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Intendo sviluppare una riflessione senza pretese scientifiche, fondata su dati geografici e statistici noti e alla portata di tutti e su nozioni empiriche e di buon senso, per cercare di definire una condivisibile nozione di Sud. Riflessione lecita e forse doverosa per chiunque militi all’ombra degli ideali del Partito del Sud.
Tutti noi sappiamo che al Sud c’è molto sole e quindi, istintivamente, ho scritto che i nostri ideali sono protetti dalla tranquillizzante ombra di un partito politico nel quale ci riconosciamo. Un partito che fonda le sue ragioni, le sue rivendicazioni e i suoi programmi in quel nostro magnifico Sud così spesso inondato e scaldato da quel sole che sta alimentando e facendo crescere quel "Fuoco del Sud" raccontato da Lino Patruno.
In Italia siamo poco più di 60 milioni di persone, delle quali quasi 28 vivono al Nord mentre le altre quasi 33 vivono nel Centro-Sud. Nel Centro-Sud vivono anche alcune centinaia di migliaia – forse addirittura un milione – di persone proveniente dal Nord. Mentre invece nel Nord abitano e lavorano oltre 12 milioni di nativi del Sud che si sono trasferiti negli ultimi sessant’anni in cerca di lavoro. E con loro spesso vivono i loro figli e oramai, dopo tanti anni, anche i loro nipoti.
Orbene, se stimassimo, in maniera certamente approssimata per difetto, che solo 12 dei 28 milioni di italiani che abitano al Nord siano napoletani, abruzzesi, molisani, calabresi, pugliesi, lucani e siciliani, ne deriverebbe che il Nord è abitato da 16 milioni di persone native di quelle regioni.
Se così stanno le cose, ne risulta che l'Italia è abitata da 45 milioni di persone (quasi il 75%) che sono originarie del Sud, anche se il 30% circa non ci vive più per essersi trasferito al Nord in cerca di lavoro; e da 16 milioni (poco più' del 25%) che sono originarie del Nord, dove abitano e vivono. Insomma, gli abitanti del paese chiamato Italia sono per tre quarti gente del Sud. Il che conferma quello che ho sempre pensato e che, viaggiando per quasi cinquant’anni per il mondo, ho scoperto essere esattamente quello che gli stranieri, europei e non, pensano di noi. E cioè che l’Italia è Sud. L’Italia è un paese percepito come appartenente fondamentalmente al Sud.
D’altro canto l’Italia fa evidentemente parte del Sud dell’Europa, come la Catalogna, che pure è il Nord della Spagna, e come la Spagna tutta e il Portogallo e la Grecia; ma anche come la Catalogna francese e tutto il restante Sud della Francia. La verità è che senza il suo Sud non ci sarebbe Italia, ci sarebbe un moncone d'Italia e andrebbe a farsi benedire la comprensibile coincidenza fra l'Italia geografica e quella politica. E se pure trionfasse il più becero separatismo leghista e nascesse dal nulla una nuova nazione priva di storia chiamata Padania ubicata nel Nord del paese, ebbene nascerebbe con essa un nuovo paese, ma sarebbe comunque un paese del Sud! Innanzitutto perché pieno di gente del Sud con i loro figli e nipoti e poi perché condannato comunque a godere del privilegio geografico e geopolitico di appartenere al Sud. Pur non meritandoselo.
Ma alla fin fine al Sud di cosa? Dove comincia il Sud e dove finisce? Comincia forse dove stentano le betulle, lì dove cominciano a crescere gli olivi, come poeticamente suggerisce Fernand Braudel raccontando il Mediterraneo? No, io non credo che il Sud al quale pensiamo e del quale sto parlando sia una nozione geografica. Io credo che il Sud, nel cosiddetto immaginario collettivo così come nel mio personale, sia uno spazio culturale scaldato dal sole e dalla conoscenza al quale da sempre tendono, se già non hanno la fortuna di appartenervi, tutti gli uomini.
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Nel 1983, riflettendo su Napoli e sulla unità d’Italia, Fernand Braudel scrisse: “Ma l'errore dell'Unità (d'Italia) risiede probabilmente altrove: nella volontà di costruire ad ogni costo uno Stato centralizzato su un modello francese del quale noi francesi abbiamo tanta difficoltà a disfarci oggi, voltando le spalle a ciò che faceva la sua ricchezza, quella pluralità di città abituate a dominare e guardare lontano.”
Chiaro il riferimento all’Italia degli oltre mille campanili, delle centinaia di città, delle decine di capitali; quell’Italia ricca del patrimonio milionario di differenze geografiche, storiche, economiche, sociali, linguistiche, etniche; ricca di tutte quelle differenze che, tutte insieme, rappresentano quella che potremmo considerare come la nostra identità culturale. Banalizzando, penso al fatto che venti tedeschi insieme si presentano come un gruppo di venti persone mentre venti italiani insieme appaiono piuttosto come venti gruppi, ciascuno di una sola persona. Ma, per converso, i due gruppi sono comunque facilmente identificabili. Quello tedesco per il prevalere degli elementi di omogeneità, nei tratti somatici, negli abiti, nel comportamento. Quello italiano invece e all’opposto, per la disomogeneità evidente, per essere tutti i componenti del gruppo diversamente uguali.
Ma sono sicuro che i tedeschi come gli italiani e come la maggior parte delle genti condividono lo stesso desiderio di Sud, anche se frequentemente sono costretti per conservare o per cercare lavoro a restare o ad andare al Nord.
Giovanni Cutolo - Partito del Sud
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