Trent'anni di leghismo sono serviti eccome. Che il "il mezzogiorno non debba più intraprendere" sia uno dei principi ispiratori di questo stato che si inventa nazione solo quando si gioca a pallone, è ormai regola certa.
Dinanzi ai dati di fatto di un mezzogiorno colonia interna, invero in pochi hanno ancora da ridire. Che il sud sia terra di investimenti per alcune aziende settentrionali (che presi bonus e finanziamenti poi scompaiono lasciando disoccupazione) è quasi la norma.
Ma vale il procedimento inverso?
Leggete il disciplinare di gara del bando sulle architetture di servizio di Expo 2015. In particolare pagina 8: laddove si parla dei punteggi da assegnare ai concorrenti, viene riconosciuto come elemento distintivo la proposta di soluzioni “che adottino – è scritto nel testo – materiale a basso impatto ambientale (…) e con provenienza geografica entro i 350 chilometri dal sito dell’Expo Milano 2015”. In parole povere vengono tagliate fuori tutte le aziende meridionali.
La Confindustria di Palermo ha già preparato un esposto all'autorità garante per la concorrenza ed il mercato e alla Commissione europea. “Se ci sarà un ricorso – dice Giorgio Fiore, presidente di Confindustria Campania – noi ci uniremo”. Sulla vicenda, invece, solo una battuta. “A questo punto si potrebbe pensare alla stessa formula anche per gli appalti di opere che devono essere realizzate nel Mezzogiorno d’Italia”. Sì al ricorso pure da Sabino Basso, numero uno di Confindustria Avellino, che parla di “evidente violazione della concorrenza”. Il presidente di Confindustria Benevento, Giuseppe D’Avino, si dice “dispiaciuto per questa logica di doppiopesismo che penalizza le imprese del Sud”. “Parlare di basso impatto ambientale – sostiene Silvio Cola, presidente di Api Napoli – è un’illogicità: l’impatto ambientale va valutato con riferimento al complessivo contenuto della fornitura e non esclusivamente in base alla distanza di essa dal sito e al relativo trasporto. In Campania – aggiunge – ci può essere un produttore che produce quanto richiesto con materiali meno inquinanti rispetto a un altro produttore ubicato a meno di 350 chilometri dal sito. Dunque, la valutazione dell’impatto ambientale va fatta considerando anche i costi di produzione e le caratteristiche del prodotto, non solo il trasporto. Inoltre – chiosa Cola – è impensabile eludere le più basilari norme europee sulla concorrenza e rendere un evento così importante, anche per l’aspetto lavorativo ed economico che comporta, un mercatino rionale dove manca la concorrenza di idee e progetti”. (fonte il Denaro)
Il problema è stato sollevato dall'Assessore allo sviluppo economico del Comune di Napoli, Marco Esposito, con una lettera inviata al commissario europeo per la concorrenza Joaquin Almunia.
Da Romeo ad oggi, poco o nulla è cambiato. V'è la evidente e ferma volontà di tenere aggiogato un popolo senza che possa fare impresa.
«Non dovranno mai essere più in grado di intraprendere»
«Non dovranno mai essere più in grado di intraprendere»
(Carlo Bombrini, Primo governatore della Banca d'Italia)
E se i terroni iniziassero a comprare solo da aziende a km 0?
Fonte: Il Lazzaro - Blog di (CONTRO)Informazione meridionale
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