L’editoriale apparso sul sito de "Il Corriere della Sera" in data 09/06/2011 svela con chiarezza gli interessi di chi sta dietro al Corriere. Interessi che ovviamente non sono allineati con gli interessi della collettività e tanto meno con quelli dei meridionali.
L’editoriale mira ha far prevalere l’opinione che sui due referendum sull’acqua sarebbe saggio votare no.
Per sostenere la sua tesi, l’editorialista fa leva su due punti:
1. costi esorbitanti per garantire a tutti i cittadini il diritto all’acqua
2. alcuni tecnicismi del decreto per cui è chiesta la consultazione.
Relativamente al primo punto penso le cose vadano viste nel loro complesso.
Per esempio è noto che in alcune aree del paese le perdite arrivano addirittura al 50%. Un piano per ammodernare la rete non si autofinanzierebbe (almeno in parte) con la conseguente riduzione delle perdite della rete stessa?
Per quanto riguarda il secondo punto penso che lo spirito del referendum dovrebbe essere quello di fornire una linea guida al governo e non di risolvere semplici tecnicismi legislativi. Per tale attività paghiamo profumatamente i nostri rappresentanti (data la legge elettorale, non rappresentativi).
La questione penso si dovrebbe porre invece più semplicemente nel seguente modo: da un lato l’idea liberista che vede nella gestione pubblica il demonio e vorrebbe mettere nelle mani delle multinazionali la gestione dell’acqua; dall’altra l’idea che l’acqua e la sua gestione non sono alienabili e devono rimanere fuori dai giochi economici e finanziari. Io penso che il 12 e il 13 i cittadini sono chiamati a decidere tra queste due idee.
Un editoriale che vuol definirsi tale quindi dovrebbe argomentare con onestà intellettuale su questo piano. Lasciando al lettore il compito di decidere. Un editoriale che invece prende parte su basi puramente tecnico a due giorni dal referendum non è un editoriale ma un modo per fare terrorismo.
Approfitto anche per fare alcune riflessioni circa le dichiarazioni della Marcegaglia. La quale sempre sul Corriere ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Con una vittoria dei sì ai referendum sull'acqua torneremmo indietro di 20 anni su quel poco che abbiamo fatto in materia di liberalizzazioni e di servizi pubblici locali. Inoltre ci sarebbe una minore possibilità di crescita per il Paese e di creazione di posti di lavoro". È l'opinione del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.
Perché non lo va a dire ai francesi che dopo 25 anni sono ritornati ad una gestione pubblica? E poi che significa che se vince il si, si ritorna indietro di 20 anni? Quali sono i vantaggi per i cittadini italiani derivanti dalle privatizzazioni avvenute in Italia negli ultimi 20 anni? Vogliamo prendere ad esempio le ferrovie? La privatizzazione ha portato ad un sistema ferroviario elitario che ha sacrificato gli investimenti nell’intero mezzogiorno, ha dimenticato lo sviluppo di un sistema integrato al livello regionale, solo per costruire l’alta velocità per una minoranza. La Marcegaglia. è chiaro, si riferisce forse ai benefici derivanti dalle privatizzazioni goduti dagli industriali che lei rappresenta e non ai benefici della collettività.
Per quanto riguarda i posti di lavoro, personalmente ritengo la dichiarazione è priva di ogni fondamento logico. Un piano serio dello stato per garantire un servizio accettabile a tutti i cittadini creerebbe non meno posti di lavoro di quanto ne creerebbe una gestione privata. Perché mai dovrebbe essere il contrario se il lavoro da fare è lo stesso?
Nicola Salerno
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