martedì 19 giugno 2012

"Uscire dall'euro? Signora Maria legga qui" di Lino Patruno


di LINO PATRUNO


Per diventare popolari in questo momento basta dire che l’Italia deve uscire dall’euro. Si aggirano per tv personaggi inquietanti non perché lo dicano, ma perché lo dicono con argomenti tipo: meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine. Comunque spavento mentre la gente vorrebbe serenità. Per la verità ci sono anche le Santanchè che, per fortuna isolate nei loro partiti, invitano a non pagare l’Imu. E invece un sindaco come il leghista Tosi di Verona ribatte: non posso scaricare la responsabilità di violare la legge sui miei cittadini, io non attivo gli uffici per il pagamento e la responsabilità me la prendo io. 

Ma l’euro. Bisognerebbe spiegare che vuol dire uscirne, invece di fare i Robespierre e buttare a mare un intero Paese. Uscirne si può, e ci sono anche piani nel caso ci si finisse. Ma la signora Maria che va al mercato deve conoscerne il prezzo. Anzitutto una svalutazione dei propri soldi fra il 50 e il 30 percento: se un euro vale circa duemila lire, tornare alla lira vuol dire non avere più duemila lire ma mille. Se ho da parte 30 mila euro, cioè circa 60 milioni, con la lira diverranno 30 milioni o poco più. 

Dice: ma ribasseranno anche i prezzi, quindi sarà più o meno lo stesso. Anzitutto nessuno ha mai visto i prezzi ribassare, e di tanto poi. Così il primo rischio è una forte inflazione, quella che appunto le regole dell’euro hanno finora evitato. E figuriamoci l’esplosione della spesa pubblica, che già con le regole dell’euro, invece di diminuire ha continuato allegramente a crescere: 40mila euro al minuto, altrimenti mica l’Italia sarebbe inguaiata com’è. Spesa pubblica, cioè anche tutto ciò per cui mezzo Paese è da galera: sprechi, abusi, privilegi, furti, scandali, auto blu, consulenze, favori, superstipendi. Con i ministeri che oggi spendono la metà dei loro fondi solo per funzionare, non per far funzionare l’Italia. Spesa che non c’entra nulla con quella sociale (sanità, istruzione, scuola, trasporti, sicurezza) che invece ci dà sempre meno ospedali, meno asili, meno scuole proprio perché i soldi che occorrerebbero sono arraffati da una famelica compagnia nazionale di farabutti. 

Ma senza l’euro si potrebbe rilanciare la crescita con investimenti (soprattutto grandi opere) finora sempre promessi e sempre rimandati in attesa di spolparci vivi di tasse. Si può e si dovrebbe fare anche adesso, sia chiaro, sia pure sotto l’occhio attento dell’Europa per non far crescere il debito. Dopo, occorrerebbe stampare moneta che, senza più l’occhio europeo, chissà che carnevale sarebbe. Mentre il debito devi continuare a pagarlo, perché i famosi mercati non sono una roba senza volto, ma, mettiamo, pensionati americani che hanno investito in buoni del tesoro italiani e non vogliono finire a dormire nei giardinetti per colpa nostra. Si può uscire dall’euro, arrivando a un’Europa a due velocità: da una parte la Germania, dall’altra Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e quasi certamente anche Francia. Comunque un danno, perché la Banca europea (con la Germania) non ci aiuterebbe come ora a rimborsare il debito. 

E comunque, si possono capire i tedeschi quando dicono: se non rispettate le regole, non possiamo pagare noi i vostri bagordi. Ma i tedeschi devono fare un po’ meno i tedeschi. E capire anch’essi che non ci sarebbe Germania se non ci fosse l’Eu - ropa: che acquista i suoi prodotti senza poterle fare concorrenza, perché se i loro industriali hanno prestiti dalle loro banche a un tasso quattro volte inferiore a quello degli altri, non c’è partita. E la Germania dovrebbe ricordare che la sua ricostruzione dopo il nazismo l’hanno pagata anche gli altri europei. Insomma alla Germania conviene quell’Europa verso la quale agita sempre il dito minaccioso della signora Merkel. Sembra il Nord verso il Sud d’Italia: ogni anno 50 miliardi delle nostre tasse scendono al Sud, lamenta, ma mai che vada a vedere quanti ne ritornano (con abbondanti interessi) in sue merci comprate dal Sud. E del resto, cosa fu l’Europa? Papale papale, un mezzo per creare una comunità solidale che impedisse quelle guerre che per due volte era stata la Germania a provocare. Strano che la solidarietà vada a farsi benedire proprio quando servirebbe. 

E che quest’Europa smemorata, egoista e mezzacalzetta preferisca perdere mille miliardi se la Grecia uscisse dall’euro quando gliene sarebbero bastati 300 (e in prestito) se l’avesse aiutata quando gli speculatori non sentivano ancòra odore di sangue. E’ la solita Germania che di tanto in tanto si sente così forte da lanciare le sue divisioni contro tutti, non accorgendosi che la potenza che la spazzerebbe avanza dalle parti della Cina, dell’India e della Russia. Ma non scherzano nemmeno i nostri squallidi seminatori di paure che per un voto in più si giocherebbero anche la mamma. 



Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

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