Ricevo e posto quest'evento, uno spettacolo con obiettivi di divulgazione scientifica e che spiega gli effetti nocivi degli inceneritori con l'intervento del Prof. Montanari e la conduzione di Davide Gramiccioli, evento al quale partecipa anche il Partito del Sud di Roma e la Rete dei Cittadini.
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COMUNICATO STAMPA
Il 25 giugno prossimo al teatro Tendastrisce di Roma alle ore 21 sarà rappresentato lo spettacolo di denuncia scientifica Quando i sogni vanno in fumo.
La Italiana Comunicazione, intrapresa la strada dell’inchiesta con lo spettacolo del 22 aprile al Teatro Orione “Chi è senza Silvio scagli la prima Di Pietro”, ha deciso di proseguire su questo tracciato con la produzione di un nuovo evento contraddistinto dall’impegno civile di raccontare le verità nascoste di questo nostro tempo senza nessuna censura.
Quando i sogni vanno in fumo vede come protagonisti David Gramiccioli, giornalista e conduttore radiofonico, tutti i giorni dalle 6 alle 8 con la trasmissione OUVERTURE sulle frequenze di Tele Radio Stereo e il dott. Stefano Montanari,
scienziato di fama internazionale da sempre impegnato nella ricerca medica, nonché Direttore Scientifico del Laboratorio Nanodiagnostics di Modena, dove svolge studi e ricerche che collegano l’inquinamento da polveri inorganiche a patologie cliniche.
Gli interpreti dello spettacolo racconteranno, con documenti inediti, la drammatica relazione tra malattie mortali e polveri emesse dagli inceneritori di rifiuti che avviene attraverso l’unico mezzo che non fa distinzioni: l’aria che tutti respiriamo.
E proprio gli inceneritori, definiti anche con il termine fuorviante di termovalorizzatori, saranno al centro dell’indagine. Mostri che abbiamo proprio dentro le nostre case, come l’inceneritore di Malagrotta o quello che a breve verrà costruito ad Albano Laziale e che condurrà inevitabilmente all’impoverimento di quello che oggi è un polmone verde come il Parco Naturale dei Castelli Romani. Emblematico è il caso della città di Forlì che vede la presenza di ben due impianti e nonostante i dati confermino un aumento delle patologie legate agli inceneritori entrambi sono in funzione.
L'inquinamento da polveri inorganiche rappresenta il male per la nostra salute: non sono biodegradabili e non sono biocompatibili. Saranno esplorate le grandi responsabilità umane su questa fonte d'inquinamento che sta trasformando in modo tanto irrefrenabile quanto rapido le condizioni ambientali del Pianeta e che produce effetti genotossici sugli embrioni umani.
Che cosa sono le polveri sottili e come si formano?
Come agiscono le micropolveri, prodotte dall’incenerimento, quando vengono assorbite dall’organismo?
Quali patologie trovano relazione con il processo di combustione dei rifiuti e quali le speranze di cure?
Quali interessi si nascondono dietro la costruzione di inceneritori e la gestione dei rifiuti?
A queste domande verranno fornite risposte di fronte alle quali non si potrà più tenere gli occhi chiusi.
Una pièce teatrale che si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema dalla portata universale che coinvolge tutti.
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QUANDO I SOGNI VANNO IN FUMO
Morire di Inceneritore
Venerdì 25 Giugno, ore 21
Teatro Tendastrisce, via G. Perlasca 69
00155 Roma
Costo del biglietto Euro 10,00
Per informazioni
328 63 68 628
it.comunicazione@libero.itQuesto indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
venerdì 25 giugno 2010
giovedì 24 giugno 2010
Gli interventi al 1° Congresso del Sud a Gaeta su Radio Radicale!
A Gaeta il 19 giugno c'e' stato il 1° Congresso del Sud, con la Confederazione SUD Euromediterranea che aggrega 5 movimenti tra cui il nostro Partito del Sud.
Nei nostri interventi è stata ribadita la volontà di trovare forme di aggregazione tra movimenti che hanno a cuore la riscossa del Sud e la fine della colonizzazione toscopadana. In particolare negli interventi di Antonio Ciano, Enrico Viciconte, Natale Cuccurese, Enzo Riccio e Costanza Castellano, è stata ribadita la volontà di andare avanti ma di non voler cadere nelle solite trappole della partitocrazia italiana di destra, centro e sinistra.
Ecco i nostri interventi da questo link...buon ascolto!
giovedì 17 giugno 2010
1° Congresso del Sud della CONFEDERAZIONE SUD EUROMEDITERRANEA, 19/06/2010 GAETA, HOTEL MIRASOLE
I co-fondatori della Confederazione SUD Euromediterranea
www.confederazionesudeuromediterranea.it e presidenti dei 5 movimenti della Confederazione SUD:
Antonio Ciano, Francesco Strafalaci, Antonino Calì, Girolamo Foti e Bruno Mabilia
Vi invitano al I° Congresso del Sud
Sabato 19 giugno 2010
Hotel Mirasole Via Firenze, 5 Gaeta (LT)
Per info : www.hotelmirasole.it - Tel. 0771.744495
Per avere informazioni sulle tariffe contattare la Direzione o l'Ufficio Ricevimento dell'Hotel Mirasole.
Contattare la Direzione: info@hotelmirasole.it tel. 0771 744495 fax 0771 740071 Ufficio ricevimento: ricevimento@hotelmirasole. it tel. 0771 744495 - fax 0771 740071 – Specificare che siete i partecipanti al Congresso del Sud organizzato a Gaeta
(Per intervenire farsi accreditare dal comitato grandi eventi della confederazione SUD Euromederiterranea - Invia la tua email a ufficiostampamovimentosud@gmail.com)
Grazie alla registrazione dei lavori del convegno effettuata da Radio Radicale, sarà possibile seguire sul sito suddetto nei prossimi giorni in differita i lavori del 1° Congresso Nazionale della Confederazione Sud.
Da Antonio Ciano, “Presidente pro-tempore della Confederazione SUD Euromediterranea”
ecco il programma dei lavori:
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“Ore 11:00 -20:30 No stop”
I° CONGRESSO DEL SUD della
CONFEDERAZIONE SUD EUROMEDITERRANEA
Inizio delle attività: ore 11:30
Apre i lavori il Presidente pro tempore della Confederazione
Antonio Ciano
Saluti del Sindaco di Gaeta
Intervengono
Francesco Strafalaci (Sicilia Federale)
Bruno Mabilia (Alleanza per il Sud)
Linda Cottone (Partito del Sud – Alleanza meridionale)
Antonino Calì (Movimento per il Sud)
Girolamo Foti (MovimentoSUD dei diritti)
Ore 13:00 – 14:00 Pausa pranzo
“ Prenotarsi al ristorante dell’albergo convenzionato al numero Tel. 0771.744495 ”
Ore 14:30 Conferenza stampa
(I giornalisti che volessero partecipare, onde facilitare l’organizzazione dell’evento,
sono pregati di contattare l’ufficio stampa della Confederazione: tel. 347 4618595)
Dalle ore 15:00 alle ore 17:00
Giro di interventi a cura dei presenti all’assemblea
Ore 17:00 -17:30
Coffy Break -Pausa caffè –
Ore 17:30 Riapertura dei lavori
Il segretario dell’assemblea illustrerà le modalità previste per il voto, relativamente a: logo ufficiale della Confederazione, Presidente federale, Coordinatore federale, Presidente del Congresso e Commissari dei Dipartimento del Congresso
Ore 18:00
Si da inizio alla votazione
Ore 18:30
Sfoglio e conteggio del voto a cura dei membri della Commissione elettorale dell’assemblea
Ore 19:00
Il Segretario pro tempore dell’assemblea dà lettura degli eletti a maggioranza dell’assemblea e chiama ciascun eletto per la conferma e l’accettazione dell’incarico, invitando per ultimo il Presidente del Congresso del Sud
Ore 19:20
Intervento del Presidente del Congresso del Sud
Ore 19:40
Intervento del Coordinatore federale della Confederazione Sud
Ore 20:00
Conclude i lavori il Presidente federale della Confederazione Sud
Domenica 20 Giugno 2010
Ore 10:30 – 12:30
Assemblea straordinaria con il Presidente federale della Confederazione Sud Euromediterranea al quale partecipano i dirigenti della Confederazione nonché il Presidente del Congresso del Sud, l’Ufficio di presidenza ed i Commissari dei Dipartimenti
martedì 15 giugno 2010
Resoconto intervento Balia del P. del Sud al Convegno del 12/06 sul tema della decrescita: "Il Meridionalismo e la decrescita"
Ricevo e posto l'intervento di Andrea Balia, Coord. Campania del Partito del Sud, al convegno del 12/06 a Napoli presso la Mostra d'Oltremare, sul tema della "decrescita" e di come questa può essere vista in chiave "meridionalista".
Complimenti ad Andrea per l'intervento e la sua infaticabile opera di diffusione delle nostre idee, del nostro nuovo modo di intendere il meridionalismo (non solo verità storiche...) e della sua capacità di attirare consensi in aree per troppo tempo (ingiustamente) inesplorate!
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L'affollato convegno, con la presenza di molti giovani, è stato caratterizzato dal veemente ed applaudito intervento del missionario Padre Alex Zanotelli, dal coinvolgente discorso dell'arch.tto Riccardo Dalisi con il suo lavoro assieme ai bambini di strada e con i piccoli artigiani e da altri ottimi interventi. Unica nota un pò fuori tiro il soporifero e politichese discorso del senatore Massimo Villone del PD.
Riportiamo il nostro contributo che, oltre ad aver molto incuriosito, ha ricevuto consensi, complimenti ed applausi:
"Il Meridionalismo e la decrescita"
“Non tutti mi conoscono, mi ripresento: sono Andrea Balìa e mi ritrovo qui come meridionalista. Al convegno ci sarei stato comunque lo stesso, interessandomi da oltre 25 anni di design come consulente marketing e agente di aziende italiane ed estere di design, e in qualità di Membro del Consiglio Direttivo della delegazione territoriale di ADI Campania.
Mi è stato chiesto però un intervento in qualità di meridionalista. Di meridionalismo mi interesso altresì da circa 20 anni, e l’approccio è stato inizialmente motivato dalla curiosità, poi dalla passione per diventare ormai da circa 3 anni un impegno culturale, ma oggi più di tutto concretamente politico e costituire almeno il 50% del mio impegno in termini di tempo dedicato.
Non per strumentale propaganda ma per puro spirito informativo: sono Dirigente Nazionale e Responsabile Regionale Campania del Partito del Sud. Vi tranquillizzo subito : non quello paventato, minacciato, “taroccato” dei Lombardo, Miccichè, Dell’Utri, che sono stati diffamati e minacciati di querele a usare questa sigla registrata, che è nata nel 2007, e con la quale governiamo il Comune di Gaeta (dopo aver vinto col 57% di consensi), e essendo presenti in 10 regioni con referenti e iscritti, con un sito ufficiale e 4 blog.
Già…ma cosa c’entra il meridionalismo con il tema della decrescita?
C’entra perché innanzitutto credo che ogni fenomeno, idea culturale, e che investa anche l’economia, non possa essere sganciato dal territorio, dai luoghi, in genere dalla politica.
La decrescita, come ormai i più sanno, partendo dalle tesi del professore francese di economia Latouche mette in discussione il concetto della crescita (o quella ritenuta tale) legato alla produttività in costante aumento, al livello dei consumi da – non solo mantenere – ma accrescere, alla globalizzazione in economia, alla forsennata ricerca di nuovi mercati, di merci e uomini in perenne circolazione, al sinergico movimento (talvolta fasullo e virtuale) di denaro, ad una finanza spregiudicata, il tutto per rincorrere l’attuazione di questo progetto, sogno o follia economica.
Il Meridione del nostro paese è il risultato in termini politici ed economici di una storia ben precisa.
Una storia che, dopo sette secoli d’autonomia, di cultura, di primati documentati in tutte le discipline scientifiche ed artistiche, ci ha portati a diventare una colonia tra le più degradate d’Europa. Non sto qui a tediarvi sul come ciò è avvenuto, sulle rapine, gli eccidi, gli espropri, e il menzognero racconto che ha privato il Sud, ancor prima e più dei beni materiali, di una memoria storica che molti di noi con grande fatica tentano di diffondere perché i meridionali se ne riapproprino. Basta studiare con più attenzione, leggere un poco in più, scovare negli archivi (anche quelli di Stato), riscoprire scritti di gente come Gramsci, Alianello, lo stesso Pasolini, e perfino tra le cose che scrive Erri De Luca per entrare bene nel problema.
L’Italia non è certo al di fuori di un procedere economico che si è detto prima. E tanto più il meridione, che, per le ragioni storiche accennate, è all’interno di questo paese ancor più vittima di ciò che la decrescita non condivide. Siamo un comodo mercato di consumo interno per le merci del Nord. E lo siamo, dovendo mantenere i loro ritmi, ma essendo più poveri, producendo poco o nulla, e con possibilità economiche più limitate. Il che, se non fosse drammaticamente reale, sarebbe addirittura ridicolo.
Cosa fare? Massimo Fini, fautore della decrescita, parla di autarchia europea, per fare intendere che se il vecchio continente imparasse ad essere più autosufficiente, non sarebbe vittima dell’invasione eccessiva di merci cinesi, giapponesi, americane con il consequenziale eccesso di proposta alimentando oltre misura il circolo vizioso del consumismo sfrenato. Ebbene anche il Sud quando era autonomo fu tacciato con esagerazione di perseguire una politica economica autarchica, che altro non era che un’attenzione a preservare l’autoproduzione sulle reali necessità del paese, con una calibrata politica d’esportazione, al di fuori di chimere e d’un surplus incontrollabile.
Tra l’altro con un’attenzione all’ambiente: vedi primo esempio di raccolta differenziata dei rifiuti, e di politica eco sostenibile con il divieto sulle pesca “a traino”, in difesa della fauna ittica e salvaguardia dei fondali, “contro l’avidità dei pescatori e della committenza sul pescato”!
Talmente saggia come politica che portò quello che allora era il Regno delle Due Sicilie, al di fuori delle fandonie della storiografia ufficiale scritta dai vincitori (come sempre succede), ad essere premiato nel 1856 alla Conferenza Internazionale degli Stati di Parigi (un po’ l’Onu dell’epoca) come 3°, dico terzo, paese al mondo in economia e sviluppo industriale e a possedere i 2 terzi del monte capitale in soldi degli stati preunitari. Ovvero portammo alle casse del neonascente Stato italiano 443 milioni di ducati su un totale di poco più di seicento (gli altri stati messi assieme non arrivavano alla metà della nostra ricchezza). Vi prego, se ne avete voglia di verificare la veridicità di ciò leggendo Francesco Saverio Nitti.
Il che fa accapponare la pelle se pensiamo al Sud di oggi, e smentisce teorie lombrosiane, rinverdite da rigurgiti leghisti (una volta si diceva “la Cina è vicina”, oggi lo si può tranquillamente sostituire con “la Lega è alle porte”), per cui siamo stati sempre poveri, incapaci, mariuoli e sfaticati. La storia racconta altro, non è questo il nostro DNA, o almeno è improbabile si sia improvvisamente modificato nell’ultimo secolo e mezzo.
Una cosa di certo è cambiata : da zero emigrazione, siamo stati capaci di far emigrare in questo lasso di tempo circa 30 milioni di persone meridionali.
Tornando al design, circa dieci anni fa, assieme a due amici architetti, decisi di mettere su una agenzia denominata Design Connection, con la quale iniziai a promuovere designers meridionali al mondo produttivo del design del nord. Ricorderanno gli amici Riccardo Dalisi ed Annibale Oste che fui portatore e mediatore dei loro primi progetti di design presso aziende cosiddette padane.
Pur non rinnegando un’interessante esperienza, ebbene, oggi non lo farei più.
Il Sud deve imparare o ricordare di sapere e potere autoprodurre, accettando e recuperando le proprie peculiarità tecnologiche e un metodo ed un approccio filosofico legato ad un’economia più local e meno global e ad uno stile di vita saggiamente ritagliato, questo sì, sul proprio DNA. Dobbiamo togliere alla lentezza il marchio del disvalore, noi siamo portatori del pensiero meridiano (come così ben esplicitato da Franco Cassano nel suo libro dall’omonimo titolo) che è anche capacita d’ascolto, di riflessione e contemplazione, di rifiuto d’un surplus materiale inutile. Il Sud è l’infanzia del mondo, e noi pur non rifiutando di diventare grandi non vogliamo e dobbiamo perdere la poetica alla radice del nostro essere.
Quindi rinnegando il ruolo di vittima e colonia sacrificale ad un’economia che ha il PIL come suo Dio e la corsa ai numeri senza fine e senza morale.
Ma tutto ciò non è, secondo la nostra visione e consapevolezza, possibile attuarlo con questa partitocrazia istituzionale, che è la prova provata del disastro del Sud. Occorre una nuova classe dirigente frutto d’una grande alternativa politica meridionale, che, memore della sua storia e ispirandosi ai migliori concetti del socialismo coniugati ad altri del mondo liberale (come da tesi e scritti del nostro maestro di meridionalismo prof. Nicola Zitara), finalmente copra l’assenza di rappresentatività politica del Sud, che, fatte salve singole ma non incidenti eccezioni, non è di certo colmata dagli attuali politici meridionali presenti nello scenario istituzionale e dalle formazioni politiche in cui alloggiano.
Questo dicono i fatti e non di certo le chiacchiere.
Grazie.
Andrea Balìa
Fonte: Blog Partito del Sud - Napoli
lunedì 14 giugno 2010
Gaeta come Wounded Knee...le bugie risorimentali sono ancora smentite dal blog di Beppe Grillo!
Ancora una volta ringranziamo Beppe Grillo ed il suo Blog che parla delle bugie risorgimentali e degli eccidi commessi dai "fratelli d'Italia" piemontesi, come ad esempio l'assedio di Gaeta...quando ci sarà anche per noi un film come "Balla coi lupi?", un monumento alle centinaia di migliaia di meridionali eccidiati tra il 1860 ed il 1870, una targa a Gaeta o a Pontelandolfo come gli americani hanno fatto (giustamente e finalmente dopo anni di oblio!) a Wounded Knee per ricordare l'eccidio dei pellerossa???
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Il 29 dicembre 1890 a Wounded Knee, come tutti sanno o potrebbero sapere, è avvenuto l'eccidio di 300 Lakota Sioux, donne e bambini, da parte dell'esercito degli Stati Uniti d'America. Trent'anni prima, nel 1860, a Gaeta, come quasi nessuno sa né è tenuto a sapere, fu compiuto un altro eccidio, in cui morirono migliaia di civili, donne e bambini, da parte dell'esercito sabaudo. Centinaia di migliaia di persone perirono nel Regno delle Due Sicilie durante e dopo la guerra di occupazione. Gaeta fu l'epilogo della guerra. Mentre il Governo degli Stati Uniti assegnò ai Lakota delle riserve, i Savoia espropriarono Gaeta che è, ancora oggi, quasi interamente territorio demaniale, dello Stato. La celebrazione dell'Unità d'Italia è una farsa se non si ricordano le sue origini. Senza la memoria del passato non può esistere un futuro per l'Italia. Cosa vuol dire essere italiano per chi non conosce neppure la propria Storia?
Intervista a Antonio Raimondi, sindaco di Gaeta, Antonio Ciano, saggista risorgimentale e Luca Ciardi, storico.
La fine di un regno
Antonio Raimondi, sindaco di Gaeta: "A Gaeta finisce un regno, il Regno delle Due Sicilie, più che nascere il Regno d’Italia finisce il Regno delle Due Sicilie. Già questo se mi è consentito ribalta la visione delle cose, la storia del Risorgimento è una storia raccontata soltanto da parte dei vincitori i grandi personaggi sono Garibaldi, Mazzini, Cavour e altri ancora, Vittorio Emanuele II, abbiamo in tante piazze d’Italia i corsi principali sono dedicati a questi personaggi, in particolare a Vittorio Emanuele II lo troviamo a cavallo in molte piazze e strade d’Italia.Però sembra che Francesco II fosse un reuccio, tant’è vero che lo chiamavano “Franceschiello”, ma in maniera affettuosa lo chiamavano in questo modo, re Ferdinando II era anche lui un re poco di buono. Nella storiografia dell’Ottocento sembra che i Borboni siano una casata di serie b, abbiamo subito 17 assedi e quindi non uno, 17 assedi però il più terribile, il più malvagio, il più veramente inumano è stato proprio quello compiuto dai piemontesi, compiuto dalle forze dal generale Cialdini, ma il comandante supremo era Vittorio Emanuele II. Perché a Teano Garibaldi dice “Obbedisco,” ma obbedisco a cosa? A una domanda o meglio a un'affermazione di Vittorio Emanuele II molto perentoria, Vittorio Emanuele II dice a Garibaldi “Generale, le sue truppe sono stanche le faccia riposare” e Garibaldi risponde – aveva capito – “Obbedisco”. E quindi Garibaldi si ritira, le Camice rosse si ritirano e prende in mano la situazione il Re in prima persona Vittorio Emanuele II, quindi è il Re Savoia che viene a assediare Gaeta, l’assedia dal 5 novembre in cui le porte della città si chiudono e comincia ufficialmente l’assedio fino al 13 febbraio. Quindi dal 1860 al 1861 per oltre tre mesi e otto giorni Gaeta è sotto un fuoco incredibile di bombe."
Una foiba dimenticata
Antonio Ciano, saggista risorgimentale: "Un cannoneggiamento barbaro verso la città che ha causato 5 mila morti di cui 867 borboni, 41 piemontesi ma il resto erano tutti civili massacrati dalle bombe che erano rifugiate chi nelle case e chi nei camminamenti di questa fortezza, ma sono morti 4 mila gaetani. Ma soprattutto dopo l’assedio quando si è conclusa con un armistizio il 13 febbraio l’assedio ebbene lì in quella zona vicino le scuole medie c’era una piramide tronca, lì hanno fucilato 2 mila gaetani, 2 mila contadini che venivano ritenuti briganti, foiba che è stata scoperta nel 1960 quando stavano costruendo quella chiesa. Nessuno ricorda le nostre foibe, noi ricorderemo i nostri morti."
A. Raimondi: "Sono circa 160 mila i proiettili che arrivano sulla città, qui ci sono varie interpretazioni, c’è chi dice che sono 120 mila ma stiamo parlando sempre di un numero esagerato di proiettili, ma attenzione questi proiettili non venivano scagliati solo sulle batterie e quindi sulle mura dove c’erano i soldati, cominciò con quell’assedio forse il primo bombardamento sui civili."
Luca Ciardi, storico gaetano: "In realtà è una vicenda veramente tragica in cui più di tutti sono colpiti gli abitanti della città delle mura e fuori le mura, lei pensi che in cinque ore Cialdini obbliga, mi pare il 19 novembre, a evacuare il borgo, la popolazione lascia il borgo portando pochissima roba e si disperde nemmeno nelle campagne di Gaeta perché c’è l’esercito Piemontese che sta organizzandosi con le batterie e si porta verso Formia, verso Itri, verso i centri del circondario di Gaeta. E il vantaggio a priori dell’esercito piemontese è la presenza di questi cannoni rigati ideati dal Generale Cavalli, che danno la possibilità di sparare da circa 4 chilometri e mezzo e quindi di essere al di fuori dei cannoni borbonici. I Piemontesi conducono una guerra a distanza, a parte alcune sortite da ambo le parti, è una guerra di cannonate in cui la prevalenza dei cannoni rigati dimostra la forza da parte dell’esercito Piemontese. Questo assedio cosa ha messo in evidenza? La forza brutale dell’esercito cialdinesco perché Cavour voleva al più presto che si chiudesse la vicenda e si cancellasse la memoria borbonica, poiché Gaeta ospitava il re e la regina, nel corso dell’assedio bisogna dire che l’esercito è fedelissimo a Francesco II tanto che gli storici sia borbonici o agnostici – per dire una frase non comune! – hanno considerato l’assedio di Gaeta il riscatto dell’esercito borbonico di fronte ai rovesci avuti da Calatafimi in poi. Le mura di Gaeta hanno assistito a questa vicenda non comune perché bombardare una città dal 12 novembre al 13 febbraio, anche se ci sono stati periodi di stasi, senza aiuto dall’esterno è un momento certamente negativo che ancora una volta ha sofferto Gaeta e successivamente tutti i danni terrificanti che noi abbiamo subito non sono stati mai pagati dallo Stato unitario, che avrebbe dovuto in un certo senso dare valenza a questa vicenda."
I Savoia paghino i danni
A. Ciano: "Abbiamo dato mandato a un legale che sta studiando come poter portare avanti questa causa nei confronti dei Savoia per questo risarcimento, un risarcimento di 220 milioni di Euro potrebbe sembrare una assurdità, non lo è per esempio negli Stati Uniti con il maxi risarcimento che gli Stati Uniti d’America hanno dovuto dare alle tribù degli indiani per esempio per fatti accaduti ben prima del 1861. Tale cifra è frutto dei danni, attenzione non fatta da noi gaetani ma fatta niente popò di meno che dal Principe di Carignano cugino del Re Vittorio Emanuele II che si trovava qui a Gaeta, venne a fare una missione di perlustrazione subito dopo la caduta e il decurionato di Gaeta, il sindaco di allora aveva visto i danni materiali in particolare senza contare quelli morali ma soprattutto i materiali e erano di un milione e 47 mila lire circa. Il Principe di Carignano disse che effettivamente la città aveva subito tali danni che quella richiesta era assolutamente accettabile di 1 milione e 47 mila lire, abbiamo fatto tramite la Banca d’Italia una rivalutazione e arriviamo a 220 milioni di Euro odierni. Al di là dei 220 milioni noi vorremmo una cosa di fondo, noi vorremmo che i Savoia chiedessero scusa alla città di Gaeta per il barbaro assedio che hanno compiuto tra il 1860 e il 1861 e chiedendo scusa a Gaeta chiederebbero scusa a tutto il Sud, a tutto il Meridione. Gaeta è io credo l’emblema del Sud, non a caso ce l’hanno fatta pagare dopo demanializzando praticamente tutto, noi oggi viviamo in una città dove possiamo governare soltanto un pezzo di questa città essendo quasi tutta, almeno le cose principali di questa città, le aree principali sono demaniali. Noi vorremmo anche questo gesto perché non dimentichiamoci, i Savoia sono stati quelli non sono dell’assedio di Gaeta ma non dimentichiamoci che i Savoia sono stati quelli che hanno permesso a Mussolini di diventare Presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele III ha dato a Mussolini l’incarico di governo. I Savoia sono stati quelli che hanno firmato le leggi razziali nel 1938, un’altra macchia io credo indelebile nella loro esistenza e purtroppo anche nella vita del nostro paese. Ci siamo quasi equiparati al nazismo di Hitler."
Festeggiare 150 di menzogne
Blog: "Da tutte queste celebrazioni per il centocinquantenario Gaeta sembra comunque esclusa?"
L. Ciardi: "Esatto, questo è gravissimo e non grave, sia se le vogliamo vedere dalla parte borbonica sia dalla parte opposta risorgimentale. Gaeta con un tratto di penna è stata cancellata, non ho capito chi è stato l’ideatore, il promulgatore però resta un fatto: possiamo dire che per il centenario dell’Unità d’Italia Gaeta ha avuto una sua vicenda importante e basta guardare i giornali del 20 febbraio del 1961, contestualmente le celebrazioni si fecero a Gaeta in una giornata e a Torino. A Gaeta c’era il Presidente del consiglio, a Torino c’era il Ministro degli Esteri, Segni era a Torino, Fanfani era a Gaeta: 19 febbraio 1961. Perché purtroppo, non per essere antipiemontese, ma anche in questa vicenda il Piemonte è capofila di una celebrazione concentrata a Torino, basti vedere gli inserti pubblicitari dei giornali tutti i giorni, oggi come oggi purtroppo il Risorgimento è malvisto perché, come disse Fanfani “non è una madre per il sud ma una matrigna”. Giovanni Minoli sta pubblicando in Dvd la Storia d’Italia, ebbene mi ha detto una persona che ha comprato questi dvd dell’assedio di Gaeta non c’è nemmeno una parola!
Il Corriere della sera presenta “La Storia d’Italia, di Giovanni Minoli”. 150 anni di filmati, documenti, interviste per conoscere l’Italia che eravamo e che siamo. In edicola solo con il Corriere della sera.
Io dico una cosa che è in continuo, non c’è una parola e questo è brutto segno perché se non vogliamo schierarci pro o contro i borboni almeno dobbiamo rievocare l’avvenimento.
Blog: "Secondo lei c’è un interesse a cancellare la storia di Gaeta o è un caso?"
L. Ciardi: "Gaeta rientra nella vicenda che il passato può essere scomodo per tante persone e quindi se noi non la ricordiamo facciamo il piacere a tanta gente!"
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Il 29 dicembre 1890 a Wounded Knee, come tutti sanno o potrebbero sapere, è avvenuto l'eccidio di 300 Lakota Sioux, donne e bambini, da parte dell'esercito degli Stati Uniti d'America. Trent'anni prima, nel 1860, a Gaeta, come quasi nessuno sa né è tenuto a sapere, fu compiuto un altro eccidio, in cui morirono migliaia di civili, donne e bambini, da parte dell'esercito sabaudo. Centinaia di migliaia di persone perirono nel Regno delle Due Sicilie durante e dopo la guerra di occupazione. Gaeta fu l'epilogo della guerra. Mentre il Governo degli Stati Uniti assegnò ai Lakota delle riserve, i Savoia espropriarono Gaeta che è, ancora oggi, quasi interamente territorio demaniale, dello Stato. La celebrazione dell'Unità d'Italia è una farsa se non si ricordano le sue origini. Senza la memoria del passato non può esistere un futuro per l'Italia. Cosa vuol dire essere italiano per chi non conosce neppure la propria Storia?
Intervista a Antonio Raimondi, sindaco di Gaeta, Antonio Ciano, saggista risorgimentale e Luca Ciardi, storico.
La fine di un regno
Antonio Raimondi, sindaco di Gaeta: "A Gaeta finisce un regno, il Regno delle Due Sicilie, più che nascere il Regno d’Italia finisce il Regno delle Due Sicilie. Già questo se mi è consentito ribalta la visione delle cose, la storia del Risorgimento è una storia raccontata soltanto da parte dei vincitori i grandi personaggi sono Garibaldi, Mazzini, Cavour e altri ancora, Vittorio Emanuele II, abbiamo in tante piazze d’Italia i corsi principali sono dedicati a questi personaggi, in particolare a Vittorio Emanuele II lo troviamo a cavallo in molte piazze e strade d’Italia.Però sembra che Francesco II fosse un reuccio, tant’è vero che lo chiamavano “Franceschiello”, ma in maniera affettuosa lo chiamavano in questo modo, re Ferdinando II era anche lui un re poco di buono. Nella storiografia dell’Ottocento sembra che i Borboni siano una casata di serie b, abbiamo subito 17 assedi e quindi non uno, 17 assedi però il più terribile, il più malvagio, il più veramente inumano è stato proprio quello compiuto dai piemontesi, compiuto dalle forze dal generale Cialdini, ma il comandante supremo era Vittorio Emanuele II. Perché a Teano Garibaldi dice “Obbedisco,” ma obbedisco a cosa? A una domanda o meglio a un'affermazione di Vittorio Emanuele II molto perentoria, Vittorio Emanuele II dice a Garibaldi “Generale, le sue truppe sono stanche le faccia riposare” e Garibaldi risponde – aveva capito – “Obbedisco”. E quindi Garibaldi si ritira, le Camice rosse si ritirano e prende in mano la situazione il Re in prima persona Vittorio Emanuele II, quindi è il Re Savoia che viene a assediare Gaeta, l’assedia dal 5 novembre in cui le porte della città si chiudono e comincia ufficialmente l’assedio fino al 13 febbraio. Quindi dal 1860 al 1861 per oltre tre mesi e otto giorni Gaeta è sotto un fuoco incredibile di bombe."
Una foiba dimenticata
Antonio Ciano, saggista risorgimentale: "Un cannoneggiamento barbaro verso la città che ha causato 5 mila morti di cui 867 borboni, 41 piemontesi ma il resto erano tutti civili massacrati dalle bombe che erano rifugiate chi nelle case e chi nei camminamenti di questa fortezza, ma sono morti 4 mila gaetani. Ma soprattutto dopo l’assedio quando si è conclusa con un armistizio il 13 febbraio l’assedio ebbene lì in quella zona vicino le scuole medie c’era una piramide tronca, lì hanno fucilato 2 mila gaetani, 2 mila contadini che venivano ritenuti briganti, foiba che è stata scoperta nel 1960 quando stavano costruendo quella chiesa. Nessuno ricorda le nostre foibe, noi ricorderemo i nostri morti."
A. Raimondi: "Sono circa 160 mila i proiettili che arrivano sulla città, qui ci sono varie interpretazioni, c’è chi dice che sono 120 mila ma stiamo parlando sempre di un numero esagerato di proiettili, ma attenzione questi proiettili non venivano scagliati solo sulle batterie e quindi sulle mura dove c’erano i soldati, cominciò con quell’assedio forse il primo bombardamento sui civili."
Luca Ciardi, storico gaetano: "In realtà è una vicenda veramente tragica in cui più di tutti sono colpiti gli abitanti della città delle mura e fuori le mura, lei pensi che in cinque ore Cialdini obbliga, mi pare il 19 novembre, a evacuare il borgo, la popolazione lascia il borgo portando pochissima roba e si disperde nemmeno nelle campagne di Gaeta perché c’è l’esercito Piemontese che sta organizzandosi con le batterie e si porta verso Formia, verso Itri, verso i centri del circondario di Gaeta. E il vantaggio a priori dell’esercito piemontese è la presenza di questi cannoni rigati ideati dal Generale Cavalli, che danno la possibilità di sparare da circa 4 chilometri e mezzo e quindi di essere al di fuori dei cannoni borbonici. I Piemontesi conducono una guerra a distanza, a parte alcune sortite da ambo le parti, è una guerra di cannonate in cui la prevalenza dei cannoni rigati dimostra la forza da parte dell’esercito Piemontese. Questo assedio cosa ha messo in evidenza? La forza brutale dell’esercito cialdinesco perché Cavour voleva al più presto che si chiudesse la vicenda e si cancellasse la memoria borbonica, poiché Gaeta ospitava il re e la regina, nel corso dell’assedio bisogna dire che l’esercito è fedelissimo a Francesco II tanto che gli storici sia borbonici o agnostici – per dire una frase non comune! – hanno considerato l’assedio di Gaeta il riscatto dell’esercito borbonico di fronte ai rovesci avuti da Calatafimi in poi. Le mura di Gaeta hanno assistito a questa vicenda non comune perché bombardare una città dal 12 novembre al 13 febbraio, anche se ci sono stati periodi di stasi, senza aiuto dall’esterno è un momento certamente negativo che ancora una volta ha sofferto Gaeta e successivamente tutti i danni terrificanti che noi abbiamo subito non sono stati mai pagati dallo Stato unitario, che avrebbe dovuto in un certo senso dare valenza a questa vicenda."
I Savoia paghino i danni
A. Ciano: "Abbiamo dato mandato a un legale che sta studiando come poter portare avanti questa causa nei confronti dei Savoia per questo risarcimento, un risarcimento di 220 milioni di Euro potrebbe sembrare una assurdità, non lo è per esempio negli Stati Uniti con il maxi risarcimento che gli Stati Uniti d’America hanno dovuto dare alle tribù degli indiani per esempio per fatti accaduti ben prima del 1861. Tale cifra è frutto dei danni, attenzione non fatta da noi gaetani ma fatta niente popò di meno che dal Principe di Carignano cugino del Re Vittorio Emanuele II che si trovava qui a Gaeta, venne a fare una missione di perlustrazione subito dopo la caduta e il decurionato di Gaeta, il sindaco di allora aveva visto i danni materiali in particolare senza contare quelli morali ma soprattutto i materiali e erano di un milione e 47 mila lire circa. Il Principe di Carignano disse che effettivamente la città aveva subito tali danni che quella richiesta era assolutamente accettabile di 1 milione e 47 mila lire, abbiamo fatto tramite la Banca d’Italia una rivalutazione e arriviamo a 220 milioni di Euro odierni. Al di là dei 220 milioni noi vorremmo una cosa di fondo, noi vorremmo che i Savoia chiedessero scusa alla città di Gaeta per il barbaro assedio che hanno compiuto tra il 1860 e il 1861 e chiedendo scusa a Gaeta chiederebbero scusa a tutto il Sud, a tutto il Meridione. Gaeta è io credo l’emblema del Sud, non a caso ce l’hanno fatta pagare dopo demanializzando praticamente tutto, noi oggi viviamo in una città dove possiamo governare soltanto un pezzo di questa città essendo quasi tutta, almeno le cose principali di questa città, le aree principali sono demaniali. Noi vorremmo anche questo gesto perché non dimentichiamoci, i Savoia sono stati quelli non sono dell’assedio di Gaeta ma non dimentichiamoci che i Savoia sono stati quelli che hanno permesso a Mussolini di diventare Presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele III ha dato a Mussolini l’incarico di governo. I Savoia sono stati quelli che hanno firmato le leggi razziali nel 1938, un’altra macchia io credo indelebile nella loro esistenza e purtroppo anche nella vita del nostro paese. Ci siamo quasi equiparati al nazismo di Hitler."
Festeggiare 150 di menzogne
Blog: "Da tutte queste celebrazioni per il centocinquantenario Gaeta sembra comunque esclusa?"
L. Ciardi: "Esatto, questo è gravissimo e non grave, sia se le vogliamo vedere dalla parte borbonica sia dalla parte opposta risorgimentale. Gaeta con un tratto di penna è stata cancellata, non ho capito chi è stato l’ideatore, il promulgatore però resta un fatto: possiamo dire che per il centenario dell’Unità d’Italia Gaeta ha avuto una sua vicenda importante e basta guardare i giornali del 20 febbraio del 1961, contestualmente le celebrazioni si fecero a Gaeta in una giornata e a Torino. A Gaeta c’era il Presidente del consiglio, a Torino c’era il Ministro degli Esteri, Segni era a Torino, Fanfani era a Gaeta: 19 febbraio 1961. Perché purtroppo, non per essere antipiemontese, ma anche in questa vicenda il Piemonte è capofila di una celebrazione concentrata a Torino, basti vedere gli inserti pubblicitari dei giornali tutti i giorni, oggi come oggi purtroppo il Risorgimento è malvisto perché, come disse Fanfani “non è una madre per il sud ma una matrigna”. Giovanni Minoli sta pubblicando in Dvd la Storia d’Italia, ebbene mi ha detto una persona che ha comprato questi dvd dell’assedio di Gaeta non c’è nemmeno una parola!
Il Corriere della sera presenta “La Storia d’Italia, di Giovanni Minoli”. 150 anni di filmati, documenti, interviste per conoscere l’Italia che eravamo e che siamo. In edicola solo con il Corriere della sera.
Io dico una cosa che è in continuo, non c’è una parola e questo è brutto segno perché se non vogliamo schierarci pro o contro i borboni almeno dobbiamo rievocare l’avvenimento.
Blog: "Secondo lei c’è un interesse a cancellare la storia di Gaeta o è un caso?"
L. Ciardi: "Gaeta rientra nella vicenda che il passato può essere scomodo per tante persone e quindi se noi non la ricordiamo facciamo il piacere a tanta gente!"
Registrato il nuovo Statuto 2010 del Partito del Sud...e nuova sezione a Grosseto!
Il 9 giugno e' stato registrato all'Agenzia delle Entrate di Roma il nuovo Statuto 2010 del Partito del Sud, registrazione n° 6435 Serie 3 presso Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale I Roma, Uff. Territoriale di Roma 2 Aurelio.
Inoltre abbiamo una nuova sezione ed un nuovo referente per la Provincia di Grosseto, anche in Toscana avremo il nostro presidio ed il nostro gruppo di "briganti"!
Altri passi avanti insieme al tesseramento che prosegue in tutt'Italia...fatti non chiacchiere!!!
Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
PARTITO DEL SUD
venerdì 11 giugno 2010
Convegno a Napoli con partecipazione A. Balia del Partito del Sud
10/20 Giugno 2010 Design in Mostra, Mostra d'Oltremare - Napoli Padiglione America Latina EXHIBITIONS, DESIGN DISCUSSIONS
Dopo la IV edizione della manifestazione DESIGN in MOSTRA, organizzata da IDEAS, Dipartimento di Industrial Design, Ambiente e Storia della Seconda Università degli Studi di Napoli con l'ADI, Associazione per il Disegno Industriale - Delegazione Territoriale Adi Campania, l'Api - Associazione Piccole Medie Industrie di Napoli, il nuovo programma prevede dibattiti e mostre che animeranno le sale del Padiglione America Latina della Mostra d'Oltremare di Napoli.
Il Design nel panorama contemporaneo individua visioni completamente differenti dagli orizzonti delineati dalla modernità: scarsità di risorse e diversi modelli produttivi dettati dalla globalità impongono un ripensamento complessivo del "fare", della società e dei suoi stli di vita.
Design in Mostra affronta, a varie scale, gli scenari della decrescita e le possibili strategie da intraprendere per delineare scenari sostenibili.
12/06/2010 Mostra d'Oltremare Napoli - Padiglione America Latina
ore 10,00 - Convegno: IL DESIGN DELLA DECRESCITA
a cura di ADI Campania con il Patrocinio della Fondazione Mezzogiorno Europa
CLAUDIO GAMBARDELLA Presidente ADI Campania- II° Univ. Studi di Napoli
MAURIZIO PALLANTE saggista
ALEX ZANOTELLI missionario comboniano
ANDREA BALIA meridionalista - Coord. Campania Partito del Sud
RICCARDO DALISI designer
VIRGINIA GANGEMI Presidente Ist. Naz. di Bioarchitettura/Napoli
PATRIZIA RANZO Seconda Univ. degli Studi di Napoli
CINTYA CONCARI e ROBERTO MARCATTI "H2O Nuovi scenari per la sopravvivenza"
MASSIMO VILLONE Fondazione Mezzogiorno Europa
Prima del Convegno sarà proiettato il film, prodotto da Luigi e Aurelio De Laurentiis (2009) "LATTA E CAFE', Riccardo Dalisi e il teatro della decrescita" regia di Antonello Matarazzo.
Dopo la IV edizione della manifestazione DESIGN in MOSTRA, organizzata da IDEAS, Dipartimento di Industrial Design, Ambiente e Storia della Seconda Università degli Studi di Napoli con l'ADI, Associazione per il Disegno Industriale - Delegazione Territoriale Adi Campania, l'Api - Associazione Piccole Medie Industrie di Napoli, il nuovo programma prevede dibattiti e mostre che animeranno le sale del Padiglione America Latina della Mostra d'Oltremare di Napoli.
Il Design nel panorama contemporaneo individua visioni completamente differenti dagli orizzonti delineati dalla modernità: scarsità di risorse e diversi modelli produttivi dettati dalla globalità impongono un ripensamento complessivo del "fare", della società e dei suoi stli di vita.
Design in Mostra affronta, a varie scale, gli scenari della decrescita e le possibili strategie da intraprendere per delineare scenari sostenibili.
12/06/2010 Mostra d'Oltremare Napoli - Padiglione America Latina
ore 10,00 - Convegno: IL DESIGN DELLA DECRESCITA
a cura di ADI Campania con il Patrocinio della Fondazione Mezzogiorno Europa
CLAUDIO GAMBARDELLA Presidente ADI Campania- II° Univ. Studi di Napoli
MAURIZIO PALLANTE saggista
ALEX ZANOTELLI missionario comboniano
ANDREA BALIA meridionalista - Coord. Campania Partito del Sud
RICCARDO DALISI designer
VIRGINIA GANGEMI Presidente Ist. Naz. di Bioarchitettura/Napoli
PATRIZIA RANZO Seconda Univ. degli Studi di Napoli
CINTYA CONCARI e ROBERTO MARCATTI "H2O Nuovi scenari per la sopravvivenza"
MASSIMO VILLONE Fondazione Mezzogiorno Europa
Prima del Convegno sarà proiettato il film, prodotto da Luigi e Aurelio De Laurentiis (2009) "LATTA E CAFE', Riccardo Dalisi e il teatro della decrescita" regia di Antonello Matarazzo.
giovedì 10 giugno 2010
BRIGANTI VI CHIEDIAMO IL PERMESSO....
Il Partito del Sud da il benvenuto alla delegazione di Briganti che interverrà a Gaeta il 19 giugno alla 1^Conferenza programmatica della Confederazione Sud Euromediterranea!
Fonte: Gruppo Facebook Briganti
Cari Briganti,
è venuto il momento di dirvi qual è l’ iniziativa che faremo insieme.
Il 19 giugno a Gaeta ci sarà la prima conferenza programmatica della prima federazione meridionalista della storia, la Confederazione Sud Euromediterranea .
Il Brigante Lucano e Il Brigante Rianese (all’anagrafe Valerio e Nico) andranno a Gaeta e porteranno le 12 proposte emerse nella NOSTRA PAGINA in questi mesi.
Le porteremo a nome del POPOLO DEI BRIGANTI , a nome di tutti noi, questo sarà il primo atto della nostra azione di lotta, dobbiamo far capire alle associazioni meridionaliste che c’è un POPOLO che non ha più voglia di chiacchiere, non vuole più giochetti ma vuole FATTI CONCRETI .
Da adesso fino al 17 giugno commentate e migliorate le 12 proposte, ovviamente non aggiungetene altre altrimenti facciamo un romanzo, ma focalizziamoci su queste e miglioriamole al meglio.
QUINDI SERVONO TUTTI I BRIGANTI per fare un lavoro eccellente!!!
Al termine Valerio e Nico le rilegheranno e le porteranno al Congresso consegnandole al Presidente, mentre una copia semplice la consegneranno agli altri membri delle varie associazioni.
Ma non solo, PARLERANNO DI FRONTE ALL’ ASSEBLEA a nome dei BRIGANTI .
Porteranno anche una bandiera che abbiamo creato, LA NOSTRA BANDIERA , la bandiera del popolo dei briganti!!
ATTENZIONE : i Briganti stanno per invadere Gaeta!!!!
Per questo vi chiediamo LA DELEGA E IL PERMESSO a nome di tutti voi per fare tutto ciò.
ORA MIGLIORIAMO AL MEGLIO LE 12 RICHIESTE DEL POPOLO DEI BRIGANTI
1. Diffusione delle verità storiche sul risorgimento. Sviluppo della cultura in qualsiasi modo si manifesti poiché è la nostra forza maggiore.
2. Comprare solo prodotti made in Sud e sensibilizzare chi ancora non lo fa e impegnarci a far crescere la nostra economia per far si che i nostri figli non emigrino più. Sensibilizzare i produttori a collaborare, sensibilizzare lo sviluppo dell’agricoltura. Puntare all'agricoltura come una ricchezza, valorizzarla non come tradizione ma come nuova svolta.
3. Contrastare con ogni mezzo le discriminazioni e le offese e i soprusi contro i meridionali, che siano giornali, tv, partiti politici o pennivendoli di regime.
4. Partecipare a tutte le manifestazioni che riguardano il SUD, fuoriuscire dal web e coinvolgere media nazionali alla causa meridionalista.
5. Contrastare la costruzione dei centrali nucleari nelle nostre regioni e ogni altra forma che degrada e rovina il nostro territorio. Sviluppare forme di energia alternative per essere indipendenti energeticamente.
6. Riprenderci la nostra autonomia.
7. Abbiamo tante bellezze naturali al Sud che ci invidiano in tutto il mondo,sfruttiamole per incentivare il turismo che in questo momento può essere il maggiore gettito per una ripresa della nostra economia.
8. Liberiamoci di tutta questa classe dirigente locale e centrale che da decenni ci sta distruggendo. Loro non amano il Sud,e l'hanno dimostrato, e sostituiamola con gente capace ed onesta.
9. Nessuna alleanza con i partiti nazionali che per 150 anni hanno distrutto il Sud.Coinvolgere il popolo nelle decisioni mediante referendum.
10. Dire basta alle mafie, combatterle ovunque.
11. Denunciare quello che non va nella nostra terra.
12. Trovare punti fermi e di aggregazione (unità dei gruppi meridionalisti).
« E intorno a noi il timore e la complicità di un popolo. Quel popolo che disprezzato da regi funzionari ed infidi piemontesi sentiva forte sulla pelle che a noi era negato ogni diritto, anche la dignità di uomini. E chi poteva vendicarli se non noi, accomunati dallo stesso destino? Cafoni anche noi, non più disposti a chinare il capo. Calpestati, come l'erba dagli zoccoli dei cavalli, calpestati ci vendicammo. Molti, molti si illusero di poterci usare per le rivoluzioni. Le loro rivoluzioni. Ma libertà non è cambiare padrone. Non è parola vana ed astratta. È dire senza timore, È MIO, e sentire forte il possesso di qualcosa, a cominciare dall'anima. È vivere di ciò che si ama. Vento forte ed impetuoso, in ogni generazione rinasce. Così è stato, e così sempre sarà...CARMINE CROCCO»
Gaeta resiste ancora!!! Il Comune di Gaeta con Raimondi e Ciano dedica una strada ad Angela Romano (anni 9) fucilata dai piemontesi nel 1862
Ricevo da Antonio Ciano e posto:
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La commissione per la Toponomastica di Gaeta, questa mattina, alle ore 13, ha intitolato una strada ad Angela Romano di anni nove, fucilata dal criminale piemontese Col. Quintini, che già aveva operato crudeli repressioni nel Continente. Abbiamo intitolato anche una strada ad Antonio Orsolino di anni 12, fucilato per brigantaggio; inoltre abbiamo intitolato una strada a Giovanni Cortegiani, fucilato a Fano dai fascisti.
La proposta sarà approvata dalla Giunta come da legge.
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Angelina Romano, nove anni; Antonio Colucci, 16 anni, Antonio Orsolino, 12 anni,fucilati dai piemontesi.
Angelina Romano, nove anni, fucilata a Castellammare del Golfo in Provincia di Trapani, pare che l'autore di detto scempio sia stato il colonnello Quintini, noto per aver fatto fucilare altre centinaia di meridionali e plutimedagliato per questo. Poi abbiamo il caso di Antonio Colucci, fucilato all'età di 16 anni; e poi ancora Antonio Orsolino, di 12 anni, condannato alla fucilazione per brigantaggio. Don Paolo Capobianco, prete di Gaeta morto alla veneranda età di 99 anni, ci raccontava di un pastorello fucilato a Monte Sant'Agata, collina di Gaeta. Il ragazzo, pare avesse solo 8 anni, e fu fucilato perchè trovato con scarpe per lui grandi, ma piemontesi. Le aveva tolto dai piedi di qualche soldato morto. Cercheremo di onorarli. A gaeta domani si riunisce la commisisone per la Toponomastica, vorremmo intitolare loro una strada.
I tribunali di guerra dei Savoia.
I bravi piemontesi misero subito in azione quello che da mesi era già preventivato: misero in stato di assedio tutte le province del Mezzogiorno continentale ad eccezione di quelle di Teramo, Reggio Calabria, Napoli, Bari e Terra d’ Otranto già abbondantemente massacrate dall’esercito sabaudo. Il ministro della Guerra istituì Tribunali di guerra a Potenza, a Foggia, ad Avellino, a Caserta, a Campobasso, a Gaeta, a L’Aquila, a Cosenza che si aggiungevano a quelli di Bari, di Catanzaro, di Chieti e di Salerno. Il comportamento dei giudici militari di quei tribunali è stato a dir poco spregevole, orripilante: gli assassinii venivano legalizzati da un ufficiale facente le funzioni di giudice; le condanne a morte furono tante, tantissime, a volte anche senza processo. Quegli ufficiali mettevano a verbale solo qualche processo intentato dalla giustizia ordinaria, gli altri no.
Pasquale Stanislao Mancini, qualche anno più tardi affermò di volersi astenere dal meglio precisare le critiche verso quei tribunali di guerra, per non essere costretto “ a fare rivelazioni, di cui l’Europa dovrebbe inorridire”( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli, Milano, 1983, pag 287)
Alcuni deputati meridionali, accortisi dell’inganno piemontese, accortisi che i governanti erano i veri esecutori di assassinii perpretati ai danni della gente del Sud, fecero le loro rimostranze alla Camera, ma era ormai tardi. Riferisce il Molfese:”è certo che la procedura seguita nei giudizi militari lasciò molto a desiderare ...Luigi Minervini , nel giugno del 1864, affermò alla Camera cose molto gravi...dichiarò di possedere tutti gli estremi, che del resto erano ben noti al ministro della guerra. Nei verbali dei dibattimenti, in generale risultavano soltanto le generalità dei testi a carico o a discarico, ma non le loro deposizioni. Erano stati condannati a morte colla fucilazione individui volontariamente presentatisi, minorenni non catturati in conflitto, individui non punibili per brigantaggio ma soltanto per reati comuni...mogli di briganti condannate ai ferri a vita...fanciulle inferiori ai 12 anni, figlie di briganti avevano subito condanne di 10 o 15 anni...”( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, feltrinelli editore, Milano, 1983, pag 287)
Secondo i dati ufficiali resi noti da Petitti di Roreto, tra l’agosto del 1863 e il 31 dicembre del 1865 i tribunali militari giudicarono 10.666 persone di cui 2.901 nel 1863; 4.523 nel 1864; 3.242 nel 1865. Sempre secondo Petitti furono condannate 2.118 persone, ne furono rimesse ad altra giurisdizione 1.686, decedute in carcere 123, assolte 6.739. Dei 697 assolti del 1863, 270 vennero rimessi alle giunte per il domicilio coatto. Delle 1035 condanne del 1865, secondo i dati ufficiali, 55 furono a morte, 83 ai lavori forzati a vita, 567 ai lavori forzati a tempo, 2 alla reclusione militare, 306 alla reclusione ordinaria, 22 al carcere.( Franco Molfese, Storia del Brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 289)
Ma per lo più gli imputati o presunti tali non arrivavano mai al cospetto di un tribunale, venivano infoibati vivi, fucilati o uccisi per tentata fuga. Un vero massacro.
Ciò ci è confermato anche dal Molfese a pag 291 del suo lavoro: “...quanti furono gli arrestati per la legge Pica? È praticamente impossibile stabilirlo. Le cifre di fonte governativa fornite alla Camera dalla commissione incaricata...sono ridicolmente esigue: 179 briganti e 941 manutengoli ...a dicembre del 1863...”.
Cifre smentite dalla stampa e dalle notizie che penetravano nelle redazioni dei giornali. Il 24 ottobre del 1863 Giornale Officiale di Napoli annunciò che erano stati arrestati 34 sindaci, 61 magistrati e 80 ufficiali della guardia nazionale e secondo il Roma, soltanto nel Salernitano, fra l’agosto ed il novembre del 1863 erano stati arrestati 51 comandanti della guardia nazionale su un totale di 159 comuni. Nella sola Basilicata, nei soli primi sei mesi dell’applicazione della legge Pica vennero effettuati 2.400 arresti; di questi ben 375 uomini e 140 donne furono inviati al domicilio coatto. Luigi Dragonetti scrisse a Silvio Spaventa che nella provincia dell’Aquila, ormai generalmente poco infestata dai briganti, erano stati arrestati 400 manutengoli. Si parlò di 12.000 arrestati e deportati. Nel settembre del 1863 erano già un migliaio gli inviati al domicilio coatto nelle isole dell’Elba, Gorgona, Capraia e Giglio.(Franco Molfese, Storia del Brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 291)
47.700 carcerati, 15.665 fucilati in un anno
Lo storico e patriota Giacinto De Sivo ci fa sapere che durante il 1861, sotto il governo piemontese i misfatti quintuplicarono. Napoli, ormai diventata una delle 24 province meridionali, ebbe 4300 reati di sangue, con i Borbone mai erano arrivati a mille. Il deputato Ricciardi, il 27 giugno del 1862 disse in Parlamento che i carcerati, nella sola parte continentale dell’ex Regno delle Due Sicilie erano 47.700 e i fucilati furono 15.665.(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Potenza, Vol.II, pag.492)
... non lascia punto
Il Tribunale di Guerra di Caserta processò per “ connivenza”la signora Maria Saveria Parente, di San Giovanni di Ceppaloni, in provincia di Benevento, di 52 anni, madre di sette figli; il 13 giugno del 1864 la condannarono a sette anni di carcere duro per aver fatto dormire nella sua stalla un suo compaesano, tale Carmine Porcaro, noto brigante del luogo. Costui, in una sera piovosa si era a lei presentato vestito da frate ricevendo accoglienza anche perchè irriconoscibile per colpa del buio e della pioggia.
La Parente, tramite l’avvocato fiscale, ricorse avverso la condanna alla Corte d’Appello di Torino col risultato di vedersi confermare dai signori magistrati torinesi la condanna di primo grado. Maria Saveria li scontò tutti. “Considerato in ordine alla competenza che il titolo del reato dianzi specificato di cui era la Parente imputata - recita la motivazione dei giudici - e per cui veniva condannata, non lascia punto dubitare che ai sensi della legge 7 febbraio 1864...rigetta il ricorso della Maria Saveria Parente...”. La Parente era stata arrestata nel dicembre del 1863, quindi avrebbe dovuto essere giudicata secondo le leggi allora in vigore, ma i magistrati torinesi...senza lasciar punto...rigettarono il ricorso della coraggiosa mamma sannita perché una legge del sette febbraio dell’anno seguente prevedeva ciò che non era previsto l’anno precedente.( Archivio Centrale dello Stato, Roma, Tribunali Militari per il brigantaggio, Busta numero 55, fascicolo 735).
Tutte le sentenze sono state fatte in nome di Vittorio Emanuele II. I Savoia sono avvertiti, anche se eredi di quella progenie, potrebbero essere processati per leggi successive a quelle esistenti oggi, o, ieri.
Condannata donna di 88 anni
Donata Caretto, di 88 anni viene arrestata il 14 novembre del 1863 con l’accusa di aver procurato viveri al brigante Nicola Tocci della banda Caruso; il 2 luglio viene processata e condannata a sette anni di reclusione. Sia il tribunale di guerra di Caserta che quello superiore di Torino, che respinse il ricorso della Caretto, non contemplavano l’età di un imputato né la solidarietà cristiana innata delle popolazioni meridionali. Erano gli effetti della Legge Pica, e non solo. (Archivio centrale dello Stato, Roma, Tribunale Militare di Guerra di Caserta, cartella N° 30 Processo N° 153)
Antonio Colucci, 16 anni
A Baiano, il 12 marzo del 1862, fu fucilato Antonio Colucci, un contadinello di 16 anni. Il ragazzo, per evitare uno scontro sul suo terreno coltivato, avvertì i patrioti dell’arrivo della truppa piemontese. Preso e interrogato dai savoiardi raccontò la sua verità. Lo condussero davanti ad un tribunale di guerra che gli inflisse la pena capitale. Otto militi della guardia nazionale furono prescelti per l’esecuzione, fra di essi vi era anche il compare del ragazzo. I colpi dei militi sbagliarono il bersaglio, pensiamo volutamente, non colpirono il contadinello in erba; allora quattro soldati piemontesi, afferrato il ragazzo, senza pietà lo stesero a terra. Il padre del ragazzo, impazzito, fu tradotto in carcere. (Michele Topa, I briganti di Sua Maestà, Editrice Fratelli Fiorentino di Fausto Fiorentino, Napoli.)
Orsolino Antonio, 12 anni, fucilato
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa, dov’è la vittoria, le porga la chioma, che schiava della Padania Iddio non la creò, stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte...
Su! Meridionali! Cantate a squarciagola l’inno nazionale padano; carabinieri, finanzieri, guardie di pubblica sicurezza, calciatori azzurri, su, cantiamolo forte, è l’inno di Mameli!
Quale sentimento provarono i soldati del plotone di esecuzione che fucilarono Antonio Orsolino nato a Casalnuovo Monterotaro di Foggia, pastore ancora in erba, di anni 12 ( dodici), domiciliato a Casalvecchio?
Fu preso sulle montagne tra Arienzo e Santa Maria a Vico il primo settembre del 1863 e giudicato dal tribunale di guerra di Caserta il 2 marzo del 1864 per il reato di brigantaggio secondo gli articoli 596 § 1 e 247 § 1 del Codice Militare.( Archivio Centrale dello Stato, Roma, Tribunale Militare di Guerra di Caserta, Cartella N° 37)
Il ragazzino andò fiero davanti al plotone di esecuzione, certo di imitare i suoi eroi, certo di aver difeso le sue pecore dalle ruberie piemontesi, certo di giocare a briganti e ladri, come si usava nel meridione. Aveva dodici anni! Agli ufficiali che condannarono il ragazzino un giorno dedicheremo una stele, un monumento di marmo bianco con la scritta “ Comandati dai Savoia a fucilare donne e bambini, siamo stati assassini e non soldati.
Tratto dal libro di Antonio Ciano: "Le stragi e gli eccidi dei Savoia - esecutori e mandanti".
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La commissione per la Toponomastica di Gaeta, questa mattina, alle ore 13, ha intitolato una strada ad Angela Romano di anni nove, fucilata dal criminale piemontese Col. Quintini, che già aveva operato crudeli repressioni nel Continente. Abbiamo intitolato anche una strada ad Antonio Orsolino di anni 12, fucilato per brigantaggio; inoltre abbiamo intitolato una strada a Giovanni Cortegiani, fucilato a Fano dai fascisti.
La proposta sarà approvata dalla Giunta come da legge.
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Angelina Romano, nove anni; Antonio Colucci, 16 anni, Antonio Orsolino, 12 anni,fucilati dai piemontesi.
Angelina Romano, nove anni, fucilata a Castellammare del Golfo in Provincia di Trapani, pare che l'autore di detto scempio sia stato il colonnello Quintini, noto per aver fatto fucilare altre centinaia di meridionali e plutimedagliato per questo. Poi abbiamo il caso di Antonio Colucci, fucilato all'età di 16 anni; e poi ancora Antonio Orsolino, di 12 anni, condannato alla fucilazione per brigantaggio. Don Paolo Capobianco, prete di Gaeta morto alla veneranda età di 99 anni, ci raccontava di un pastorello fucilato a Monte Sant'Agata, collina di Gaeta. Il ragazzo, pare avesse solo 8 anni, e fu fucilato perchè trovato con scarpe per lui grandi, ma piemontesi. Le aveva tolto dai piedi di qualche soldato morto. Cercheremo di onorarli. A gaeta domani si riunisce la commisisone per la Toponomastica, vorremmo intitolare loro una strada.
I tribunali di guerra dei Savoia.
I bravi piemontesi misero subito in azione quello che da mesi era già preventivato: misero in stato di assedio tutte le province del Mezzogiorno continentale ad eccezione di quelle di Teramo, Reggio Calabria, Napoli, Bari e Terra d’ Otranto già abbondantemente massacrate dall’esercito sabaudo. Il ministro della Guerra istituì Tribunali di guerra a Potenza, a Foggia, ad Avellino, a Caserta, a Campobasso, a Gaeta, a L’Aquila, a Cosenza che si aggiungevano a quelli di Bari, di Catanzaro, di Chieti e di Salerno. Il comportamento dei giudici militari di quei tribunali è stato a dir poco spregevole, orripilante: gli assassinii venivano legalizzati da un ufficiale facente le funzioni di giudice; le condanne a morte furono tante, tantissime, a volte anche senza processo. Quegli ufficiali mettevano a verbale solo qualche processo intentato dalla giustizia ordinaria, gli altri no.
Pasquale Stanislao Mancini, qualche anno più tardi affermò di volersi astenere dal meglio precisare le critiche verso quei tribunali di guerra, per non essere costretto “ a fare rivelazioni, di cui l’Europa dovrebbe inorridire”( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli, Milano, 1983, pag 287)
Alcuni deputati meridionali, accortisi dell’inganno piemontese, accortisi che i governanti erano i veri esecutori di assassinii perpretati ai danni della gente del Sud, fecero le loro rimostranze alla Camera, ma era ormai tardi. Riferisce il Molfese:”è certo che la procedura seguita nei giudizi militari lasciò molto a desiderare ...Luigi Minervini , nel giugno del 1864, affermò alla Camera cose molto gravi...dichiarò di possedere tutti gli estremi, che del resto erano ben noti al ministro della guerra. Nei verbali dei dibattimenti, in generale risultavano soltanto le generalità dei testi a carico o a discarico, ma non le loro deposizioni. Erano stati condannati a morte colla fucilazione individui volontariamente presentatisi, minorenni non catturati in conflitto, individui non punibili per brigantaggio ma soltanto per reati comuni...mogli di briganti condannate ai ferri a vita...fanciulle inferiori ai 12 anni, figlie di briganti avevano subito condanne di 10 o 15 anni...”( Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, feltrinelli editore, Milano, 1983, pag 287)
Secondo i dati ufficiali resi noti da Petitti di Roreto, tra l’agosto del 1863 e il 31 dicembre del 1865 i tribunali militari giudicarono 10.666 persone di cui 2.901 nel 1863; 4.523 nel 1864; 3.242 nel 1865. Sempre secondo Petitti furono condannate 2.118 persone, ne furono rimesse ad altra giurisdizione 1.686, decedute in carcere 123, assolte 6.739. Dei 697 assolti del 1863, 270 vennero rimessi alle giunte per il domicilio coatto. Delle 1035 condanne del 1865, secondo i dati ufficiali, 55 furono a morte, 83 ai lavori forzati a vita, 567 ai lavori forzati a tempo, 2 alla reclusione militare, 306 alla reclusione ordinaria, 22 al carcere.( Franco Molfese, Storia del Brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 289)
Ma per lo più gli imputati o presunti tali non arrivavano mai al cospetto di un tribunale, venivano infoibati vivi, fucilati o uccisi per tentata fuga. Un vero massacro.
Ciò ci è confermato anche dal Molfese a pag 291 del suo lavoro: “...quanti furono gli arrestati per la legge Pica? È praticamente impossibile stabilirlo. Le cifre di fonte governativa fornite alla Camera dalla commissione incaricata...sono ridicolmente esigue: 179 briganti e 941 manutengoli ...a dicembre del 1863...”.
Cifre smentite dalla stampa e dalle notizie che penetravano nelle redazioni dei giornali. Il 24 ottobre del 1863 Giornale Officiale di Napoli annunciò che erano stati arrestati 34 sindaci, 61 magistrati e 80 ufficiali della guardia nazionale e secondo il Roma, soltanto nel Salernitano, fra l’agosto ed il novembre del 1863 erano stati arrestati 51 comandanti della guardia nazionale su un totale di 159 comuni. Nella sola Basilicata, nei soli primi sei mesi dell’applicazione della legge Pica vennero effettuati 2.400 arresti; di questi ben 375 uomini e 140 donne furono inviati al domicilio coatto. Luigi Dragonetti scrisse a Silvio Spaventa che nella provincia dell’Aquila, ormai generalmente poco infestata dai briganti, erano stati arrestati 400 manutengoli. Si parlò di 12.000 arrestati e deportati. Nel settembre del 1863 erano già un migliaio gli inviati al domicilio coatto nelle isole dell’Elba, Gorgona, Capraia e Giglio.(Franco Molfese, Storia del Brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli Editore, Milano, 1983, pag 291)
47.700 carcerati, 15.665 fucilati in un anno
Lo storico e patriota Giacinto De Sivo ci fa sapere che durante il 1861, sotto il governo piemontese i misfatti quintuplicarono. Napoli, ormai diventata una delle 24 province meridionali, ebbe 4300 reati di sangue, con i Borbone mai erano arrivati a mille. Il deputato Ricciardi, il 27 giugno del 1862 disse in Parlamento che i carcerati, nella sola parte continentale dell’ex Regno delle Due Sicilie erano 47.700 e i fucilati furono 15.665.(Giacinto De Sivo, Storia delle Due Sicilie, Edizioni Brenner, Potenza, Vol.II, pag.492)
... non lascia punto
Il Tribunale di Guerra di Caserta processò per “ connivenza”la signora Maria Saveria Parente, di San Giovanni di Ceppaloni, in provincia di Benevento, di 52 anni, madre di sette figli; il 13 giugno del 1864 la condannarono a sette anni di carcere duro per aver fatto dormire nella sua stalla un suo compaesano, tale Carmine Porcaro, noto brigante del luogo. Costui, in una sera piovosa si era a lei presentato vestito da frate ricevendo accoglienza anche perchè irriconoscibile per colpa del buio e della pioggia.
La Parente, tramite l’avvocato fiscale, ricorse avverso la condanna alla Corte d’Appello di Torino col risultato di vedersi confermare dai signori magistrati torinesi la condanna di primo grado. Maria Saveria li scontò tutti. “Considerato in ordine alla competenza che il titolo del reato dianzi specificato di cui era la Parente imputata - recita la motivazione dei giudici - e per cui veniva condannata, non lascia punto dubitare che ai sensi della legge 7 febbraio 1864...rigetta il ricorso della Maria Saveria Parente...”. La Parente era stata arrestata nel dicembre del 1863, quindi avrebbe dovuto essere giudicata secondo le leggi allora in vigore, ma i magistrati torinesi...senza lasciar punto...rigettarono il ricorso della coraggiosa mamma sannita perché una legge del sette febbraio dell’anno seguente prevedeva ciò che non era previsto l’anno precedente.( Archivio Centrale dello Stato, Roma, Tribunali Militari per il brigantaggio, Busta numero 55, fascicolo 735).
Tutte le sentenze sono state fatte in nome di Vittorio Emanuele II. I Savoia sono avvertiti, anche se eredi di quella progenie, potrebbero essere processati per leggi successive a quelle esistenti oggi, o, ieri.
Condannata donna di 88 anni
Donata Caretto, di 88 anni viene arrestata il 14 novembre del 1863 con l’accusa di aver procurato viveri al brigante Nicola Tocci della banda Caruso; il 2 luglio viene processata e condannata a sette anni di reclusione. Sia il tribunale di guerra di Caserta che quello superiore di Torino, che respinse il ricorso della Caretto, non contemplavano l’età di un imputato né la solidarietà cristiana innata delle popolazioni meridionali. Erano gli effetti della Legge Pica, e non solo. (Archivio centrale dello Stato, Roma, Tribunale Militare di Guerra di Caserta, cartella N° 30 Processo N° 153)
Antonio Colucci, 16 anni
A Baiano, il 12 marzo del 1862, fu fucilato Antonio Colucci, un contadinello di 16 anni. Il ragazzo, per evitare uno scontro sul suo terreno coltivato, avvertì i patrioti dell’arrivo della truppa piemontese. Preso e interrogato dai savoiardi raccontò la sua verità. Lo condussero davanti ad un tribunale di guerra che gli inflisse la pena capitale. Otto militi della guardia nazionale furono prescelti per l’esecuzione, fra di essi vi era anche il compare del ragazzo. I colpi dei militi sbagliarono il bersaglio, pensiamo volutamente, non colpirono il contadinello in erba; allora quattro soldati piemontesi, afferrato il ragazzo, senza pietà lo stesero a terra. Il padre del ragazzo, impazzito, fu tradotto in carcere. (Michele Topa, I briganti di Sua Maestà, Editrice Fratelli Fiorentino di Fausto Fiorentino, Napoli.)
Orsolino Antonio, 12 anni, fucilato
Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa, dov’è la vittoria, le porga la chioma, che schiava della Padania Iddio non la creò, stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte...
Su! Meridionali! Cantate a squarciagola l’inno nazionale padano; carabinieri, finanzieri, guardie di pubblica sicurezza, calciatori azzurri, su, cantiamolo forte, è l’inno di Mameli!
Quale sentimento provarono i soldati del plotone di esecuzione che fucilarono Antonio Orsolino nato a Casalnuovo Monterotaro di Foggia, pastore ancora in erba, di anni 12 ( dodici), domiciliato a Casalvecchio?
Fu preso sulle montagne tra Arienzo e Santa Maria a Vico il primo settembre del 1863 e giudicato dal tribunale di guerra di Caserta il 2 marzo del 1864 per il reato di brigantaggio secondo gli articoli 596 § 1 e 247 § 1 del Codice Militare.( Archivio Centrale dello Stato, Roma, Tribunale Militare di Guerra di Caserta, Cartella N° 37)
Il ragazzino andò fiero davanti al plotone di esecuzione, certo di imitare i suoi eroi, certo di aver difeso le sue pecore dalle ruberie piemontesi, certo di giocare a briganti e ladri, come si usava nel meridione. Aveva dodici anni! Agli ufficiali che condannarono il ragazzino un giorno dedicheremo una stele, un monumento di marmo bianco con la scritta “ Comandati dai Savoia a fucilare donne e bambini, siamo stati assassini e non soldati.
Tratto dal libro di Antonio Ciano: "Le stragi e gli eccidi dei Savoia - esecutori e mandanti".
giovedì 3 giugno 2010
Torna "Il Brigante" in una nuova versione magazine mensile!
Con molta gioia diffondo la notizia del ritorno in edicola de "Il Brigante", storico giornale meridionalista, in una nuova veste grafica completamente rinnovata da "magazine" e con uscite mensili.
In bocca al lupo all'amico Gino Giammarino, col quale ho avuto recentemente l'onore di condividere l'avventura del viaggio e della manifestazione di Torino, e vi giro la sua presentazione del N° 0 con una prefazione di Andrea Balia, Coord. Campania del Partito del Sud.
Anche noi briganti della sezione romana del Partito del Sud, saremo a fianco di Gino per la diffusione de "Il Brigante", dove ci sentivamo, e sono sicuro che continueremo sempre a sentirci"...'a casa nostra!
Enzo Riccio
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Torna nelle edicole mensilmente "il Brigante", cui avemmo l'onore di partecipare al suo varo come capo redattore ormai un decennio fa.
Una nuova, aggressiva ed elegante, veste cartacea da magazine raffinato, ma che non ha perso la sua sostanza indagatrice e accusatoria sui mali del Sud, con una serie d'interviste - in questo nuovo numero "0" - ai movimenti meridionalisti, tra cui anche al sottoscritto per il PARTITO DEL SUD.
Un grazie che ribadisce la fratellanza e la stima per l'impegno infaticabile del nostro amico storico di tante battaglie Gino Giammarino.
Andrea Balìa
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Dieci anni di vita. Incredibile.
Sembrano pochi, e forse rispetto all’eternità lo sono, ma quando mi volto a guardare dietro sono meravigliato io stesso dalla strada che abbiamo fatto, dalla quantità di realtà positive del nostro Sud che siamo riusciti a mettere insieme, dall’entusiasmo trovato in chi, in questi lunghi anni di resistenza, prendeva sempre maggior coscienza della necessità di fare sistema. E dico questo non per il gusto dell’autocelebrazione, mai appartenutoci, ma solo per testimoniarvi la gioia di aver condiviso con altri il proprio cammino, itinerario che partiva del fin troppo diffuso complesso di essere meridionali e dalla rassegnazione per giungere alla liberazione e all’orgoglio. Dal bollino di delinquenti, caffoni, affricani…”briganti”, per l’appunto, alla legittima autodeterminazione di un popolo figlio non di una nebbiosa patacca verde inventata, quanto di un Regno autonomo ed organizzato, certamente con tutti i limiti comuni alle nazioni preunitarie, in forma embrionale di Stato moderno.Chi crede nel Signore sa che nulla succede a caso. E la storia scritta da questa orgogliosa testata racconta di una nascita coetanea alle celebrazioni per il bicentenario della repubblica napoletana del 1799, aprendo un fronte nel conformismo storico imposto dai giacobini grazie al dialogo e ad una onestà intellettuale (e non solo) che tutti oggi ci riconoscono. Cambiammo pelle con il vergognoso rientro in Italia dei Savoia imposto, naturalmente, a una Napoli che seppe sorprendere tutti rovinando la festa ad un casato macchiato del sangue meridionale e che, pure, non sente la necessità di chiederci scusa, oggi per ieri.
Ed eccoci all’oggi, dieci anni dopo e proprio nel ciclone delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario di quell’unità bugiarda d’Italia che, proprio chi avrebbe voluto festeggiare nel nome della retorica mitizzante filo-risorgimentale, vede sbriciolarsi davanti ai propri increduli occhi. Dieci anni dopo siamo noi a dare scacco matto ad una Torino invasa pacificamente, armati solo delle nostre giuste ragioni e rivendicazioni, il libretto rosso di Pino Aprile-Mao in mano, con un moto di Insorgenza Civile. Intanto si moltiplicano le iniziative contro celebrative che mi auguro possano mettersi in connessione ora che una sottile paura s’insinua in questo paese che non riesce a fare i conti con la propria storia né a costruire una propria identità, nonostante (o forse, proprio a causa) l’uso delle continue forzature.Sulle pagine del Corriere della Sera due stimati colleghi, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, hanno scritto di un incontro a Civitella del Tronto tra me e Mario Borghezio descrivendolo come se fosse una trama per “disfare l’Italia”: gli è sfuggito che si trattava, invece, di un confronto tra persone che vorrebbero rifarla meglio ed organizzato -con tanti altri ospiti- grazie alla ferrea volontà di Pucci Cipriani. Fatti che risalgono a ben cinque anni fa ma che vengono (poco) casualmente raccontati, conditi con sapiente ironia, solamente oggi. Se è vero come è vero quello che sosteneva Gandhi (“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.”), beh, allora non c’è che dire: siamo sulla buona strada. Con tutte le peggiori intenzioni di continuare a macinare chilometri. E anni, naturalmente.
Gino Giammarino
Fonte: Il Brigante
Walter Superstar...di A. Ferrillo
Ricevo e posto con condivisione l'articolo su Veltroni e sugli errori della sinistra che ha completamente fallito nella sua missione e nelle sue proposte di alternativa al regime berluscon-padano. L'articolo è dell'amico Angelo Ferrillo dell'Ass. "Terra dei Fuochi", una delle coraggiose espressioni di resistenza meridionale che noi del Partito del Sud invitiamo a sostenere...
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Nonostante il suo addio alla politica, di recente, Walter Veltroni impazza in TV e sulla Stampa.
Ascolto con apprezzamento quello che dice, ma sento il dovere di pubblicare ancora una volta un post sulla sua bacheca, per fare alcune critiche e precisazioni.
Lo ripropongo anche a voi, eccolo di seguito.
Secondo quanto emerge dalle ultime storie giudiziarie, i fatti del '92-'93 furono eventi conclusivi di una strategia terroristico-mafiosa adottata da un "grumo di interessi" politico-finanziari, così come li chiama anche Veltroni, che preparava la strada a una nuova politica e ad un nuovo assetto istituzionale.
Dopo gli ultimi attentati si riportò in Italia quella “pax politica” di cui c’era bisogno, ristabilendo l'ordine pubblico a patto di riscrivere un nuovo assetto sia politico che di "capitali" (finanziario), in cui si suppone, stando alle ipotesi dei processi in corso, che il nuovo soggetto politico in questione fosse stato Forza Italia dell’On. Silvio Berlusconi.
Chiarito questo, quando qualche anno più tardi nel 2003, insieme all'intero entourage della sinistra italiana, l'On. Violante alla Camera si lascia “scappare” queste esatte parole.
Il nesso è questo: per chi fa politica a quei livelli, non c’è bisogno di attendere l’intervento della Magistratura, alcuni fatti bisogna prevenirli a monte!
Se adesso il buon Veltroni e con lui quella sinistra di cui fa parte, la quale grazie a quegli errori ha contribuito a portare al fallimento questa nazione, si presenta all'opinione pubblica e viene a parlarci come se fossero gli ultimi arrivati, o peggio ancora, come i salvatori della patria, beh, allora non ci sto!
Siamo stanchi di essere presi per i fondelli.
Già da allora si sapeva bene cosa ci fosse realmente in gioco, non c’era da attendere certo la Magistratura. La cosa gravissima è che furono fatte delle concessioni e dei compromessi politici senza alcun accordo con la vera base elettorale, consegnando di fatto il paese nelle mani di mafiosi e speculatori di cui ora parla.
Ciò che contesto al buon Veltroni e a quella sinistra di cui è parte, è il fatto che furono commessi errori politici INCOMMENSURABILI, dai quali scaturirono gran parte dei problemi attuali.
Senza andare oltre, e scrivere a chiare lettere tutte le implicazioni che potrebbero esserci… Se costoro (la medesima sinistra, con la faccia e il buon nome di Veltroni) vorrebbero far credere al paese che in sostanza ne prendono atto solo adesso, comportandosi come se fossero gli ultimi arrivati. Credo che questa “gentaglia politica” rappresentino coloro i quali hanno contribuito sostanzialmente a farci precipitare nella “merda”, e ancora peggio, non trovo morale e giusto che si ripropongano ancora come l’alternativa.
Seguo la cronaca tutti i giorni da almeno 20 anni, difficilmente dimentico le cose.
Questa sinistra, Violante, D’Alema, Fassino etc. etc. di cui il sig. Veltroni fa parte, ha fallito in tutto e per tutto. Anzi, la loro responsabilità è doppia, perché hanno distrutto la credibilità della sinistra italiana!
Basta, ora fuori dalle palle.
Ecco come Camorra, Massoneria e parte di quella politica (Bassolino & co.) hanno ridotto la Campania negli ultimi 20 anni. Vedere per credere:
http://www.facebook.com/LaTerraDeiFuochi
Per il bene di questo paese non servono politici leader, bensì “veri cittadini”.
Viva i liberi cittadini! Viva la cittadinanza attiva!
Fonte: "La Terra dei Fuochi" - Angelo Ferrillo
La Nazionale Due Sicilie in semifinale contro la Padania nella Viva Cup 2010 a Gozo!
Ecco la notizia che tutti noi aspettavamo da Gozo, Malta, dove e' in corso di svolgimento il torneo Viva Cup 2010, per le nazioni senza stato appartenenti alla NF Board.
Per la nostra nazionale del Regno delle Due Sicilie, sponsorizzata anche dal Partito del Sud, ecco l'approdo alle semifinali del torneo dove sfiderà la Padania.
Dopo un esordio sfortunato contro il fortissimo Kurdistan, la vittoria contro la Provenza e i risultati delle giornate di ieri e dell'altro ieri...ecco per la Nazionale di Calcio del Regno delle Due Sicilie la semifinale tanto sognata...contro la Padania!
Ricevo e posto con gioia il comunicato ufficiale dal Blog della Nazionale dove ci sono tutti gli aggiornamenti e segnalo anche il bel gruppo nato su Facebook.
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Grazie alla bellissima vittoria contro la Provenza e alla vittoria del Kurdistan contro la Provenza per 3 a 2, la Nazionale del Regno delle Due Sicilie accede alla semifinale di venerdì 4 giugno contro la Nazionale della Padania detentrice del trofeo, in una partita che, prima dell'inizio del mondiale, tutti auspicavamo di poter disputare.
Complimenti quindi a tutti i componenti della nostra squadra ai giocatori, ai tecnici, al Vice Presidente Di Grezia e al Presidente Pagano per l'ottimo risultato raggiunto.
Forza Regno delle Due Sicilie!!! Avanti Sud!!!
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