Ricevo e posto questo nuovo articolo di Vincenzo Mungo
La grave crisi che si è aperta all’interno dell’Unione Europea a causa
della crescente difficoltà da parte della
Grecia a rispettare le regole relative al bilancio ed al debito pubblico
annuale e complessivo riguardano per
piu’ di un motivo, anche l’Italia
meridionale. Non intendiamo riferirci solo alle questioni di politica eeconomica relative ai riflessi che potrebbe avere il
possibile “default“ di Atene o la sua
uscita dall’euro sui cconti pubblici dei vari Paesi che potrebbero risentire degli attacchi della
speculazione internazionale.
Questi problemi , come è ovvio, riguardano
tutti i Paesi dell’Unione e l’Italia come stato unitario.
Qui intendiamo riferirci alla
polemica esplosa tra Grecia e Germania sulle responsabilità della crisi e sul
modo stesso in cui si deve stare all’interno delle istituzioni
comunitarie. Il governo tedesco guidato
da Angela Merkel è tra i piu’ accesi
fautori di una linea di rigore verso la Grecia. Le istituzioni finanziarie
internazionali e quelle europee hanno chiesto ad Atene di effettuare manovre
economiche, per rispettare i requisiti necessari a restare nella moneta unica,
molto dure che hanno drasticamente ridotto il potere di acquisto di stipendi e
pensioni, aumentato fortemente l’età pensionabile e portato ad aumenti generalizzati delle tasse.
I governi greci degli ultimi anni guidati dai socialisti del Pasok e dai
conservatori di Nuova Democrazia,
accusati tra l’altro di avere
truccato i conti pubblici, hanno per un
certo periodo di tempo accettato di varare manovre economiche che facessero fronte alle richieste delle istituzioni
finanziarie internazionali. Ma di fronte alle proteste di piazza, dovute al
crescente impoverimento della popolazione, i due principali partiti hanno dovuto affidare
ad un governo “ tecnico” guidato da
Papadimos, un banchiere legato alla finanza internazionale, il compito di
varare le rigide misure di austerità che anche molti Paesi dell’Unione, Germania
in testa, chiedevano alla Grecia.
La popolazione, tuttavia, ha respinto
chiaramente questa impostazione ed alle elezioni politiche ha duramente
ridimensionato i partiti considerati
piu’ vicini alle classi dirigenti politiche finanziarie capitalistiche europee (Nuova Democrazia e
Pasok) ed ha assegnato la vittoria a forze
“antagoniste“ rispetto all’attuale “sistema" non solo greco, ma “occidentale” nel suo insieme. Il partito
che ha tratto maggiori benefici dal voto di protesta della popolazione è stato,
come è noto, Syriza , una formazione di estrema sinistra che non chiede formalmente l’uscita del Paese dall’euro, ma
che poen condizioni tali per rimanere all’interno del sistema monetario europeo
da essere praticamente inaccettabili da parte delle autorità monetarie del
Vecchio Continente : A tale proposito si tenga presente che Syriza ha
promesso,nel corso della campagna elettorale
l’integrale ripristino dei diritti dei lavoratori dipendenti intaccati
dalle misure si austerità. Tra essi il ritorno a 53 anni come età minima per
andare in pensione, ed il ripristino dei livelli retributivi ante – crisi ,
che, secondo l’OCSE, ponevano la Grecia davanti anche a Paesi piu’
industrializzati come Spagna ed Italia. E’ chiaro che si tratta di richieste in
pare provocatorie considerata la situazione debitoria della Grecia, dove il deficit di bilancio è superiore al 160%
del PNL.
Syriza per raggiungere gli
obiettivi menzionati ha chiesto alle autorità politiche ed economiche europee
di rinegoziare le condizioni per ottenere i prestiti necessari ad evitare la
bancarotta del paese. Ma è chiaro che si tratta di richieste praticamente
inaccoglibili, non solo perchè graverebbe molto sui bilanci di altri Paesi, in
primo luogo la Germania, dove i politici e gran parte della popolazione
sembrano essere poco intenzionati a pagare, ma anche perché il loro
accoglimento costituirebbe un pericoloso precedente rispetto ad eventuali
richieste simili di altri Paesi.
Il nuovo partito della sinistra, i cui dirigenti certo non ignorano il
fatto che le loro richieste quasi certamente non verranno accolte, sembra quindi essere piu’ europeista in teoria
che in pratica . Si consideri, inoltre, che alle elezioni hanno riportato un
discreto successo anche i comunisti “ortodossi“ del KKE, che sono invece
espressamente contrari alla partecipazione del Paese all’”euro”. Una formazione
con caratteristiche identitarie che ha ottenuto un certo successo, circa l’8%
dei voti alle elezioni è stata “Alba
dorata”, che non è un partito neo-nazista come definito da molti media europei con l’evidente intento di criminalizzarla, ma una formazione
dall’ideologia piuttosto confusa e in alcuni casi non condividibile, che
comunque evidenzia l’esigenza di radicale
cambiamento sentita anche da greci di destra
(si consideri che Syriza ha avuto contatti con Alba dorata durante le
consultazioni per la formazione del governo).
Quello che sta avvenendo in Grecia deve, a nostro avviso, interessare anche gli
abitanti dell’Italia meridionale, anche perché molte citta’ del Sud (ad
iniziare da Napoli) furono fondate da
coloni greci e fino a circa novecento anni fa
i rapporti tra il meridione della penisola (ad iniziare dal ducato di
Napoli) e l’impero bizantino erano assai stretti e consentirono ad entrambi di fronteggiare con successo, per
diversi secoli, sia i tentativi di
invasione che venivano dal mondo germanico, sia quelli che venivano dal mondo
arabo – islamico. Anche in epoca contemporanea
i due popoli mediterranei sembrano avere un destino comune, nel senso
che entrambi devono fronteggiare le intromissioni neo-colonialistiche nella
loro vita politica e sociale che spesso
vengono dall’Europa centro-settentrionale . Ed il Mezzogiorno d’Italia per
essere piu’ ascoltato, anche per quel che riguarda i problemi economici,
dovrebbe seguire l’esempio greco:
partire dalle proprie radici
culturali per costituire movimenti politici ideologicizzati che
contestino i modelli sociali ed economici dominanti imposti dalla cosiddetta “globalizzazione”. Solo in questo modo sarà
possibile contrastare seriamente le classi dirigenti capitalistiche settentrionali che, nella loro divisione del
lavoro a livello internazionale, hanno considerato sempre il Sud Italia come un’area da “ colonizzare “
culturalmente e la cui funzione
economica dovrebbe essere solo quella di
fornire manodopera a basso costo (oggi soprattutto intellettuale) alle
aziende del Nord e di fungere da “mercato di consumo“.
Per criticare il
sistema economico-sociale che ha permesso le menzionate ingiustizie, è
necessario partire da teorie politiche che ne contestino la legittimità e che
propongano anche delle alternative che riguardino sia l’aspetto politico
istituzionale, che quello economico –sociale. Solo in questo modo sarà
possibile portare al centro dell’attenzione la questione del Sud Italia e,
piu’ in generale, delle altre regioni mediterranee. Le sole rivendicazioni
basate su motivi pratici e contingenti (ad es. quelle dei vari movimenti dei disoccupati a Napoli, o quelle dei
lavoratori della FIAT a Termini Imerese) sono destinate a non raggiungere alcun risultato, poiché non
appoggiate da movimenti che si pongono il problema della “critica dell’esistente”. Le classi
dirigenti del capitalismo “occidentale“, in mancanza di movimenti socio
culturali in grado di contestarle alla radice, al massimo daranno qualche “contentino”, ma preferiranno sempre avvantaggiare le aree del Centro-Nord
Europa e del Nord America dove, nei secoli hanno trovato una maggiore legittimazione
popolare.
di V. Mungo
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