sabato 25 febbraio 2012

"Lo sviluppo del Sud non è roba da scimmie" di Lino Patruno



di Lino Patruno

Il ministro del Sud, Barca, è venuto in Puglia e ha detto che occorre raddoppiare il numero delle industrie. Già è una notizia. C’è chi continua a sognare un Sud tutto sole e mare, più un buon piatto e un buon vino: fate turismo perché è la vostra vocazione. Non si è mai vista al mondo una economia che si sia sviluppata saltando l’anello dell’industria. Sarebbe come noi umani che, senza l’ultimo anello dell’evoluzione, saremmo ancòra scimmie. E c’è chi continua a farneticare di una Taranto senza l’Ilva, 26 mila famiglie che aprono B&B, un letto e una prima colazione.

Il ministro ha anche detto che per creare industrie è sbagliato invocare, come in passato, incentivi alle imprese. Si danno e poi non si sa che fine facciano. Ha ragione. Meglio migliorare le condizioni di accesso, cioè creare l’ambiente adatto.

Il che vuol dire infrastrutture: materiali (esempio strade), immateriali (esempio banche), sociali (esempio scuole). Barca è venuto in Puglia in aereo. Avesse scelto il treno, lo avremmo trovato imbufalito.

Come si fa ad avere condizioni di accesso se al Sud tagliano appunto i treni? E’ possibile che le Ferrovie non rispondano a nessuno e che continuino a pensare ai profitti infischiandosene della funzione sociale che svolgono? E’ possibile che Bari e Napoli siano lontane come la Luna fra loro, così come 150 anni fa? Allora si decise di lasciarle appunto lontane, nel caso si fossero messe in testa di creare un Sud unito e capace di difendersi dall’abbandono.

Ma condizioni di accesso significa anche altro, come il ministro per primo sa. Significa, ad esempio, giustizia civile meno lenta. Il primo motivo che tiene lontani gli investimenti stranieri dal Sud è proprio il tempo che ci si metterebbe a farsi pagare una cambiale in protesto o a risolvere una vertenza di lavoro: non si può stare cinque anni. E però questo è il Paese in cui, per stessa ammissione di Barca, una delibera Cipe (che riguarda, mettiamo, un’opera pubblica) ci mette otto mesi e 14 passaggi burocratici prima di cominciare a funzionare.

Ma è solo l’inizio della Via Crucis. Poi ci sono i tempi degli appalti e dei maledetti e puntuali ricorsi al Tar. Poi il progetto: preliminare, definitivo, esecutivo (quando non è necessario uno studio di fattibilità prima). Poi il cantiere, che cinque volte su dieci si ferma perché l’impresa non ce la fa (dopo aver fatto la furbata di assicurare un ribasso del 40 per cento sul costo base). Per una media opera, ci vogliono dieci anni. Con i cantieri aperti e mai chiusi, anzi dopo un po’ arrugginiti. Del resto, per aprire una pizzeria ci vogliono una trentina di autorizzazioni.

Insomma, tutto c’è tranne il disco verde o la corsia preferenziale. Ora si assicura un giorno per aprire un cantiere: visti i precedenti, non esageriamo. Perché è vero che, se Steve Job fosse stato da queste parti, al massimo avrebbe fatto l’elettricista. Incredibile Steve: nasce nella contea di Santa Clara, California. Per finanziare, insieme a un amico, l’idea della Apple Computer, lui vende un suo pulmino, l’amico una calcolatrice. La prima sede è un garage dei genitori. Vendono i primi computer sulla carta, solo in base all’idea. L’idea finisce a un industriale il quale, annusata aria di genio, gli dà subito 250 mila dollari. In poco tempo le prime vendite toccano il milione di dollari. In Italia li avrebbero sfrattati dal garage per violazione della licenza edilizia.

Per non parlare, scusate, del mitico articolo 18, quello che impedisce alle imprese con più di quindici dipendenti di licenziare se non c’è giusta causa. E sul quale il Belpaese si sta aggrovigliando da settimane. Senza che nessuno dica che riguarda solo il cinque per cento delle imprese. Senza che nessuno dica che si possono contare le imprese per le quali quell’articolo è un problema. Senza che nessuno dica che se un’impresa vuol crescere, si divide in due (evitando di superare i quindici dipendenti) e il problema è risolto all’italiana. Senza che nessuno dica che in rarissimi casi il licenziato è riassunto anche dopo la sentenza del giudice, perché passa tanto di quel tempo che il licenziato fa altro e l’impresa lo risarcisce. Senza che nessuno dica che l’art. 18 sarebbe il primo caso al mondo in cui per creare lavoro (come si sostiene) si licenzia.

Ma tant’è. La cosa più esaltante è che Barca è venuto in Puglia (diciamo in generale al Sud) e, nonostante tutto, è stato in tre aziende che gli avranno aperto il cuore. Una esporta nel mondo le sue scarpe da lavoro. La seconda disegna per tutto il mondo le mappe ricavate dai satelliti. La terza è di due trentenni che hanno inventato l’aereo superleggero più veloce del mondo: in fibra di carbonio (prima dell’aereo, avevano pensato di usarla per farne palazzi. Come, palazzi in fibra di carbonio? Sì, non lo sapevate?).

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

Nessun commento: