progredire e
migliorare l’umanità, vorrebbero distruggerne almeno una buona metà».
Hitler ci provò. Ma quando avviò lo sterminio dei minorati mentali, la Germania insorse e persino la ferocia nazista dovette desistere per le proteste popolari. Le vittime designate erano minorati, ma ariani. Quando si fece la stessa
cosa con gli ebrei e gli zingari, la Germania tacque.
Nella civile Treviso, un sindaco può proporre vagoni blindati per espellere gli extracomunitari, il loro uso come prede per i cacciatori locali, la rimozione delle panchine dal centro, per impedire che siano contaminate da terga extracomunitarie.
E viene rieletto. Ma quando chiude lo stesso salotto cittadino ai cani domestici (e alle loro deiezioni), la popolazione scende in piazza e protesta. Nella scala delle
dignità difendibili (o almeno delle sensibilità civili), Treviso pone i cani (e persino le loro feci, a doverla dire tutta) più in alto degli extracomunitari. Non è un’opinione; è un fatto: per Fido si sentirono offesi; per Abdul, non abbastanza.
Le classificazioni sono gradini, indicano la direzione della violenza che le genera: dall’alto in basso. La quantità di violenza è proporzionale alla tenuta delle norme del vivere civile. Se queste si indeboliscono, abbiamo visto con quanta facilità si passi dalle sparate comico-razziste dell’intellighenzia balcanica (poco o per niente dissimili da quelle dei Bossi, dei Salvini, dei Calderoli, dei Gentilini) alla pulizia etnica. Il mio saggio amico Fulvio Molinari, giornalista e scrittore, ne ha paura: «Noi triestini l’abbiamo visto succedere alle porte di casa: chi abusa delle parole viene travolto dai fatti. Non si rendono conto». E pensate se, invece, se
ne rendono pure conto... Trieste queste cose le percepisce prima e meglio degli altri, per la sensibilità della frontiera.
Paolo Rumiz si è mosso da lì per il suo viaggio fra le inquietudini del Nord; e, in La secessione leggera, riporta le parole di un suo amico di Sarajevo: «Non è stato il fracasso dei cannoni a uccidere la Iugoslavia. È stato il silenzio. Il silenzio
sul linguaggio della violenza, prima che sulla violenza».
Le scritte «Forza Etna», «Forza terremoto» comparse nel Nord (e il cui ricordo commuove e inorgoglisce i leghisti della prima ora, con la memoria degli eroici inizi) celano, sotto un’apparente esagerazione dialettica, un desiderio vero, profondo. Un desiderio criminale: a gente a cui il vulcano distruggeva case, aziende o a cui il terremoto uccideva i familiari, qualcuno augurava di peggio; e per questo otteneva voti, consenso sociale. Vergogna per loro; e per chi consentiva e consente.
Quella violenza è solo verbale, ma va nel senso della classificazione, perché quando il Po uscì dagli argini, distrusse case, fece vittime o quando l’ictus paralizzò Bossi, nessuno al Sud scrisse sui viadotti dell’autostrada: «Forza Po» e «Forza ictus». La differenza fra le scritte leghiste e l’assenza di risposta può essere in qualche millennio di storia in più (magari!), o nell’accettazione del ruolo dei vinti
(più probabile).
L’aggressione leghista ha indotto molti a sentirsi meridionali, a riscoprire la propria storia; che i settentrionali preferiscono ignorare, un po’ perché credono di aver già capito quel che c’è da capire; un po’ perché non gl’interessa sapere del Sud, che associano a un’idea di cultura inutilmente contorta, elaborata, improduttiva, perdente e pretenziosa (insomma, un misto di invidiuzza e disprezzo per
quegl’«intellettuali della Magna Grecia» che sanno un sacco di cose che non servono a niente); un po’ perché, nella ricerca di radici diverse e distanti, piuttosto che coltivare la ricchezza delle proprie, si trastullano con la patacca della
“cultura celtica”. Comprensibile la “voglia di passato”, ma perché forzarne un aspetto per adattarlo a un desiderio del presente? Si rischia la caricatura, come il kilt, il gonnellino degli scozzesi, che è un’invenzione folcloristica recente; o il
«sole delle Alpi», quel fiore a sei petali, scelto dai leghisti quale loro simbolo, ma diffuso da sempre un po’ ovunque, e abbondantemente nel Mediterraneo: era già sugli scudi dei guerrieri di Puglia (però zona-Nord, eh?), più di tremila
anni fa. Sciur Asterix de la Briansa, quello è il sole del Tavoliere! Ch’el vaga schisc anca (Ci vada piano pure) con l’avo barbarico: al Nord lasciò il nome a una regione, mentre al Sud i suoi stati e le sue leggi nei tribunali sopravvissero
ancora per quasi tre secoli, e con tale forza ed estensione (parte della Campania, della Basilicata, della Puglia e della Calabria) che, nelle mappe dell’epoca, la “capitale di Longobardia” era Bari. Terun! Ma questo libro parla della costruzione della minorità del Mezzogiorno, così, tanto vale dirlo subito: il pur più duraturo stato meridionale di quei barbari che vennero a civilizzarsi in casa nostra passò alla storia con il nome di “Langobardia Minor” (e te pareva!).
«Quando non si vuol fare qualcosa per capirla,» ha scritto Marco Paolini «si trasforma la storia in geografia.» E accettiamo che, contro il valore dei fatti, la geografia divenga comunque vincente, se segna Nord e comunque perdente, se segna Sud? E che la latitudine misuri il valore degli uomini, delle loro azioni, dei loro diritti? Ma non è esattamente questa l’essenza unica, piena, del razzismo? Non è nella facilità di tale promessa il suo successo con gli stupidi e gli egoisti?
«Le identità plurali sono percepite dai nazionalismi come altrettante minacce» scrive Predrag Matvejevic´ in Mondo ex e tempo del dopo. E spiega che è proprio nelle «nazioni venute tardi», come l’Italia, che «queste malattie di identità» colpiscono più facilmente.
Il Settentrione ne patisce, perché scellerate scelte politiche ed economiche hanno (de)portato al Nord alcuni milioni di meridionali, con i loro dialetti, le loro diete, le loro abitudini. Per quanto essi abbiano cercato di assimilare nuovi accenti e costumi, i propri hanno influito su quelli altrui; sapori e amori si sono fusi, generando un meticciato avvertito come minaccia per l’identità del Nord. La Lega, l’invenzione di riti celtico-padano-veneti sono furbate politiche per trasformare in voti il bisogno di riscoprire radici e armarle di razzismo («Decidemmo di sfruttare l’antimeridionalismo diffuso in Lombardia, come in altre regioni del Nord» ammette lo spudorato Umberto Bossi nel Mein Kampf della Lega, il suo Vento dal Nord).
E ne patisce il Sud, che ha meglio conservato il colore delle radici (indebolite dall’esodo, ma non stemperate da tradizioni diverse), pur se nei comportamenti è stato indotto a rinnegarle, a ritenerle superate, scadenti, sconfitte. Come
per gli ebrei convertiti a forza, gli è toccato sentire in un modo e agire in un altro. Finché, col tempo e le generazioni, quel sentire si è fatto flebile; salvo riaccendersi, per l’offesa, e proporsi “contro”.
La tardiva scoperta di essere meridionale mi ha rivelato un assurdo: i meridionali traggono il nome da quel che gli manca: il Sud. E pure quando la geografia gliene offriva uno (le infelici avventure contadine dei siciliani in Libia, in Tunisia), la storia glielo ha negato. Il mondo dei meridionali ha una direzione in meno: più giù di dove sono non si può andare, restando “a casa”. Il Sud porta con sé un’idea
di gioia e di nostalgia; se la prima è data dal clima, dalla natura, l’altra (come accade, a volte, dopo un’amputazione) viene dal dolore dell’arto fantasma: fa male quello che non c’è. Il Sud. Ed è una negazione pesante.
L’estremo lembo di alcune regioni, che il sentimento proprio e altrui percepisce “al confine del mondo”, è chiamato, in Galizia come in Cornovaglia o in Bretagna: Finisterrae. In Italia un posto così è in Puglia, a Santa Maria di Leuca: lì il
mare si alza come un muro, a chiudere il discorso. La Puglia è un dito di terra lungo quasi quattrocento chilometri, ma largo poco più di trenta, verso Leuca. Significa che non solo ci manca il Sud (Finisterrae), ma altre due direzioni,
l’Est e l’Ovest, sono appena abbozzate. Si intuisce altro, da qui, a cui non pensi se hai intorno un orizzonte completo e percorribile. Può trattarsi della direzione negata della vita.
Un settentrionale può volgere gli occhi e cercarsi il futuro in ogni parte. Un meridionale, no: è costretto a guardare solo verso Nord: dalla storia, dall’economia figlia di quella storia, e persino dalla geografia. In realtà, nemmeno il settentrionale ha davvero scelta; se rinuncia al Sud, come quattro scriteriati vorrebbero, cade nella nostra condizione (ma in modo artificioso, falso, quindi sterile): quella degli amputati. Mentre a noi tocca un arto fantasma che ti rende fertile (perché non è la tua volontà a privartene), a prezzo di un dolore necessario: chi non raggiunge e comprende Finisterrae (la parte che manca) non sa il suo limite, non sa quel che vale. E si vede.

Messaggio di protesta alla RAI per Giletti e Mughini



Messaggio di protesta inviato a larena@rai.it contro l'ignoranza dei Mughini e dei Giletti...


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Egregi signori,
ho assistito con sbigottimento alla trasmissione di domenica dove e' stata data per l'ennesima volta una platea televisiva e spazio al "principe" Emanuele Filiberto che non sa ballare, non sa cantare...ma pare che ultimamente debba essere sempre presente alle trasmissioni RAI...da chi e' spinta la partecipazione di quest'emerito imbecille a tutte queste trasmissioni pagate da tutti noi, da Ballando sotto le stelle a Sanremo fino a Domenica In?

Ed ho assistito al modo vergognoso col quale il conduttore Giletti parlava dell'Associazione Culturale Neoborbonica e delle sue giuste istanze di verità storica sui crimini commessi dai Savoia, specialmente ai danni del Sud ma non solo, con tono ironico e sprezzante commentava con "ora torniamo alle guerre puniche...". E dopo per rincarare la dose, ci siamo dovuti sorbire le idiozie di un giornalista tuttologo come Mughini che parlava di "pazzie e deliri", da un giornalista siciliano che è conosciuto soprattutto perchè tifa per la Juve, rinnegando tra l'altro la sua vera origine come purtroppo fanno molti meridionali, dobbiamo aspettarci lezioni di meridionalismo e di storia meridionale?

Mi spiace per loro, ma Giletti e Mughini sono ignoranti, nel senso letterale del termine, in quanto ignorano la vera storia d'Italia e soprattutto quella dell'800 e del periodo tra il 1860 ed il 1870.
Esistono tanti movimenti meridionalisti, come noi del Partito del Sud, che non hanno nostalgie monarchiche, ma convinti che, per dare inizio ad un vero riscatto del Sud, si debba ristabilire la verità dei fatti sul cosiddetto "Risorgimento" che, per il Sud, e' stato un violento evento di colonizzazione. Ci è costato centinaia di migliaia di morti meridionali e l'inizio di una vera e propria diaspora bibblica con l'emigrazione di più di 20 milioni di meridionali, emigrazione e "questione meridionale" che continuano ancora oggi con altri mezzi e modalità, da allora il Sud e', ed e' rimasto per quasi 150 anni, colonia del resto del paese.
Sono centinaia i libri che fanno revisionismo sul "risorgimento" e scrivono finalmente la verità sul quel periodo, di cui c'e' ben poco da vantarsi ad essere italiano, dai "nostri" Ciano, Zitara, Alianello fino a scrittori settentrionali come Lorenzo Del Boca o Elena Bianchini Braglia...esistono centinaia di dati e pubblicazioni non di parte per capire che il Regno delle Due Sicilie era molto piu' progredito del resto della penisola, poi basta vedere, non una "nostra trasmissione" o leggere le nostre dichiarazioni sulla rete o ai convegni, ma basta seguire la puntata di Angela e la sua trasmissione Ulisse alla puntata:
"Viaggio nel Regno delle Due Sicilie", ecco il link su YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=WE-h12f-Mfs
credo che Angela sia piu' serio, imparziale ed attendibile di Giletti e di Mughini come esperto di storia o no?
E crediamo che anche una bellissima e recente trasmissione di Daverio, Passpartout, che parlava dei primati del Regno delle Due Sicile e dell'importanza di Napoli e del Sud nell'800, sia più attendibile di un tuttologo come Mughini e di un giornalista ignorante come Giletti, vedi video:
http://www.youtube.com/watch?v=xui3llF32l0&feature=player_embedded

Dal 1861 sono iniziati massacri, spoliazioni, guerre, una serie infinita di ruberie e scandali che arrivano fino al panorama desolante della politica italiana di oggi ed agli ultimi edificanti esempi della cosiddetta 2 Repubblica per i quali siamo conosciuti come imbroglioni e con leader politici di destra e sinistra noti come "fenomeni da baraccone" in tutto il mondo.
Il problema per noi quindi non sta nell'Unità d'Italia ma in COME è stata fatta, se dopo quasi 150 anni non si riconosce questo e si continua a parlare di "fratelli d'Italia" e di "eroi" e "patrioti" di gente come i Savoia, Cavour e Garibaldi che sono stati una vergogna e una jattura per l'intero paese e specialmente per il Sud, l'insanabile frattura che divide da sempre il paese nato nel 1861 porterà davvero a nefaste conseguenze...ma noi siamo confidenti che l'Italia liberal-massonica che parte da Cavour e passando per i Savoia e Mussolini arriva fino a Berlusconi, sia arrivata al capolinea. Il popolo meridionale e' stanco ed inizia ad organizzare la sua liberazione da 150 anni di colonizzazione, avvenuta purtroppo con la colpevole complicità di politici meridionali ascari e servi del potere al solo fine di assicurarsi la loro misera poltroncina ed il solito piatto di lenticchie.

Mi piacerebbe che il mio intervento, insieme a quello di tanti meridionali che si sono sentiti offesi dalle parole di Mughini e Giletti e di sicuro vi staranno scrivendo, arrivi a lorsignori che si definiscono giornalisti e si organizzi un dibattito vero con un serio contradditorio, ad esempio con noi del Partito del Sud di Antonio Ciano, che ha scritto un libro che ha venduto centinaia di migliaia di copie: "I Savoia ed il massacro del Sud".

Ciò non e' stato fatto domenica, con lo studio a banalizzare e ridicolizzare delle dichiarazioni registrate e che quindi non potevano avere diritto di contro-replica, questo lo trovo un fatto assolutamente vergognoso ed indegno di una TV pubblica di un paese civile.


Cordiali Saluti

Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
PARTITO DEL SUD
www.partitodelsud.it
http://partitodelsud.blogspot.com

martedì 9 marzo 2010

Intervento di Andrea Balia al Convegno "Quale Campania tra 5 anni" a Napoli

ATTENZIONE...! di E. De Franciscis


Con piacere e totale condivisione, posto l'articolo dell'amico Emiddio della sezione di Napoli del Partito del Sud che ironizza sul "DeCretino" che ha fatto precipitare il paese risorgimental-italiano a livello di Repubblica delle banane...

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ATTENZIONE...! di Emiddio De Franciscis di Casanova

Attenzione un prossimo decreto interpretativo della legge sul federalismo fiscale, potrebbe sancire l'inferiorità meridionale ed avviare le leggi “razziali latitudinali”!
Attenzione perché il prossimo decreto interpretativo potrebbe, partendo dalla legge sul federalismo fiscale, contenere norme razziali e discriminatorie sui meridionali. Non sono pochi, infatti, quelli che al Nord che vorrebbero impedire a tanti cittadini nati a sud di Roma di occupare posti della pubblica amministrazione nel centro nord.
Potrebbe sembrare un irreale scenario, "fanta-razzistico", ma non più impossibile, dopo l’assurda decisione del Governo di riammettere nel Lazio una lista mai depositata. E’ una evidente anticipazione dei tempi che sancisce la nascita della III° repubblica !! Quella delle BANANE !!! Dove leggi, Costituzione ed anche la più alta carica dello Stato si piegano ai capricci del Premier, assecondando la sua arbitraria e volitiva “creatività” legislativa del momento.
Per quanto riguarda la Lombardia nessuno ha sottolineato l’eccezionale evento miracolistico del premier che, novello padreterno, con un colpo di decreto è stato capace di riportare in vita centinaia di elettori lombardi defunti, che in spirito avevano sottoscritto la lista Formigoni. Riammessa, dopo una seduta spiritica per l’autentica delle firme, proprio per poter realizzare l’ultimo desiderio dei cittadini.
Nel Lazio, invece, la riammissione della lista PdL non ha sanato un problema derivante dalla eccessiva burocrazia della legge elettorale e ogni ritardo ha riguardato solo la composizione dell’elenco dei candidati (che avrebbe dovuto essere stampato sui moduli prima della raccolta firme). Il Governo, perciò, al contrario di quanto afferma, è intervenuto non a salvare la democrazia, ma a coprire un ritardo dovuto alle conseguenze di uno scontro interno di correnti della PdL.
Italiani !!! Un altro traguardo è stato raggiunto !!!
Siamo finalmente equiparati a paesi come Iraq e Afganistan !

Neppure il Presidente della Repubblica assolve alla funzione di vigilare sull’operato di Governo e Parlamento.
Oltre ad unirci all’IdV nel chiedere l’interdizione del Presidente, chiediamo che intervenga l’ONU a vigilare sulla regolarità delle elezioni del 28 e 29 marzo!


Emiddio de Franciscis di Casanova
Partito del Sud - sez. "Guido Dorso" Napoli

sabato 6 marzo 2010

VERGOGNA!!!

Posto con condivisione il comunicato ufficiale della Rete dei Cittadini, oltre a condividere la nausea per quest'ultima pagliaccita del governo e per la supina figura del presidente della repubblica, il Partito del Sud deciderà nei prossimi giorni se ritirare le proprie candidature...
Il gioco e' truccato si sa...ma questo "decreto inteerpretativo" e' troppo, siamo arrivati alla repubblica delle banane, oramai e' come cambiare l'arbitro a partita in corso o allargare la porta solo per una squadra...l'italietta risorgimentale e' oramai arrivata al capolinea!


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Ieri sera si è consumato forse il peggiore caso di calpestamento della Costituzione a cui la politica italiana ci ha oramai abituato. Il decreto salva liste è il messaggio piu brutto che la CASTA poteva dare in questi giorni.

Le regole, in questa democrazia, sono diventate discrezionali. Qui non siamo di fronte ad un fatto fastidioso di mala-politica, come la sanatoria preventiva sulle affissioni abusive o altro. Qui c’e’ in ballo il concetto di democrazia. Noi come lista civica crediamo nello stato e nelle sue regole, che dovrebbero tutelare governanti e cittadini. Quando i politici cambiano le regole in “corsa”, aggiustandole per personali tornaconti , siamo fuori dalla stato di diritto.

Le regole per la presentazione delle liste sono sbagliate, noi della RETE DEI CITTADINI lo sapevamo già. Sono state scritte e dettate da altri per limitare l’accesso al mondo della politica a chi non ne fa già parte. Noi della RETE DEI CITTADINI, pur non condividendole e partendo da una posizione di totale svantaggio, ci siamo però adeguati perché il rispetto della legalita’ viene prima di tutto .

Vedere oggi l’avvilente spettacolo della politica rispetto alle illegalita’ ci fa gridare una sola parola:

VERGOGNA!

mercoledì 3 marzo 2010

Intervento di Andrea Balia del Partito del Sud all'incontro del 2 Marzo a Napoli: "Quale Campania tra 5 anni"

Ricevo e posto il resoconto sull'incontro e dibattito di ieri 2 Marzo 2010, sul tema "Quale Campania tra 5 anni", tenutosi presso la libreria Treves di Napoli, con l'intervento di Andrea Balìa, coord. per Napoli e Provincia del Partito del Sud...complimenti ad Andrea per l'intervento, praticamente un'ottima sintesi del pensiero politico attuale del Partito del Sud!

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Dopo circa un'ora di "rimpiattino" con reciproche accuse tra i presenti del Centrodestra e Centrosinistra su De Luca e i suoi guai giudiziari e i Cosentino & company, sui De Mita e coniugi Mastella prima di là ora di qua, su alcuni interessanti e grintosi interventi di componenti dell'associazione CAMBIAMO NAPOLI sui rifiuti tossici e gli inceneritori e sotto la funzione moderatrice e d'informazioni dati dei ragazzi di Insieme per la Rinascita, è arrivato il farneticante intervento di Pisani di Noi Consumatori (area PDL) con accuse generiche al popolo napoletano. Violenta la reazione di giovani in sala e del sottoscritto con il nostro invito a questo signore a non declamare "cazzate"!

E' arrivato poi il nostro turno e, in sostanza, abbiamo detto quanto segue :

"...sono Andrea Balia, Responsabile Coordinatore Provinciale (Napoli e Provincia) del PARTITO DEL SUD. Quello vero, nato a Gaeta nel 2002 localmente, e nel 2007 costituito e registrato con regolare statuto sempre a Gaeta. Partito presente già a precedenti competizioni elettorali.
Dico quello vero perché non quello annunciato, declamato, minacciato, “pezzottato” come diciamo a Napoli, paventato dai vari Dell’Utri, Miccichè, Lombardo del MpA, e buon ultimo il novellino onorevole Scotti con il suo “IO SUD” apparentato nella coalizione di Centrodestra, che alla veneranda soglia degli 80 anni, o giù di lì, si è ricordato d’essere meridionale e che il Sud meriti alfine una rappresentatività politica.
Tutti sono stati diffidati a non usare il nome del PARTITO DEL SUD, salvo querele.
Noi del PARTITO DEL SUD eravamo intenzionati a partecipare alle prossime elezioni regionali, ma da soli, né a Destra, né a Centro e né a Sinistra, ma solo a Sud per la grande alternativa meridionale, per dare un messaggio che (come dice il mio amico di vita e di partito Emiddio De Franciscis di Casanova) lanciasse la proposta indecente della politica davvero partecipata dei meridionali.
Riteniamo che con questa partitocrazia nordcentrica, che è la prova provata del disastro del Sud, e nello specifico della Campania, non si vada da nessuna parte.
Avevamo individuato in Napoli, Caserta e Salerno le tre provincie in cui presentare le nostre liste. Abbiamo, con fatica, in pratica raccolto le firme che questa democrazia burocratica commissariata dalla partitocrazia ufficiale impone ai partiti nuovi e non facenti parte della casta riconosciuta, di raccogliere.
Purtroppo ripensamenti postumi dei nostri amici di Caserta, unitamente a problemi tecnico/burocratici sempre in quella provincia, ci impediscono in quest’occasione di presentarci. Contiamo di farlo alla prossima occasione elettorale, sempre fuori dai giochi dei due schieramenti ufficiali in cui è incartata la politica italiana, in una terza via e con chi tra associazioni civiche, movimenti meridionalisti, e perché no…anche partiti ufficiali, che volessero tirarsi fuori ed appoggiarci, vorrà essere con noi.
Non crediamo che bastino le facce esteticamente pulite di Caldoro o i metodi (pure in parte “comprensibili”) da “sceriffo padano” di De Luca a risolvere i problemi della Campania.
Sappiamo che ci sono anche persone perbene di qua e di là, ma l’entourage dei due contendenti è a dir poco improponibile.
La Campania fra 5 anni non possiamo che immaginarla con gli occhi di meridionali e, nel nostro caso, di meridionalisti. Ci auguriamo di non ritrovarla ulteriormente disastrata e non ci interessa granchè chi condurrà questa regione. La politica del meno peggio non ci interessa e, pur se possiamo avere una nostra opinione su chi può essere meno peggio, non lo dichiariamo perché non lo riteniamo importante.
Il meridionalismo fra 5 anni ci auguriamo abbia costruito la grande alternativa meridionale, abbandonando vecchi vizi.
I vecchi vizi, crediamo, siano sostanzialmente due : o quello nostalgico di associazioni e movimenti che si raccontano in salotti e convegni quanto eravamo belli e bravi (e intendiamoci sono tutte verità ma che senza una propositività e rappresentatività politica servono a poco),
o quello dell’opportunismo politico, andando ad appiattirsi nel Centrodestra e nel Centrosinistra facendo le ruote di scorta.
Il tutto per ottenere (nella migliore delle ipotesi) qualche poltroncina che potrà accontentare qualche singolo ma non risolverà nessuno dei problemi della nostra regione.
Il meridionalismo deve strutturarsi costruendo la grande alternativa meridionale, anche con chi dopo le prossime elezioni, a “ficosecco ottenuto” verrà a fare i soliti discorsi e a parlare, parlare…".

martedì 2 marzo 2010

Approvata la Lista Civica Rete dei Cittadini per le Regionali 2010 del Lazio!





Approvata la Lista civica RETE DEI CITTADINI per le elezioni regionali 2010 del Lazio...la lista civica, che vede la partecipazione del Partito del Sud, con immani sforzi e una pattuglia di veri e propri eroi della vera democrazia partecipativa ed alternativa alle solite caste di destra, centro e sinistra, ha concluso tutto l'iter in regola...al contrario di chi solo ora dopo questa figuraccia si lamenta della "burocrazia" (le regole che valgono per tutti diventano burocrazia solo se ostacolano "qualcuno"?) e si rende ancora più ridicolo oppure di chi si lamentava prima delle regole con lo sciopero della fame avendo le spalle coperte per aiuti mediatici e risorse economiche!!!
E quindi con immensa gioia che posto il Comunicato ufficiale della Rete dei Cittadini!



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Martedì 2 marzo, alle ore 9:54 è arrivata l'ultima conferma dal Tribunale di Latina della validità delle firme e della documentazione per la presentazione della RETE DEI CITTADINI alle prossime elezioni regionali del Lazio.
La Lista civica RETE DEI CITTADINI sarà presente nelle liste provinciali di Roma, Viterbo e Latina e in tutta la regione con Marzia Marzoli come candidato presidente.

Il listino regionale della RETE DEI CITTADINI è stato il primo ad essere approvato, poi è arrivata la conferma di Roma (ore 11.08 di domenica 28 febbraio) e Viterbo (ore 15:57) e infine Latina.
I volontari della RETE DEI CITTADINI hanno presentato piu di 4000 firme, raccolte a partire dal 23 gennaio.

La candidata Presidente di RETE DEI CITTADINI Marzia Marzoli ha così commentato: "Sono felice, semplicemente felice! È stata dura, abbiamo depositato tutte le firme necessarie e tutta la documentazione senza ritardi ne gesti eclatanti. Adesso RETE DEI CITTADINI c'è e ci faremo sentire! La RETE DEI CITTADINI è la dimostrazione che una nuova politica, democratica e partecipata, non solo è possibile, ma continua a incontrare un consenso sempre maggiore".


Responsabile Ufficio stampa

Tiziana D'Amico
328/8326581
www.retedeicittadini.it

Martedì 2 marzo alle ore 18,00 c/o la Libreria Treves di Napoli, incontro dibattito: QUALE CAMPANIA TRA 5 ANNI?


PER IL PARTITO DEL SUD PARTECIPA ANDREA BALìA - Coordinatore per Napoli e Provincia del Partito del Sud...complimenti ad Andrea ed in bocca al lupo a tutto il gruppo di Napoli che siamo sicuri saprà fare la sua bella figura, anche tra gli squali della partitocrazia!