domenica 19 febbraio 2012

Il Generale dei briganti...e la guerra di resistenza

 Pubblico quest'artico dell'amico Zenone dal sito www.eleaml.org condividendo in gran parte l'articolo,  soprattutto sulla pochezza della fiction, ma con alcune precisazioni e considerazioni personali.



E' vero che il brigantaggio fu un fenomeno complesso e variegato, nel quale confluirono vari aspetti e varie "anime"...ci fu sicuramente quella "legittimista", come il Sergente Romano o i tanti soldati borbonici che la combatterono o i pochi nobili che arrivarono dall'estero, come e' vero (per onestà intellettuale bisogna dirlo e non negarlo come dall'altra parte si nega tutto il resto...) che ci fu anche la componente delinquenziale che non fu, come si vuole sempre affermare nella storiografia ufficiale e risorgimentale, quella predominante.
La componente "sociale" del brigantaggio però non può essere assolutamente trascurata...non perché un tema caro ad una certa "sinistra" caro Zenone...ma perché il conflitto tra "cafoni" e "galantuomini" divenne più duro proprio con l'Unità o meglio la "malaunità" d'Italia, con la fine dei demani pubblici e degli usi civici ed il nuovo durissimo regime fiscale, la leva militare molto più pesante...del resto lo dice anche un grande meridionalista e "revionista" che non proveniva propriamente da sinistra come Angelo Manna ed un'altra prova si ha anche con i territori del Regno delle Due Sicilie maggiormente interessati al brigantaggio e poi sottoposti alla vergognosa legge Pica, praticamente quasi tutte le province con l'eccezione delle zone di Napoli, Bari, Reggio Calabria...proprio le zone dove il problema della "terra" era meno importante. Inoltre è noto che proprio Carmine Crocco passò dalle fila dei garibaldini a quelle dei "briganti" con un concetto molto personale della fedeltà alla dinastia dei Borbone delle Due Sicilie, per lui si potrebbe parlare di un napolitano "murattiano" tant'e' vero che entrò subito in disaccordo con Borjes e la rottura definitiva ci fu proprio prima della possibile conquista di Potenza che poi (purtroppo) fallì. 

Secondo me fu una grande rivolta sociale ed anche una guerra civile di resistenza (altrimenti non sarebbe durata 10 anni e non sarebbero stati necessari più di 100.000 soldati per reprimerla...d'accordissimo!) per un nuovo regime che peggiorò le condizioni della classe più povera e che, anche su questo invece sono completamente d'accordo, gettò le basi per una dis-unità d'Italia tra Nord e Sud (odio sinceramente mi pare eccessivo....tranne per poche menti deviate nelle valli padane...), per una "questione meridionale" che ebbe inizio nel 1861 e non prima e che dura ancora ai giorni nostri, con un territorio colonizzato e desertificato sacrificato sempre per la prosperità del resto del paese.

Enzo Riccio

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Il Generale dei Briganti e la Guerra di Resistenza

di Zenone di Elea
RdS, 14 Febbraio 2012
Il Generale dei Briganti e la Guerra di Resistenza di Zenone di Elea  RdS, 14 Febbraio 2012
REGISTA: Paolo Poeti
Filmografia
Ciao nì! (1979)
Senza scampo (miniserie televisiva) (1989)
Amico mio (1993)
Mamma mi si è depresso papà (1996)
Compagni di branco (1996)
Amico Mio 2 (1998)
Il mistero del cortile (1999)
Il rumore dei ricordi (2000)
Cuccioli (2002)
Tutti i sogni del mondo (2003)
Amiche (miniserie televisiva) (2004)
Pompei, ieri, oggi, domani (2007)
Il generale dei briganti (miniserie televisiva) (2012)
Sceneggiatura
Amico mio (1993)
Mamma mi si è depresso papà (1996)
Quello che mi ha fatto incazzare di più ieri sera non è stato tanto la fiction in sé ma il palinsesto della serata, quella collocazione prima del Porta a Porta sulle foibe (dove fra l'altro una storica ha dimostrato la fragilità e la inconsistenza del mito degli “italiani brava gente”).
Come è possibile – lo abbiamo scritto e lo riscriveremo fino alla nausea, se necessario – che si faccia luce su orrori relativamente vicini nel tempo e ci sia una censura persistente su quegli orrori che hanno gettato le fondamenta di uno stato sommamente ingiusto, che tollera ancora un paese scisso in due parti, una ricca e civile  (il Nord) ed una povera e dannata (il Sud).
Il razzismo che impedisce ad un napoletano residente a Venezia di poter liberamente sottoscrivere un contratto con una assicurazione solo perché è nato a Napoli è sì cronaca di questi giorni ma è figlio del cosiddetto risorgimento.
Una sorta di miracolo che vide una penisola divisa da secoli in tanti staterelli unirsi in appena un paio di anni.  Sol perché conveniva all'equilibrio geopolitico del mediterraneo e alle due superpotenze dell'epoca, Inghilterra e Francia.
L'appoggio inglese all'impresa del Garibaldi fece da contraltare all'appoggio francese alla politica cavouriana del carciofo. Poi finimmo per pagare amaramente tutti questi aiuti “disinteressati”, non solamente noi meridionali con la perdita del nostro stato indipendente ma anche come italiani per pagare i debiti contratti dal Piemonte per finanziare la sua politica espansionistica. Alcune banconote della novella Italia si stamparono non solo in Inghilterra ma addirittura negli Stati Uniti.

Ritorniamo però alla fiction. Si chiude con la ovvia scritta del “liberamente tratto”. Fin qui nulla di male, possiamo anche accettare come normale parto della fantasia degli autori la figlia di Crocco col nome di Libera, anche se il ballo fra l'ammanettato generale dei briganti e la sua donna è patetico da tutti i punti di vista.
Quello che però è inaccettabile è la solita riduzione del brigantaggio ad uno scontro fra una manciata di straccioni e delinquenti e i due stati (borbonico e italiano) che si avvicendarono in quegli anni. Il ridurre una guerra di veri e propri partigiani (termine questo che si trova anche in pubblicazioni straniere dell'epoca) ad un problema sociale – tema caro a certa sinistra, sia moderata che rivoluzionaria – ovvero al contrasto fra cafoni e galantuomini è una operazione subdola da contrastare. Lo facemmo anche a Civitella del Tronto, con un ex ufficiale della Nunziatella, contestando un pannello che riportava questa tesi.
Io sono sempre stato propenso a parlare di una guerra civile ma oggi devo convenire con Zitara (per la verità anche egli stesso qualche volta usa il termine guerra civile) che bisogna andare oltre e parlare di GUERRA DI RESISTENZA.
Se gli sceneggiatori del film avessero voluto fare una operazione onesta – come pare abbiano dichiarato in qualche intervista in cui hanno ribadito di essersi documentati – avrebbero dovuto leggere e tener conto anche di opere come quella di Tommaso La Cava, “Analisi politica del brigantaggio attuale nell'Italia meridionale” edito a Napoli nel 1865.
Nella fiction invece il brigantaggio politico viene completamente rimosso e ignorato.
Io pongo agli amici naviganti una banale domanda: se nella prima fase non avessero partecipato alla sollevazione popolare migliaia di ex-soldati borbonici ci sarebbe stato bisogno della Legge Pica? Sarebbe stato necessario impiegare 120mila uomini del neonato esercito italiano più 80mila uomini della Guardia Nazionale? Sarebbe potuto durare un decennio tale scontro?
I problemi di incomprensione reciproca, i luoghi comuni, grumi di odio (bisogna avere il coraggio di usare parole politicamente scorrette anche se ci si riferisce a cittadini di uno stesso stato) fra abitanti del nord e abitanti del sud si sedimentarono in quella lunga e feroce guerra.
Non basteranno né la retorica di Napolitano nè le fiction della Rai a sanare tutto ciò.

Zenone di Elea

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