Letto in rete questo nuovo articolo dell'amico Lino Patruno e condividendolo pienamente, lo pubblico...
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di LINO PATRUNO
Ovviamente, gli arrestati e gli indagati sono alla Regione Lombardia ma la vera corruzione è al Sud. Ultimo episodio: il presidente del Consiglio regionale lombardo, Boni (Lega Nord), indagato per una mazzetta di un milione. Non meraviglia che a dirottarla sul solito Sud sia stato il presidente (anch’egli leghista) della Provincia di Varese. Galli. Meraviglia che vi si sia accodato un galantuomo come l’ex ministro Bondi.
Ma si sa, quando si tratta del Sud, una botta ci sta sempre bene. Per tenerlo sotto pressione. Anzi, dopo averle sputato addosso per una vita, Galli ha aggiunto che la magistratura lombarda è superiore a quella del Sud.
Invece le cifre dicono che, a vent’anni da Tangentopoli, tutti i maggiori scandali politico-finanziari d’Italia sono avvenuti al Nord. Diciamo Centro Nord perché un posto d’onore spetta a Roma.
Si può dire che è naturale, visto che lì ci sono i soldi. Si può dire che è strano, visto che se ci sono i soldi non dovrebbero cercarne altri.
Il fatto è che ora la corruzione ha avuto una evoluzione (o involuzione) della specie: non sistema dei partiti, ma roba da manovalanza dei partiti, singoli componenti che sempre più spesso, più che a finanziare il partito, pensano a comprarsi la villa al mare. Caso più clamoroso, il tesoriere dell’ex Margherita, Lusi: fa sparire 13 milioni (trattasi di 26 miliardi di lire) perché, dice, mi servivano e me li sono presi. Alé.
Chiedere a qualcuno di dimettersi, significa fare giustizialismo. Per ora e come sempre tutti si affannano a pontificare che ci vuole una legge anticorruzione, dopo aver avuto vent’anni per farla.
Anzi dopo che l’ultimo governo l’aveva preparata lasciandola però in un cassetto. Un errore, dice onestamente qualche suo componente di spicco. Un orrore che ci voglia una legge (ancòra eventuale) per impedire che si rubi, anche se non potrà impedire che troppo spesso ci si dia alla politica proprio per rubare. Insomma è tremendo dover affidare una etica nazionale alle (ancòra eventuali) sanzioni.
Così si hanno i sondaggi in base ai quali solo l’8 per cento della popolazione ha fiducia nella politica. Diciamolo senza santificare questa mitica società civile tutta piena di buoni sentimenti. E tutta pronta a dire che il problema in Italia è appunto questa classe politica, come se chi la esprime e chi la vota e chi molte volte la difende provenisse da Marte. I delinquenti non sono isolati, sono solo sfortunati in attesa di riciclaggio, questa la verità. Magari non in parlamento, ma un posto in un consiglio di amministrazione con gettone è sempre pronto. La condanna è sempre “quasi”, mai netta. A cominciare da quella morale.
Ora non facciamo i verginelli: la corruzione c’è in tutto il mondo. Che l’Italia sia fra i primi al mondo, è che siamo sempre i migliori di tutti. C’è soprattutto nei Paesi in cui le regole e le leggi sono più blande, diciamo tutte le repubbliche delle banane di questa Terra. E c’è dove, all’opposto, ci sono regimi autoritari, con la corruzione che si annida indisturbata sotto la dittatura che spadroneggia. Ma non c’è bisogno della dittatura. E’ sufficiente che ci sia Stato dappertutto.
Significa diverse cose. Uno: significa una pubblica amministrazione inefficiente e debordante che, invece di facilitare, impedisce. E più passaggi sono necessari per far andare avanti una pratica, più è probabile che i passaggi debbano essere oliati con qualche bustarella.
Due: significa un peso inaccettabile dell’economia nello Stato, come in Italia. Perché, per dirne una, servizi come i bus o la nettezza urbana devono essere gestiti da politici che poi vanno a caccia di soldi anche per farsi rivotare? O politici che abusano del potere per assumere il nipote, perché corruzione vuol dire anche clientelismo della raccomandazione più che giustizia del merito.
Tre: significa soldi pubblici a pioggia, e qui c’entra il Sud. Con inefficienza e sottosviluppo che permangono. il politico dice: votami e io faccio arrivare i soldi. E se poi i soldi non li fa arrivare (e non assume questa volta tuo nipote) o è incapace o è poco potente o inadempiente, quindi da non rieleggere. Purtroppo questo è stato quasi sempre il meccanismo di selezione della classe politica al Sud. Non i più bravi (o magari i più onesti) ma i più traffichini, nel senso di bravi a destreggiarsi nel traffico dei denari. Non sorprende che il Sud sia dov’è.
Vedremo ora l’evoluzione del caso Boni. Abbiamo fiducia nella magistratura, dicono tutti. Ma sfortunato il Paese che invece di decidere da sé di non peccare si affida al prete o alla magistratura. E poi, perché la politica non fa piazza pulita da sola invece di far fare alla magistratura gridando poi magari alla persecuzione giudiziaria? Perché un Paese al tramonto si vede anche da questo.
Ovviamente, gli arrestati e gli indagati sono alla Regione Lombardia ma la vera corruzione è al Sud. Ultimo episodio: il presidente del Consiglio regionale lombardo, Boni (Lega Nord), indagato per una mazzetta di un milione. Non meraviglia che a dirottarla sul solito Sud sia stato il presidente (anch’egli leghista) della Provincia di Varese. Galli. Meraviglia che vi si sia accodato un galantuomo come l’ex ministro Bondi.
Ma si sa, quando si tratta del Sud, una botta ci sta sempre bene. Per tenerlo sotto pressione. Anzi, dopo averle sputato addosso per una vita, Galli ha aggiunto che la magistratura lombarda è superiore a quella del Sud.
Invece le cifre dicono che, a vent’anni da Tangentopoli, tutti i maggiori scandali politico-finanziari d’Italia sono avvenuti al Nord. Diciamo Centro Nord perché un posto d’onore spetta a Roma.
Si può dire che è naturale, visto che lì ci sono i soldi. Si può dire che è strano, visto che se ci sono i soldi non dovrebbero cercarne altri.
Il fatto è che ora la corruzione ha avuto una evoluzione (o involuzione) della specie: non sistema dei partiti, ma roba da manovalanza dei partiti, singoli componenti che sempre più spesso, più che a finanziare il partito, pensano a comprarsi la villa al mare. Caso più clamoroso, il tesoriere dell’ex Margherita, Lusi: fa sparire 13 milioni (trattasi di 26 miliardi di lire) perché, dice, mi servivano e me li sono presi. Alé.
Chiedere a qualcuno di dimettersi, significa fare giustizialismo. Per ora e come sempre tutti si affannano a pontificare che ci vuole una legge anticorruzione, dopo aver avuto vent’anni per farla.
Anzi dopo che l’ultimo governo l’aveva preparata lasciandola però in un cassetto. Un errore, dice onestamente qualche suo componente di spicco. Un orrore che ci voglia una legge (ancòra eventuale) per impedire che si rubi, anche se non potrà impedire che troppo spesso ci si dia alla politica proprio per rubare. Insomma è tremendo dover affidare una etica nazionale alle (ancòra eventuali) sanzioni.
Così si hanno i sondaggi in base ai quali solo l’8 per cento della popolazione ha fiducia nella politica. Diciamolo senza santificare questa mitica società civile tutta piena di buoni sentimenti. E tutta pronta a dire che il problema in Italia è appunto questa classe politica, come se chi la esprime e chi la vota e chi molte volte la difende provenisse da Marte. I delinquenti non sono isolati, sono solo sfortunati in attesa di riciclaggio, questa la verità. Magari non in parlamento, ma un posto in un consiglio di amministrazione con gettone è sempre pronto. La condanna è sempre “quasi”, mai netta. A cominciare da quella morale.
Ora non facciamo i verginelli: la corruzione c’è in tutto il mondo. Che l’Italia sia fra i primi al mondo, è che siamo sempre i migliori di tutti. C’è soprattutto nei Paesi in cui le regole e le leggi sono più blande, diciamo tutte le repubbliche delle banane di questa Terra. E c’è dove, all’opposto, ci sono regimi autoritari, con la corruzione che si annida indisturbata sotto la dittatura che spadroneggia. Ma non c’è bisogno della dittatura. E’ sufficiente che ci sia Stato dappertutto.
Significa diverse cose. Uno: significa una pubblica amministrazione inefficiente e debordante che, invece di facilitare, impedisce. E più passaggi sono necessari per far andare avanti una pratica, più è probabile che i passaggi debbano essere oliati con qualche bustarella.
Due: significa un peso inaccettabile dell’economia nello Stato, come in Italia. Perché, per dirne una, servizi come i bus o la nettezza urbana devono essere gestiti da politici che poi vanno a caccia di soldi anche per farsi rivotare? O politici che abusano del potere per assumere il nipote, perché corruzione vuol dire anche clientelismo della raccomandazione più che giustizia del merito.
Tre: significa soldi pubblici a pioggia, e qui c’entra il Sud. Con inefficienza e sottosviluppo che permangono. il politico dice: votami e io faccio arrivare i soldi. E se poi i soldi non li fa arrivare (e non assume questa volta tuo nipote) o è incapace o è poco potente o inadempiente, quindi da non rieleggere. Purtroppo questo è stato quasi sempre il meccanismo di selezione della classe politica al Sud. Non i più bravi (o magari i più onesti) ma i più traffichini, nel senso di bravi a destreggiarsi nel traffico dei denari. Non sorprende che il Sud sia dov’è.
Vedremo ora l’evoluzione del caso Boni. Abbiamo fiducia nella magistratura, dicono tutti. Ma sfortunato il Paese che invece di decidere da sé di non peccare si affida al prete o alla magistratura. E poi, perché la politica non fa piazza pulita da sola invece di far fare alla magistratura gridando poi magari alla persecuzione giudiziaria? Perché un Paese al tramonto si vede anche da questo.
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