giovedì 17 maggio 2012

Dalla locomotiva padana...alla locomotiva tedesca!


Trovo abbastanza paradossale la situazione italiana oggi, all'epoca del governo tecnico e della rincorsa ai parametri che "ce li chiede l'Europa". Il Premier Monti ultimamente ha detto che non è che ce lo chiede l'Europa ma a noi conviene la disciplina del rigore e quindi dobbiamo rimanere agganciati alla "locomotiva tedesca", obbedendo ai diktat della Merkel. Conviene a chi???
Ricordo l'eco di discorsi di non molti anni fa, qualcuno ancora ha il coraggio di farli oggi, che al Sud conveniva rimanere agganciati alla locomotiva del Nord ed accontentarsi dello sviluppo prima al Centro-Nord che poi avrebbe "trainato" il resto del paese. Questo il motivo di decenni di politiche economiche sbagliate per il Mezzogiorno, prima del Regno d'Italia e poi della Repubblica con il mito o meglio il dogma che se il benessere arrivava prima al Nord poi arrivava, prima o poi, anche al Sud. Questo fu uno dei motivi, o almeno una delle scusanti, per il quale si decise il decollo dell'industria italiana al Nord con la nascita del famoso triangolo industriale TO-GE-MI alla fine dell' '800 a costo del sacrificio anche dell'agricoltura del Sud con la famosa guerra doganale con la Francia, e questo dopo aver massacrato la nascente industria meridionale, con casi emblematici come Pietrarsa (che al momento dell'unità o meglio della "malaunità" del 1861) era molto più grande ed importante dell'Ansaldo di Genova.
Fu per questo che si continuò a foraggiare l'industria settentrionale nel '900 e solo qualche meridionalista come Nitti o Salvemini denunciò la creazione della "questione meridionale" e dell'inizio del divario Nord-Sud (che prima della malaunità non esisteva e fino al 1880 era rimasto trascurabile vedi il famoso articolo del CNR a cura di Malanima-Daniele sul PIL pro capite del Centro-Nord e del Sud) come inevitabile conseguenza dello sviluppo industriale al Nord e della necessità di un mercato coloniale al Sud. Anche il fascismo non fece nulla per riequilibrare il divario creatosi anzi lo aumentò, nonostante la politica delle grandi opere con alcuni esempi anche al Sud, bonifiche agro pontino e acquedotto pugliese compresi.
Altra beffa nel dopoguerra con i soldi del Piano Marshall spesi al 90% al Nord, con il Sud rimasto quasi all'asciutto nonostante avesse subito i danni più ingenti dai bombardamenti prima degli alleati e poi dei tedeschi in ritirata e la famosa linea Gustav che si spostava verso il nord della penisola.
Solo negli anni '50-'60 e nella prima fase della famigerata Cassa del Mezzogiorno ci fu una diminuizione del divario, con una crescita di cui beneficiò soprattutto il centro-nord, erano gli anni del boom economico italiano, ma anche il Sud che uscì finalmente dalla miseria del dopoguerra. La crisi petrolifera degli anni '70 e la degenerazione della spesa al Sud che divenne in prevalenza clientelare, coi noti meccanismi di frammentazione, di spesa "a pioggia" ed a beneficio assoluto delle aziende settentrionali che venivano a prendere i contributi al Sud, interrompe questa breve parentesi positiva e da allora si ricomincia a parlare di "Sud palla al piede".

Dopo tutti questi anni, quasi a riprova dei corsi e ricorsi di vichiana memoria, la storia sembra ripetersi con l'Italia calata nel ruolo del Sud ed il Nord che assume le sembianze della Germania, con il suo mito di efficienza, etica del lavoro luterana ed il suo dettar legge all'intera Europa, costruzione economica ma non politica...unico paese con un'unica moneta ma con con diverse politiche fiscali e sociali, senza sovranità monetaria e quindi ovviamente destinato a fallire nel medio termine se non si cambia decisamente rotta.

Al Sud non conviene più guardare al Nord commettendo lo stesso errore del passato che lo ha fatto diventare "nord mancato" e "palla al piede", bisogna tornare a guardare al Mediterraneo con le sue sponde africane e medioorientali, lì dov'e' nata la civiltà europea e dove deve per forza rinascere per motivi demografici e di affinità culturali. Basta con il modello capitalista imposto dal Nord, che sia un nord padano o sassone, riprendiamoci la nostra cultura, il nostro tempo, la nostra economia sostenibile ed i nostri modelli.

Concludo quindi con una citazione del "pensiero meridiano" di Franco Cassano che per me è una perfetta sintesi di quello che dovrebbe essere il nuovo pensiero meridionalista che, per il riscatto del Sud, deve proporre un modo di difendere le nostre tradizioni, un nuovo modello di società e di sviluppo, agli antipodi del modello leghista: 

"Occorre ridare al Sud l'antica dignità di soggetto di pensiero, interrompendo una lunga sequenza in cui esso è stato pensato solo da altri....Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integralismi della terra (in primis quello dell'economia e dello sviluppo), quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l'altro diventa difficile e vera. Il pensiero meridiano infatti è nato proprio nel Mediterraneo, sulle coste della Grecia, con l'apertura della cultura greca ai discorsi in contrasto, ai dissoi logoi".


di Enzo Riccio

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1 commento:

Alessandro ha detto...

Sono perfettamente d'accordo con quento scritto. Aggiungere altro è pleonastico!