giovedì 31 maggio 2012

La classe politica meridionale, le amnesie, le presunte derive giacobine…di Andrea Balia


Con l’amico Mino Errico ho sempre la sensazione, più che con altri, che la distanza ci frega… lui a Rimini ed io, pervicacemente attaccato come una cozza alla mia Napoli. Oddio, non del tutto, perché in effetti tra lavoro e politica poi finisco per girare molto: Milano, Bologna, Roma, Mantova, Bari, Caserta ed altre cittadine, ma per una ragione o l’altra a Rimini non ci capito proprio, come lui del resto fa fatica a venire nella capitale del Sud. Il vedersi sarebbe importante per confrontarsi, spiegarsi bene, discutere con calma e tempo davanti, ed il telefono non è la stessa cosa, dopo un po’ ti senti rintronato, non ti guardi negli occhi e né assapori espressioni, umori e quindi non puoi tirarla a lunga e né ne vale la pena. Allora, non per la manìa di fare il puntualizzatore, non resta che scrivere, prender spunto magari da un suo pezzo e tentare di chiarire, farti comprendere, dove possibile sgombrare il campo da equivoci o da convinzioni che ti sembra si radichino creando idee non proprio attinenti a ciò che fai o vuoi esprimere, o per le quali lavori.
Nel suo ultimo pezzo “Se non ora quando”, Zenone di Elea (forse è più giusto chiamarlo con lo pseudonimo che s’è scelto) parla della scarsezza di classe politica meridionale degna di quest’appellativo. Cita i soli Vendola ed Emiliano in Puglia, e la cosa ci trova d’accordo. Il sindaco barese, a parte le pretestuose “cozze pelose” (ne avessero solo di simili problemi la maggior parte dei politici), è persona gioviale, simpatica e disponibile ed abbiamo avuto la fortuna di verificarlo di persona, è, probabilmente il più strutturato e vicino ad ipotesi di meridionalismo maturo. L’altro, Vendola, che conosciamo bene (anche per ragioni non politiche) e con cui abbiamo parlato più d’una volta, è fuor d’ogni dubbio forse il politico d’una spanna abbondante – indipendentemente dal condividere o meno le sue idee – superiore agli altri in tutt’Italia, per spessore culturale, qualità e fascino dell’eloquio e preparazione. Più meridionalista di quello che appare, gli piace dichiararsi non sudista, ma alla fine d’accordo sulle lezioni di Gramsci, Salvemini, Dorso che ci vedono in sintonia. L’abbiamo ascoltato a Capri su di una splendida terrazza 2 anni fa tenere una conferenza di cultura su “Dioniso politico”, dove al termine gli oltre 200 e silenziosi ascoltatori d’una platea molto borghese (visto il luogo), presumibilmente di tutt’altre idee delle sue, si sono alzati all’impiedi applaudendo per più di 10 minuti una dimostrazione di profondità culturale espressa a braccio, senza pause, e con una rara e raffinata capacità di analisi e confronto. Incredibilmente l’amico Zenone rispolvera addirittura il simulacro ormai defunto di don Antonio Bassolino, cita l’improbabile De Luca, più attento al suo percorso che ha nelle mire una poltrona da senatore, decisionista border line in sfregio a norme minime di regole e sicurezza che sta costruendo una bomba su cui è seduto e da cui prima o poi scapperà. E noi del PdSUD,a proposito di “derive” di cui parleremo più avanti, non a caso non lo appoggiammo alle ultime regionali che lo videro poi perdente.
Ebbene, e lo diciamo per spirito non di parte, ci stupisce che Luigi de Magistris sia assente da quest’elenco. Il fatto che oggi a distanza d’un anno dalla sua elezione abbia addirittura accresciuto il gradimento da parte dei napoletani dal 64% al 70%, collocandolo al primo posto tra i sindaci più condivisi d’Italia non basta. Che una lista come la nostra del PdSUD lo abbia sostenuto non lo affranca dall’oblio dell’analisi. Che, a tutt’oggi, tenga fuori dalla porta della sua giunta la partitocrazia evidentemente serve poco. Che venga ad ascoltare “Terroni” di D’Alessandro e Aprile ed intervenga e partecipi all’evento, che sponsorizzi il secondo libro “Giù al Sud” dello stesso Aprile, che condivida con noi e patrocini come Comune la nostra commemorazione di Pietrarsa, che venga al nostro Congresso, che abbia accettato 2 nostri progetti (Per le piazze di Napoli e per Made in Naples) che sono in via di definizione con gli assessori De Falco ed Esposito, che la sua segreteria c’informi quotidianamente su tutto, che ci abbia invitato a tavoli tecnici in comune, che stia per giungere qualche nomina di prestigio per noi (ma ancor prima come esponenti del meridionalismo), che ci aggiorni e accetti il confronto su ipotesi di politica nazionale, evidentemente non lo pone come degno d’attenzione tra gli esponenti presentabili della classe politica meridionale. Dire che sia un meridionalista d.o.c. sarebbe mentire, ma è altrettanto vero che le sue posizioni sono sempre più in quel senso, e la sua esplicitata voglia di capire e d’avvicinarsi alle nostre visioni è notevole, per cui s’è guadagnato ampiamente la citazione fra i presentabili o i nominabili.
Esaurito questo primo passo riteniamo utile soffermarci sulla presunta “deriva giacobina” del Partito del Sud. Orbene, innanzitutto, crediamo (ma qui parliamo di forma e non sostanza) sia giunto forse il tempo di usare terminologie meno desuete; noi pensiamo di non voler restare una “riserva indiana”, come quel popolo che soffrendo quanto e più di noi s'è ridotto e lo hanno ridotto. Parlare ancora di giacobini e termini simili significa, secondo noi, essere rimasti fermi al palo e auto includersi in quella famosa “riserva indiana” che ci trasmetterà ai posteri con le piume in testa e l’arco con le frecce.
Entrando però nella sostanza, e intendendo comunque bene l’accusa dove vada a parare, la contestiamo nel merito e con le spiegazioni del caso. Il Partito del Sud ha scelto di appoggiare nelle amministrative di Napoli Luigi de Magistris, che, pur avendo un’estrazione di sinistra, ha scompaginato gli assetti partitocratici e le vecchie logiche destra/sinistra, tant’è che ha vinto col voto disgiunto di gente che ha votato ad esempio UDC/de Magistris o addirittura PDL/de Magistris. Il suo attuale e invariato tener botta alle richieste di poltrone e assalto al potere comunale da parte dei partiti (PD in testa) ne conferma la bontà della scelta, oltre, come sta dimostrando, d’essere quello più attento comunque ai fermenti del meridionalismo. Ha scelto lui che fossimo noi i partners fra tanti in questo mondo e questo, oltre a gratificarci, denota acume e capacità d’analisi. Il Partito del Sud alle attuali amministrative avrebbe potuto far scelte comode (di cui molti non sanno) a Pozzuoli, Casalnuovo, S. Giorgio a Cremano, Como, Parma, ecc… che gli avrebbero dato poltrone sicure, ma proprio perché non afflitto da “derive giacobine” se n’è guardato. Ha appoggiato a Gaeta la lista di Rimondi (con Ciano), e vorremmo vedere pure che non dovevamo farlo. Se poi il Centrodestra sceglie mafiosi collusi anche nello scandalo del vicino comune di Fondi e il Centrosinistra si compatta su Raimondi non intravediamo dove siano le nostre colpe o sbandamenti di deriva. Lo stesso dicasi a Palermo, dove il giovane Ferrandelli, un po’ sulla falsariga di de Magistris, ha sparigliato i partiti, tant’è che Orlando è risceso in campo per difendere il vecchi status del centrosinistra. A S. Giorgio a Cremano (Na) siamo andati da soli con Aldo Vella contro tutti raccogliendo un ottimo 2,5% e a Moglie (Mantova) – le vadano a far altri presenze meridionaliste al Nord di cui non abbiamo notizie – con un 5,67% in un territorio leghista dove la Lega oggi raccoglie un 5%!
Le grandi ideologie del secolo scorso sono defunte ma i valori no! E quelli del Sud sono inclusivi e non esclusivi, non xenofobi, razzisti, ma di tolleranza, apertura (anche religiosa, attenzione quindi agli iper legittimisti, le vandee, ecc…). Non è colpa nostra se una parte politica accoglie valori per noi incompatibili. Con loro non ci vedrete mai, e non per “deriva giacobina”! E qui andiamo anche alla tanto conclamata dichiarazione coniata da Antonio Ciano “destra e sinistra sono indicazioni stradali”; per noi resta valida, ma onde evitare equivoci, ormai da oltre un anno aggiungiamo “ma mai con la Lega e i suoi alleati”. E se in futuro altri dovesse farlo per noi sarebbero valutati in egual modo! Nonostante ciò il PdSUD non s’appiattisce sull’altro versante, altrimenti saremmo stati presenti in tante altre parti d’Italia a queste ultime amministrative.
Per chiudere condividiamo con Zenone che pseudo autoproclamati parlamenti, nostalgismi, ecc… non portino da nessuna parte, ma diremmo anche pseudo rivoluzioni da tastiera, dichiarazioni altisonanti d’indipendenza non supportate né da numeri, strategie e financo armi! Il Partito del Sud ha iniziato a raccogliere (un paio d’assessori in Italia, commissioni, progetti, ecc..), ad esserci (un po’ su tutto la penisola), ad aprire porte dove si decide, abbandonando percentuali da prefissi telefonici che mortificano e bollano in negativo anche lo sforzo strabico di più movimenti, o pseudo tali, messi insieme con la logica della “riserva” indiana.
Andrea Balìa

Fonte: Eleaml.org

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