Ricevo e posto con condivisione quest' articolo degli amici Ivan e Cataldo della sezione di Napoli. Per anni abbiamo detto che serviva stimolare la raccolta differenziata al posto della ricetta fallimentare di discariche ed inceneritori, ovviamente servono gli impianti di compostaggio e tra questi i migliori sono i digestori anaerobici. Quindi se si farà in modo regolare e con la partecipazione ed il coinvolgimento dei cittadini della zona, non possiamo che essere favorevoli....
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di Cataldo Gotano — Responsabile Scientifico e Ambiente
e Ivan Esposito — Vice Coordinatore Provinciale Napoli e Provincia
Progresso, trasparenza e partecipazione democratica
Un digestore anaerobico a Bagnoli. Questa è la scelta dell’Amministrazione de Magistris per contribuire a risolvere, strutturalmente, il problema dei rifiuti di Napoli.
Alcuni si oppongono all’idea ritenendola incompatibile con lo sviluppo turistico dell’area occidentale di Napoli.
Bagnoli, nella loro impostazione, sembra così passare da un sogno ad un altro, del tutto opposto. Lungo tutto il Novecento si era pensato che potesse incarnare lo sviluppo industriale della città. Oggi, che di quella realtà siderurgica e chimica rimangono solo danni ambientali e carcasse industriali dismesse, il mito è il turismo e la sua economia patinata. Se per cent’anni Bagnoli doveva somigliare alla Brianza, oggi rincorriamo la Costa Azzurra.
Un sogno, quello odierno, che richiede di tornare indietro di un secolo e di ripristinare la verginità ecologica della zona. Perciò, niente digestore. Niente colmata. Anche la Città della Scienza, a rigore, dovrebbe andar giù.
Evitiamo le ubriacature ideologiche e proviamo a ragionare su come raggiungere un equilibrio urbanistico e ambientale accettabile. Nell’area metropolitana di Napoli – che si estende ben oltre i confini della città – vivono due milioni di persone, in uno spazio piccolo e quanto mai caotico. Questo spazio invece di aspirare a trasformarsi nel paese delle meraviglie, dovrebbe raggiungere standard di qualità della vita decenti, a cominciare dalla gestione di un ciclo dei rifiuti basato sulla differenziata e non sugli inceneritori.
Bagnoli è, e resterà, un quartiere di una grande città, non assumerà i tratti di un borgo marinari più o meno oleografico. Poiché pezzo di una grande città, Bagnoli deve avere case, servizi pubblici, strutture per il tempo libero e aree produttive orientate a settori non delocalizzabili: cultura, tecnologia, ambiente. In questo quadro, il digestore – a patto che si costruisca con onestà e intelligenza – quasi del tutto mancate in Campania sul tema rifiuti – non è una struttura incompatibile. Può invece rappresentare una concreta realizzazione dopo i tanti annunci che si sono succeduti in questi vent’anni che ci separano dalla dismissione dell’Italsider.
Procediamo per ordine e cerchiamo di capire di cosa si tratta. Come funziona un digestore?
E’ preso detto, se abbiamo a disposizione del materiale organico di qualsiasi provenienza, lo mettiamo a contatto con dei microorganismi in assenza di ossigeno. In queste condizioni i microorganismi sono in grado di sviluppare i loro processi metabolici e quindi di digerire le sostanze organiche messe a loro disposizione. In termini ancor più semplici i nostri microrganismi si cibano delle sostanze organiche (nel nostro caso ‘monnezza’) per fornirci dei sottoprodotti molto interessanti: compost e metano. Le fasi sono semplici, dapprima il materiale organico è pretrattato eliminando eventuali residui di materiale non organico (metalli e plastica) e triturato fino a ottenere un’omogeneità granulometrica. Il materiale, immesso nel digestore, è poi metabolizzato dai batteri anaerobici. La maggior parte degli impianti è a flusso continuo in modo da mantenere costante il volume di materiale organico. La digestione richiede un tempo variabile dai 15 ai 30 giorni se si lavora con batteri mesofili a temperature comprese tra i 20 e i 45 °C, ma si può essere considerevolmente più veloci se si lavorasse con batteri termofili a temperature superiori ai 50 °C.
I prodotti della digestione sono essenzialmente tre: il biogas, il digestato acidogenico e quello metanogenico.
Il biogas è essenzialmente metano che può essere bruciato (tramite motore a scoppio o microturbina) per produrre energia elettrica da sfruttare per la cogenerazione (ovvero per riscaldare i digestori alla giusta temperatura) o da vendere alle compagnie di distribuzione nella rete elettrica. La combustione del biogas è assolutamente poco inquinate trattandosi di gas e non di oli combustibili.
Il digestato acidogenico è composto di lignina e cellulosa, somiglia molto al compost domestico e può essere utilizzato per produrre materiale edile.
Il digestato metanogenico può essere utilizzato come ottimo fertilizzante.
In conclusione, siamo dell’opinione che il progetto dell’amministrazione comunale debba procedere. Il digestore rappresenta un utile servizio per l’intera città. Inoltre la presenza di Città della Scienza e delle imprese ad alto contenuto tecnologico che essa ospita, compongono una sorta di distretto produttivo avanzato. In questo contesto il digestore occuperebbe un posto assolutamente coerente e favorevole ad un sviluppo industriale ecologicamente compatibile collegato al polo universitario scientifico che è localizzato nella stessa area.
D’altro canto quindici anni di gestione a dir poco discutibile della questione rifiuti nel nostro Comune ha eroso la fiducia della cittadinanza nei confronti delle istituzioni. Diventa quindi comprensibile la protesta di chi non crede più alle promesse da marinaio dei politici che si sono avvicendati alla guida della città. L’amministrazione di de Magistris deve quindi trovare gli strumenti per consentire un controllo democratico dello sviluppo del progetto. Il coinvolgimento dei cittadini è peraltro uno dei punti qualificanti di quest’amministrazione. Un semplice strumento come un’area dedicata del sito web del Comune potrebbe rendere trasparenti le fasi di realizzazione del progetto.
Aspettiamo quindi che il digestore sia realizzato con intelligenza e partecipazione democratica.
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